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Competitività nazionale, perché bisogna investire nel biotech

“Troppa politica e poche politiche”. Questo il problema del biotech nazionale secondo Federico Freni, sottosegretario al Mef. “Dobbiamo sviluppare un ecosistema che sia in grado di sostenerle”, il punto di vista di Giulio Centemero, membro della commissione Finanze. Chi c’era e cosa si è detto alla conferenza “Il ruolo strategico delle biotecnologie per la competitività del Paese”

Le biotecnologie rappresentano una grande ricchezza per il benessere e la salute dei cittadini, oltre ad offrire una delle maggiori opportunità di sviluppo in vari settori industriali e ad essere un asset strategico per la sicurezza e l’autonomia del nostro Paese. Ma è fondamentale che “l’Italia sviluppi un ecosistema in grado di sostenerle, dalle infrastrutture alle catene di approvvigionamento, dalla formazione al technology transfer”. Queste le parole di Giulio Centemero, membro della commissione Finanze della Camera dei deputati, in apertura della conferenza “Il ruolo strategico delle biotecnologie per la competitività del Paese” che si è tenuta oggi.

DAVIDE CONTRO GOLIA

“Sul piano globale l’Italia gioca il ruolo del Davide contro Golia, per cui è fondamentale che il comparto riceva tutto il supporto necessario”, ha continuato il deputato. Che ha posto l’accento sul ruolo cruciale della formazione altamente qualificata, delle Stem, e dell’accesso alle competenze, che rappresentano “una forza trainante per il comparto”.

FUGA DEI CERVELLI…

Un tema cruciale, quello della formazione, toccato da quasi tutti i partecipanti. Con uno sguardo critico a quanto ancora si potrebbe fare. “Purtroppo la mancanza di budget spesso ci costringe a veder andar via quelle stesse competenze che abbiamo formato nel nostro Paese”, ha suggerito difatti Pierluigi Paracchi, ceo di Genenta e organizzatore dell’incontro.

…. E DELLE START UP

Ma spesso non sono solo gli esperti a venir meno. Con troppa frequenza, infatti, nel nostro Paese si assiste alla fuga delle realtà più innovative nel campo delle biotecnologie. Con il paradosso di “formare start up in Italia poi costrette a cercare capitali o fare exit solo all’estero”, come ha sottolineato pungente Daniela Bellomo, director business development dell’Ospedale San Raffaele.

PROPRIETÀ INTELLETTUALE

È la stessa Bellomo, però, a sollevare la questione dei brevetti, centrale nel dibattito in materia di innovazione: “Senza brevetto non c’è prodotto. Nel settore della salute il processo per lo sviluppo di ciascun prodotto è talmente costoso e rischioso che l’azienda deve avere un monopolio, per quanto temporaneo”. A toccare il tema anche Giuseppe Novelli, professore di Genetica medica presso l’Università di Roma Tor Vergata e presso l’Università del Nevada negli Stati Uniti, secondo cui “è la politica a dover rispondere a questa esigenza, capendo come bilanciare le esigenze”.

FRENI: TROPPA POLITICA E POCHE POLITICHE

Ma la politica – o i politici – spesso non bastano, come ha dichiarato il sottosegretario al ministero dell’Economia Federico Freni. “Oggi ci concentriamo troppo sulla politica e troppo poche sulle politiche, troppo sulla contingenza e troppo poco sulla prospettiva”, ha riferito il sottosegretario. Che ha sottolineato l’urgenza di un’inversione di marcia nel nostro Paese: “Se vogliamo che i nostri figli non siano spettatori delle nostre inefficienze, occorre il coraggio di guardare al futuro con uno sguardo meno ideologico e più operativo, concentrando le dinamiche di investimento anche sulle biotecnologie”.

REGOLE CERTE

“Il messaggio politico che ci dobbiamo dare è che si tratta di un settore fondamentale”, ha fatto eco Giulia Pastorella, membro della commissione Trasporti della Camera. “Dobbiamo capire, ora, come creare maggiori e migliori sinergie e sostenere la ricerca, ma anche i ricercatori”, ha commentato la deputata. Della medesima opinione, Maria Cristina Porta, direttore generale di Fondazione Enea tech e biomedical, che ha sottolineato l’urgenza di una politica che detti “linee-guida” e che sappia dare una “direction chiara”, oltre a “regole e normative armonizzate”. E che ha poi riportato al centro del dibattito l’importanza di un technology transfer efficiente, che siano in grado di connettere i processi che ne necessitano.

IL RUOLO DELL’ITALIA

“Rendere queste tecnologie disponibili per il mercato e per i pazienti è una necessità”, ha chiosato Claudio Stefanazzi, membro della commissione Finanze della Camera. “Siamo lontani da normative che siano realmente utili per consentire quel salto più volte invocato”, ha aggiunto, sottolineando l’importanza per il nostro Paese di “politiche efficaci sul trasferimento tecnologico. Dobbiamo capire se l’Italia vuole stare al passo sulle biotecnologie o se siamo un Paese che vuole fare solo turismo. È il momento di dare una risposta”, ha concluso Novelli.

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