Cala il sipario sulla due giorni di Stresa. Sugli asset russi c’è un accordo politico, ma gli ostacoli legali possono vanificare lo sforzo. La global tax finisce su un binario morto mentre il contrasto alla concorrenza sleale cinese ricompatta i ministri. E anche i tassi
Intese sulla Cina, pochi progressi sulla Russia. In mezzo la global tax, uscita ancora una volta monca dal G7 di Stresa. La due giorni sul Lago Maggiore si è chiusa con un bilancio tutto sommato positivo, anche se gli obiettivi falliti non sono certo mancati. Il grande assente alla tavola delle intese portate a casa, è certamente l’accordo sullo smobilizzo di tutti i 300 miliardi di asset russi messi sotto chiave nei vari Paesi occidentali. Gli Stati Uniti esigevano il loro completo utilizzo, andando ben oltre il passo fatto dall’Europa una settimana fa sui 190 miliardi di beni allocati nel Vecchio Continente.
Invece no, con buone probabilità a Borgo Egnazia la strada per un’intesa sulla proposta americana sarà ancora in salita. “Sugli aiuti all’Ucraina e sull’uso degli asset sovrani russi immobilizzati sono stati fatti progressi ma “permangono problemi tecnici. C’è un forte posizionamento politico di tutti i Paesi del G7”, ha affermato Giancarlo Giorgetti nella conferenza stampa al termine del summit. Il riferimento è a quella presunta violazione del diritto internazionale che, per esempio secondo la Bce, farebbe scappare gli investitori dall’Europa.
Giorgetti ha riferito che il “tema centrale del G7 Finanze è stato il supporto all’Ucraina e in particolare l’uso degli asset sovrani russi. O meglio, il più ampio utilizzo rispetto a quello già stabilito dai Paesi europei per il 2024”. Ma, appunto, è mancata l’intesa finale. Insomma, l’intesa politica ci sarebbe anche, il problema è bypassare la legge. “Abbiamo raggiunto un’intesa politica. Per i dettagli, lavoriamo nei prossimi giorni e nelle prossime settimane per arrivare ad una proposta, anche con gli aspetti tecnici, per il vertice dei leader a metà giugno”, ha rimarcato il ministro dell’Economia italiano.
Dubbi condivisi anche dal governatore di Bankitalia, Fabio Panetta, l’altro padrone di casa a Stresa. “Le banche centrali non hanno perplessità sull’utilizzo delle attività finanziarie sequestrate alla Russia per sostenere l’Ucraina, ma hanno fatto presente due elementi sul loro uso. Il primo è avere una base legale più solida, perché sarebbe paradossale se reagissimo a una violazione del diritto internazionale adottando una misura senza senza base legale. Il secondo elemento è valutare i pro e i contro di queste misure, perché vi possono essere ripercussioni sul funzionamento del sistema a monetario internazionale e potrebbe derivarne un indebolimento di una importante arma di pressione per il rispetto del diritto in futuro -quindi questa possibilità deve esser guardata con attenzione”.
Anche sulla global tax, la tassa sulle multinazionali, è mancata un’intesa solida tra i ministri. La discussione verteva in particolare sul primo pilastro dell’imposta al 15% sulle multinazionali. Promossa dall’Ocse, punta a tassare i proventi delle grandi imprese con ramificata presenza estera. La misura, come detto, si articola in due pilastri: il primo deve disciplinare la redistribuzione dei profitti delle multinazionali in base al luogo in cui i consumatori si trovano. Sul primo pilastro non c’è ancora accordo, mentre sul secondo, che è sulla tassazione delle multinazionali con ricavi superiori a 750 milioni, in Europa è entrata in vigore proprio all’inizio di quest’anno.
Quello di Giorgetti è apparso come un de profundis. “Sulla global tax siamo ad un binario quasi morto. Ma dobbiamo alimentare la speranza. Difficile, quindi, arrivare ad un accordo alla scadenza di giugno. “Deadline di giugno rischia di essere mancata”, ha sentenziato Giorgetti. Ma ecco che la compattezza e lo spirito del G7 si è materializzato su uno dei dossier più caldi della vigilia: la concorrenza sleale cinese. E qui i ministri dell’Economia si sembrano essersi piano piano allineati agli Stati Uniti e alla necessità di apporre nuovi dazi.
“Quello dei dazi europei nei confronti della Cina, per i rischi sui mercati che comporta la sovraproduzione, è un dato oggettivo. Quando gli Usa, con l’Inflation act, hanno fatto questo tipo di di politica, questo impone una riflessione a livello europeo. Altrimenti il rischio è che l’Europa sia penalizzata due volte, prima dalla Cina, poi dagli Usa” per le ricadute che le scelte degli americani avrebbero sul mercato europeo, ha chiarito il titolare del Tesoro. Giorgetti ha spiegato che le decisioni prese dagli Usa nei confronti della Cina hanno “effetti collaterali” sugli altri mercati. Quindi “deve essere avviata una cooperazione, uno scambio di vedute condiviso con i ministri competenti del commercio estero: è innegabile che ci siano punti di vista diversi su come affrontare la questione e le possibili ritorsioni”.
E, attenzione. Un’altra intesa, di quelle che pesano, è arrivata sui tassi, che la Bce dovrebbe ridurre da giugno. La strada appare ormai spianata, per ammissione dello stesso Panetta. “Credo di non rivelare nulla se vi dico che vi siano condizioni per un adeguamento della politica monetaria, l’inflazione sta scendendo, i rischi di inflazione si stanno riducendo e al Consiglio direttivo della Bce mi sembra sia emerso un consenso abbastanza generale su un taglio dei tassi. Il problema dell’Eurosistema è che decidiamo riunione per riunione e non si pregiudica l’esito della riunione. E non lo voglio fare io. Quello che è importante è che adesso questo consenso si è ampliato e anche quelli che avevano prima delle perplessità ora stanno convergendo”.