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L’Italia tiene il ritmo della crescita. Ma sul debito può rischiare

La Commissione europea certifica la ripresa delle principali economie, Italia inclusa. La Germania rimane la grande malata, ma per Roma ora il vero problema è il contenimento del deficit e lo smaltimento delle scorie del Superbonus. Mentre l’Istat rilancia l’allarme sulla povertà di nuova generazione

Aveva ragione Giancarlo Giorgetti quando diceva che il Superbonus è il vero problema. Sul fronte della crescita l’Italia continua a fare la sua partita, rimanendo sulle sue gambe e dosando il fiato. Ma sono le finanze pubbliche a destare preoccupazione e questo anche per gli effetti nefasti della misura neutralizzata dal governo ma le cui scorie sono destinate a intossicare i conti per ancora un bel po’. E così, le previsioni di primavera della Commissione europea restituiscono un quadro di un’Italia a due facce.

L’ITALIA TIENE IL RITMO

Se dunque nel 2023 la crescita economica del nostro Paese era dello 0,9% nel 2023, quest’anno non si vedono miglioramenti e si conferma allo 0,9% per salire all’1,1% nel 2025. Tuttavia rispetto alle previsioni di febbraio c’è stata una revisione al rialzo dallo 0,7% allo 0,9% per quest’anno mentre sono state limate quelle del 2025 che passano dall’1,2% all’1,1%. Questo perché, spiega la Commissione, “gli investimenti residenziali sostenuti dal governo saranno sostituiti dalla spesa in conto capitale sostenuta dal Pnrr”.

Il calo prezzi dell’energia dovrebbe poi portare l’inflazione a scendere all’1,6% quest’anno, prima di aumentare leggermente all’1,9% nel 2025. Il deficit, che nel 2023 era il più alto dell’Ue (7,4%) dovrebbe calare quest’anno al 4,4%, in seguito all’interruzione del considerevole sostegno al Superbonus, per poi aumentare nuovamente nel 2025 arrivando al 4,7% del Pil, a politiche invariate.

DEBITO, TALLONE D’ACHILLE

Ma ecco i guai. Il rapporto debito pubblico/Pil è destinato ad aumentare nel 2024-2025 “a causa di un differenziale interessi-crescita meno favorevole e dell’effetto ritardato degli incentivi alla ristrutturazione degli alloggi”, alias Superbonus. Si passerà così dal 137,3% dello scorso anno al 138,6% dell’anno in corso e al 141,7% del 2025.

Insomma, nell’aumento del debito italiano pesano i generosi crediti legati ai lavori edilizi, il cosiddetto Superbonus, ha messo nero su bianco Bruxelles. E con il Patto di stabilità dietro l’angolo, bisogna fare attenzione. E il resto d’Europa? La Germania quest’anno crescerà solo dello 0,1% e dell’1% nel 2025, meno dell’Italia, la Francia dello 0,7% e dell’1,3% il prossimo anno. Corrono molto di più la Spagna, la Grecia e il Portogallo. Il Pil di Madrid quest’anno è stimato al 2,1% per scendere all’1,9% nel 2025, Atene cresce del 2,2% quest’anno e del 2,3% nel 2025, Lisbona dell’1,7% quest’anno e dell’1,9% nel 2025. Ma il deficit della Germania è quest’anno dell’1,6% e il prossimo dell’1,2%, quello della Francia del 5,3% quest’anno e del 5% il prossimo, della Spagna del’ 3% e del 2,8%, della Grecia 1,2% e 0,8% e del Portogallo dello 0,4% e dello 0,5%.

UN’ESTATE CALDA

Il commissario all’Economia, Paolo Gentiloni, non ha avuto problemi ad ammettere che la stagnazione post-Covid in Ue è finita, che le economie tornano a tirare. Ma sui conti pubblici ci sarà da penare un po’. “Si preannuncia una estate calda per i conti pubblici in Europa. Per quanto riguarda le nuove regole di bilancio, ovviamente quando inizi un nuovo processo devi avere tanta flessibilità e pazienza e determinazione. E sono molto contento di vedere che la maggior parte dei Paesi membri, direi praticamente tutti, stanno lavorando in questa prospettiva”.

“Avremo una estate di bilancio calda iniziando penso a giugno: il 19 ci sta il pacchetto di primavera (e le possibili procedure per deficit eccessivo, ndr) e il 21 daremo ai Paesi membri le nostre linee guida e le traiettorie per i loro piani di medio termine. Chiediamo ai Paesi di darci per settembre questi piani. Quindi tanto lavoro da fare. Ovviamente è un periodo di transizione per il ciclo politico a Bruxelles, ma penso che dopo tutti questi impegni raggiunti, questi accordi, sono sicuro che avverrà con queste scadenze, ovviamente con la necessaria flessibilità”.

I NUOVI POVERI

Ma nelle stesse ore in cui Bruxelles diffondeva le sue stime, l’Istat presentava alla Camera il suo rapporto sul 2023. E qui, pur ammettendo che il Pil reale è tornato ai tempi di prima di Lehman Brothers (2008), il problema è la povertà di nuova generazione, che oggi conta 5,7 milioni di individui in Italia. “In questo contesto, il reddito da lavoro ha visto affievolirsi la sua capacità di proteggere individui e famiglie dal disagio economico. Tra il 2014 e il 2023 l’incidenza di povertà assoluta individuale tra gli occupati ha avuto un incremento di 2,7 punti percentuali, passando dal 4,9% nel 2014 al 7,6% nel 2023. Per gli operai l’incremento è stato più rapido passando da poco meno del 9% nel 2014 al 14,6% nel 2023. Nel 2023 l’8,2% dei dipendenti era in povertà assoluta a fronte del 5,1% degli indipendenti”.

Secondo l’Istat, se negli ultimi anni l’occupazione è aumentata, il potere d’acquisto dei salari lordi dei lavoratori dipendenti è diminuito negli ultimi 10 anni del 4,5%. “Nonostante i miglioramenti osservati sul mercato del lavoro negli ultimi anni l’Italia conserva una quota molto elevata di occupati in condizioni di vulnerabilità economica. Tra il 2013 e il 2023 il potere d’acquisto delle retribuzioni lorde in Italia è diminuito del 4,5% mentre nelle altre maggiori economie dell’Ue 27 è cresciuto a tassi compresi tra l’1,1% della Francia e il 5,7% della Germania”.

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