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L’Italia nel carro europeo del futuro. L’indicazione arriva dall’Assemblea nazionale francese

Dall’ultimo rapporto della commissione Difesa francese arriva l’auspicio e l’indicazione che l’Italia entri a pieno titolo nel progetto, attualmente solo franco-tedesco, del carro armato europeo del futuro, il Mgcs. Al di là dell’indicazione in sé, è il segno che Parigi punta ad allargare le proprie collaborazioni internazionali nel settore

Bisogna integrare l’Italia nel carro armato europeo del futuro. A dirlo è il rapporto informativo presentato all’Assemblea nazionale francese dal vicepresidente della commissione Difesa e Forze armate, il repubblicano Jean-Louis Thiérot, e dal deputato indipendente Jean-Charles Larsonneur. Nel testo del rapporto, intitolato “L’industria della difesa fornitrice d’autonomia strategica in Europa?”, i due hanno raccomandato, espressamente e senza mezze misure, la necessità di integrare l’Italia nel Main ground combat system (Mgcs), il carro armato di nuova generazione europeo che Parigi sta sviluppando insieme a Berlino. Nonostante di recente la costola francese della società franco-tedesca Knds, nata proprio per coordinare la collaborazione tra le due sponde del Reno sul Mgcs, aveva annunciato che lo sviluppo del progetto sarebbe rimasto chiuso a nuovi partner, le precedenti aperture istituzionali all’Italia del ministro della Difesa transalpino, Sebastien Lecornu – che, insieme all’omologo italiano, Guido Crosetto, si era di recente espresso a favore dell’integrazione dell’Italia nel progetto – rimanevano importanti. Il nuovo rapporto evidenzia, dunque, quanto istituzioni e forze politiche francesi concordino sull’opportunità di inserire l’Italia nel programma.

Il Mgcs ha l’ambizione di divenire il carro armato dell’Ue. Si tratta di  uno dei due progetti di punta dell’intesa tra Parigi e Berlino del 2017 (l’altro è il progetto aeronautico del caccia di sesta generazione Scaf, il corrispettivo franco-tedesco del nostro Gcap) e prevede lo sviluppo congiunto di un carro armato di prossima generazione (ossia capace di integrare altri effettori in un sistema di sistemi). L’intesa di fondo è che fossero i tedeschi a guidare il progetto terrestre, mentre i francesi avrebbero avuto il ruolo di primus inter pares nello Scaf. Dal canto suo, Roma non ha mai nascosto il suo interesse a partecipare al progetto. Inoltre, l’interesse italiano per il potenziamento della componente militare terrestre è emerso anche dalla recente acquisizione di carri armati Leopard tedeschi, dal lancio del programma italiano A2Cs per la componente di veicoli blindati per la fanteria (definito anche dagli americani come il progetto più grande d’Europa), e dalla recente intesa tra Leonardo e Knds per la nascita di un polo europeo della difesa terrestre. 

Oltre all’apertura del carro armato all’Italia, il rapporto informativo si occupa principalmente di delineare le mosse che la Francia dovrebbe intraprendere per rilanciare l’industria della difesa europea, e il suo ruolo di leader del settore. I due deputati francesi criticano in particolare la scelta di aver investito troppo nel rapporto con la Germania, accusata, per esempio, di aver sviluppato il suo European sky shield initiative basandosi su piattaforme americane e israeliane, a scapito del sistema italo-francese Samp-T. Sempre a livello di geometrie intergovernative, si raccomanda una maggiore cooperazione con Svezia e Polonia, segno di una tendenza di Parigi di aprire la collaborazione anche ad altri Paesi oltre la Germania. Nel complesso, quindi, sembra emergere quantomeno la volontà della commissione Difesa dell’Assemblé nationale di ripensare i paradigmi esistenti.

A dividere Parigi e Berlino sono anche i presupposti tecnici e operativi dettati da un differente approccio alle rispettive politiche estere. L’eredità globale di Parigi fa sì che la Francia mantenga interessi in tutto il mondo e, conseguentemente, le Forze armate francesi mirano a mantenere capacità di intervento globali, con requisiti strategici conseguenti: grande autonomia per i mezzi aerei, dottrina improntata a missioni all’estero, necessità di operare in condizioni climatiche particolari. Berlino invece, eredita una posizione opposta, con la Germania praticamente disarmata fino all’invasione russa dell’Ucraina e con una opinione pubblica generalmente ostile ad un comparto militare troppo forte, oltre che a operazioni militari al di fuori dei confini nazionali.


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