Un assessment interno rivela che soltanto il 5% delle difese aeree necessarie è al momento disponibile presso i membri dell’Alleanza Atlantica. Una carenza che rischia di compromettere l’intero sistema difensivo
La situazione sull’Eastern Flank sembra essere tutt’altro che positiva, e a dirlo è la stessa Alleanza Atlantica. Fonti interne contattate dal Financial Times riferiscono di come, rispetto ai piani di difesa redatti lo scorso anno, gli Stati-membri della Nato siano al momento in grado di fornire meno del 5% delle capacità totali di difesa aerea considerate come necessarie per proteggere i suoi membri in Europa centrale e orientale da un attacco convenzionale su larga scala proveniente dalla Federazione Russa. La capacità di difendersi dai missili e dagli attacchi aerei è “una parte importante del piano per difendere l’Europa orientale dall’invasione. E al momento non ce l’abbiamo”, ha affermato un alto diplomatico della Nato, mentre un suo collega si è riferito alla difesa aerea come “uno dei più grandi buchi che abbiamo. Non possiamo negarlo”.
Le notizie dal fronte ucraino sono, in tal senso, alquanto esplicative. L’uso massiccio da parte della Russia di missili, droni e delle cosiddette gliding bombs, così come le difficoltà da parte di Kyiv di contrastare questi attacchi, hanno rimarcato l’importanza dei sistemi di difesa aerea in uno scenario di guerra convenzionale. E l’insufficienza di questi ultimi potrebbe compromettere l’efficacia dell’intera struttura difensiva dell’Alleanza.
La questione sarà una di quelle a pesare maggiormente sul tavolo del summit ministri degli Esteri della Alleanza, attualmente in via di svolgimento a Praga, organizzato in preparazione del vertice dei leader dell’alleanza che si terrà invece a luglio nella capitale statunitense. E uno dei punti centrali ad essere dibattuto sarà l’incapacità mostrata dagli Stati europei della Nato nel fornire ulteriori attrezzature di difesa aerea all’Ucraina nei mesi scorsi, incapacità che suggerisce una carenza nelle scorte di questi sistemi sofisticati, costosi e con lunghe tempistiche produttive.
Una criticità che assume ancora più importanza alla luce degli allarmi di alcuni servizi di intelligence europei sull’intenzione del Cremlino di attaccare la Nato entro il 2030. Un funzionario della Nato ha dichiarato che “gli obiettivi di capacità e i piani di difesa sono riservati”, ma ha aggiunto che le difese aeree e missilistiche “sono priorità assolute” e che “le scorte sono state ridotte”.
Passi in questo fatto, per quanto piccoli, sono stati fatti. L’ultimo risale alla settimana scorsa, quando Varsavia e Atene hanno chiesto alla Commissione europea di contribuire allo sviluppo e all’eventuale finanziamento di un sistema di difesa aerea paneuropeo: in una lettera indirizzata alla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen i primi ministri greco e polacco Kyriakos Mitsotakis e Donald Tusk hanno descritto la difesa aerea come una “grande vulnerabilità della nostra sicurezza”, aggiungendo che la guerra in Ucraina “ci ha insegnato lezioni che non possiamo più ignorare”. La proposta dei due leader ha incassato il sostegno della presidente della Commissione. Mentre altre capitali europee hanno suggerito di aumentare il debito comune per finanziare i progetti di difesa, senza però menzionare specificamente la capacità anti-aeree.