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Tecnologia e rifiuti, la grande ascesa italiana nelle rinnovabili

L’ultimo rapporto di Enel e Fondazione Symbola certifica l’eccellenza italiana nel campo delle tecnologie al servizio dell’energia pulita, seconda solo a quella tedesca. E anche nel ciclo del fine vita il Paese è competitivo

Italia, terra di vento, sole e mare. In una parola, rinnovabili. Le economie avanzate ci stanno mettendo buona volontà e impegno nel portare a termine una transizione energetica che sembra ogni giorno più difficile e lontana. E lo Stivale può dare un contributo non certo banale alla causa, specialmente se è il secondo Paese produttore europeo, con poco meno di 40 mila imprese, dopo la Germania, di tecnologie per le rinnovabili, con la sola eccezione dell’eolico, dove metà della produzione è danese. Un dato messo nero su bianco nel rapporto 100 Italian Renewable Energy Stories promosso dalla Fondazione Symbola presieduta da Ermete Realacci, ed Enel, in collaborazione con Key – The Energy Transition Expo, dedicato alle tecnologie sviluppate nel mondo delle rinnovabili.

Delle imprese il 39,2% si occupa di attività di installazione e manutenzione, il 13,8% di produzione di energia, il 12,3% di commercio, l’9,6% di manifattura, il 6,4% di affitto e gestione immobiliare e il 6,1% di attività di consulenza, collaudo e monitoraggio. Guardando ai territori, quasi un terzo delle imprese si concentra in Lombardia, Lazio e Campania. Una filiera robusta, strutturata, che mette la Penisola nel novero delle eccellenze globali nel campo dell’energia pulita.

Ora, all’interno di questa filiera, si distinguono quasi 800 imprese focalizzate nello sviluppo di tecnologie di punta: parliamo di un asset strategico per l’Italia, considerato che generano un fatturato di 12 miliardi di euro e occupano 37 mila. Di queste, le aziende che operano prevalentemente o esclusivamente nella filiera (circa la metà del totale) sono in crescita sia in termini di valore della produzione che di sviluppo di nuove tecnologie: a fronte di un valore della produzione cresciuto del 14,3% tra il 2015 e il 2019 (contro il +7,8% registrato dai fornitori di energia e gas), i brevetti iscritti a bilancio sono dunque saliti del 176,6%. Dato particolarmente significativo, in un contesto che vede l’Italia sempre meno tra i leader nei brevetti su tecnologie del settore energetico.

Non è finita. C’è sempre di mezzo l’export a trainare l’industria italiana, anche quella green. Parte delle tecnologie e componentistica prodotta nei confini nazionali è destinata all’estero: con il 3% dell’export mondiale, l’Italia è il sesto Paese esportatore di tecnologie per la produzione di energia rinnovabile (dopo Cina, Germania, Usa, Giappone e Hong Kong). Altro fattore determinante per la crescita della filiera delle rinnovabili tricolore che emerge dal report è il processo di rinnovamento in corso delle infrastrutture energetiche.

Lo scenario degli ultimi anni sta infatti cambiando radicalmente: basti pensare che nel primo semestre del 2023 in Italia è triplicato il numero di impianti rinnovabili connessi alla rete di distribuzione nazionale rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (superando addirittura il numero di allacci complessivi del 2022). Il percorso verso l’indipendenza energetica e la sostenibilità ambientale del Paese vede una crescita sensibile del numero di prosumer a bassa tensione, ossia aziende o privati cittadini che, oltre che consumatori, sono diventati produttori di energia (grazie a pannelli fotovoltaici, dispositivi micro-eolici, batterie delle auto green che possono ricevere ma anche rilasciare la carica.

“Questo nuovo scenario”, hanno spiegato da Enel e Symbola, “richiede un rinnovamento della rete elettrica in ottica di smart-grid, per integrare in modo intelligente e flessibile le azioni di tutti gli utenti e prosumer. Questo comporta un rinnovamento della rete da molteplici punti di vista: cruciale a questo scopo non è solo l’aumento del numero delle cabine primarie, ma anche l’incremento della capacità di accogliere nuovi bisogni attraverso la digitalizzazione delle reti, l’installazione dei contatori elettronici di seconda generazione (smart meter, ndr), lo sviluppo di software in grado di fornire previsioni accurate sui consumi energetici e sulla produzione da fonti rinnovabili e via dicendo”.

E che dire dei rifiuti? Anche il ciclo del fine vita è parte integrante della transizione. L’Italia è in prima linea, “basti pensare alla capacità di anticipazione della direttiva europea sui rifiuti elettronici grazie all’azione di uno dei suoi maggiori consorzi attivi in questo ambito, che ha saputo strutturare la prima filiera italiana per la raccolta e il riciclo dei moduli fotovoltaici giunti a fine vita. Oppure all’impegno di numerosi soggetti imprenditoriali e centri di ricerca, per allungare la vita dei prodotti e componenti o per sperimentare soluzioni innovative che ne migliorino la circolarità”.

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