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Digital divide e IA, il G7 non lasci indietro nessuno. I consigli dei think tank

Dalle discussioni dei think tank del G7 (il T7) sulla digitalizzazione emerge che il gruppo deve essere inclusivo e aperto al Sud globale, per permettere di eliminare ogni distanza e includendolo così nelle discussioni sui grandi temi, dall’AI alle biotecnologie

Un approfondimento sul macro-tema della digitalizzazione non poteva mancare nell’analisi che i think tank del G7 hanno fatto della situazione globale nella riunione co-organizzata a Roma da Ispi e Iai. “The Challenges of Digitalisation” è il titolo del panel dedicato alle sfide che il futuro mondo digitale (in molti casi già presente in realtà) pone e su come i Paesi del gruppo possono lavorare insieme in modo costruttivo, sicuro, pro attivo, e soprattutto inclusivo. Ci sono sul tavolo temi come l’intelligenza artificiale (AI), il quantum computing, le nuove tecnologie nucleari, le biotecnologie, il cloud e in generale la gestione dei dati spesso collegata e tutta una serie di elementi che rappresentano tanto un’enorme opportunità quanto una complesso favo di rischi.

“Ci sono sforzi da parte di organizzazioni internazionali per cercare di rendere la questione dell’intelligenza artificiale il più internazionali possibile”, sottolinea Paul Samson del Centre for International Governance Innavotion di Waterloo, in Canada. “Il G7 – spiega – [sta facendo] un buon primo sforzo, ma non è sufficiente per una soluzione globale, [perché] esprime principalmente una visione incentrata sul mercato”. Dunque, “gli sforzi del G7 per regolamentare l’AI – continua Samson – mancano di componenti essenziali, e l’inclusione è un’omissione importante. L’incapacità di includere i Paesi in via di sviluppo impedisce di raggiungere un risultato veramente collettivo”.

Questo dell’inclusione dei Paesi meno sviluppati è uno dei temi affrontati dal T7 non solo nel campo della digitalizzazione – dove diversi Paesi teoricamente meno sviluppati hanno provato balzi in avanti, ma ciò non cancella il generale digital-divide tra nord e sud del mondo. Il valore dell’inclusione lo ha espresso per esempio Ferdinando Nelli Feroci, presidente dello Iai e co-host dell’intero evento, nonché moderatore proprio del panel sula digitalizzazione. “C’è un tema che è emerso come il più pregnante, e riguarda l’esigenza che il G7 si apra al resto del mondo e alle richieste del cosiddetto Sud globale”, ha detto nell’intervista firmata da Francesco De Palo. Concetti simili erano emersi nella sessione dedicata alla sicurezza di ieri.

Questa “continuità” può essere trovata già nel dialogo tra T7 e T20, che “è fondamentale per generare soluzioni e risposte alle numerose sfide poste dall’intelligenza artificiale” per esempio, come ha spiegato Tetsushi Sonobe, dean e Ceo della Asian Development Bank Institute (già coordinatore del T7 nipponico dello scorso anno). “La partecipazione globale è molto importante, il G7 e il G20 non devono ignorare il Sud del mondo. I think tank devono essere maggiormente coinvolti in queste discussioni per avere idee più ampie per risolvere problemi globali come la digitalizzazione”.

“Dobbiamo considerare le possibilità in termini di come la partecipazione delle persone possa migliorare”, ha aggiunto nella discussione Sachin Chat, direttore generale del Sistema di ricerca e informazione per i Paesi in via di sviluppo. “La democratizzazione dei dati ha offerto ampie opportunità alle persone. La proprietà collettiva è cruciale”, dice Chat analizzando un altro degli elementi centrali della digitalizzazione: i dati, e la proprietà/gestione degli stessi.

“Stiamo passando a una nuova fase dell’intelligenza artificiale: ci sono molti problemi ancora da risolvere, come la qualità dei dati, che normalmente sono prodotti dagli esseri umani che potrebbero creare algoritmi distorti”, aggiunge Francesco Profumo, professore del Politecnico di Torino. “Un’intelligenza artificiale etica può essere raggiunta solo attraverso un cambiamento culturale”.

Il senso generale dell’incontro è nelle parole di Paola Severino, attualmente presidente della Luiss School of Law, secondo cui “l’aumento dell’antagonismo geopolitico, la transizione digitale e la minaccia posta dall’intelligenza artificiale e dal cambiamento climatico sono le questioni che richiedono azioni da parte dei leader del G7, che devono dialogare ulteriormente e costruire i ponti necessari”.

La questione dell’intelligenza artificiale è una delle più grandi sfide del momento e una delle attenzioni del G7, quest’anno come lo scorso, quando il vertice ospitato dal Giappone segnò un momento importante con l’Hiroshima Communiqué, nel quale i leader del G7 segnarono principi guida sull’intelligenza artificiale e un codice di condotta volontario per gli sviluppatori. La sfida su cui ragionare, proprio oggi in cui Cina e Usa si incontrano per parlare di un terreno condiviso nella gestione dell’AI, è fare in modo che quei principi – fondati sull’ordine basato sulle regole e sui valori democratici e liberali – possano essere in qualche modo accettati a livello globale, anche da modelli che contestano l’attuale governance internazionale (come quello proposto da Pechino).

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