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Giustizia, vi spiego perché Magistratura Indipendente boccia le riforme. Parla Loredana Micciché

La conclusione unitaria del congresso di Palermo contro le riforme prospettate dal Governo da parte di tutte le componenti dell’Associazione nazionale Magistrati, avvia una nuova e delicata fase del confronto sulla giustizia fra toghe e politica. L’analisi e l’intervista di Gianfranco D’Anna a Loredana Micciché, Presidente di Magistratura Indipendente la corrente moderata ago della bilancia dell’Anm

Lenta, costosa, incerta. L’immagine percepita della giustizia italiana spesso non riflette i principi fondamentali della Costituzione, ma nella rappresentazione mediatica si identifica prevalentemente nell’autoanalisi della magistratura e nel confronto fra toghe e politica. Un confronto incentrato su poteri, indipendenza e riforme. Di anno in anno l’impatto reale sul paese, come denunciano la Banca mondiale e l’Europa, resta tuttavia sempre quello della lunghezza dei processi, della farraginosità giudiziaria e dell’insostenibilità degli oneri economici e sociali, che angosciano i cittadini e comprimono lo sviluppo dell’economia.

Problematiche che galleggiano in ordine sparso senza una polarizzazione, o che vengono rimbalzate alla politica, nel documento finale del 36 esimo congresso di Palermo dell’Associazione nazionale magistrati che sottolinea soprattutto come “la magistratura italiana si impegna quotidianamente a praticare e a rispettare il principio costituzionale che vuole il giudice soggetto soltanto alla legge e che costituisce il presupposto dell’autonomia e dell’indipendenza della giurisdizione”.

“Il congresso di Palermo ha consegnato l’immagine di una magistratura compatta nel momento in cui é necessario reagire a progetti di riforma inutili e dannosi” sottolinea Loredana Micciché, Consigliere di Cassazione e presidente di Magistratura Indipendente, la componente moderata maggioritaria dell’Anm. “Progetti di riforma inutili e dannosi”, insiste la Presidente di Mi, “a cominciare dalla annunciata riforma costituzionale, con l’introduzione della separazione delle carriere e del sorteggio per la designazione dei magistrati componenti del Csm, per proseguire con la ventilata ipotesi di reclutamento straordinario di giudici aggirando il precetto costituzionale della selezione per concorso, finendo con la provocatoria introduzione dei test attitudinali, che lancia un messaggio di profonda delegittimazione dei giudici, consegnando l’immagine di squilibrati da sottoporre a necessari controlli”.

Soprattutto negli ultimi mesi i rapporti fra magistratura e politica sono attraversati da crescenti tensioni come mai in precedenza. Muro contro muro superabile?

Francamente io non so dire per quale ragione i rapporti magistratura – politica siano ultimamente caratterizzati dalle tensioni sotto gli occhi di tutti. Non credo che la ragione risieda nelle inchieste giudiziarie che riguardano la politica, posto che non solo i partiti della attuale maggioranza, ma anche quelli dell’opposizione sono coinvolti ( si pensi alla recente inchiesta di Bari). Ma certamente posso dire che le riforme prospettate non soddisferanno le esigenze dei cittadini: non assicurano la tempestività della risposta alla domanda di giustizia, sottraggono fondamentali garanzie, sovvertono in modo irragionevole il disegno del costituente. Quale sia la ragione dei progetti in atto bisognerebbe chiederlo a chi tali riforme ha concepito.

Nel merito come valuta Magistratura Indipendente la riforma della giustizia del governo?

Siamo radicalmente contrari alle prospettate riforme che riteniamo inutili nonché dannose per i cittadini. Sulla separazione delle carriere, posso dire che oggi, nel sistema disegnato dalla Costituzione, il Pubblico ministero compie il medesimo percorso di formazione del magistrato giudicante: superato il concorso, il tirocinio é uguale per tutti, e tende all’obiettivo di insegnare a giudicare secondo i principi di imparzialità e di ragionata valutazione tecnica delle prove acquisite nel processo. Questa é la cosiddetta cultura della giurisdizione: nell’ottica del giudice, nei processi non c’é chi vince e chi perde, ma c’é chi viene condannato o assolto a seconda che le prove raccolte, e valutate secondo precise regole tecniche, portino al convincimento della colpevolezza al di la di ogni ragionevole dubbio. Secondo la nostra legge processuale il Pubblico ministero ha l’obbligo di cercare la verità, e di acquisire anche le prove a discarico dell’imputato. Questa regola é l’espressione della cultura della giurisdizione, la cui cancellazione non può che condurre ad una figura di Pubblico Ministero che affronta i processi non per giungere all’accertamento della verità, ma nell’obiettivo della condanna a tutti i costi. La recente delibera del Csm sulla non conferma del procuratore aggiunto del processo Eni Nigeria affronta e afferma proprio questi principi. E allora é evidente che con la perdita della cultura della giurisdizione, conseguenza della creazione di due ordini separati, si crea un inevitabile perdita delle garanzie dei cittadini.

Riforme o meno, nella Magistratura c’é comunque una svolta generazionale…

La svolta generazionale in atto é significativa e si percepirà a breve, essendo prevista l’assunzione di circa mille giovani colleghi nell’arco di un anno. Ai giovani bisogna infondere fiducia nel l’associazionismo giudiziario, affinché comprendano come solo associandosi si può essere interlocutori qualificati con il Governo facendo sentire la propria voce. Ed é giusto che la voce sia una, nella sintesi dei diversi modi di vedere la giurisdizione che é espressione delle correnti della magistratura. Per i più giovani auspico dunque che scoprano e comprendano il valore e l’importanza dell’impegno nell’associazionismo giudiziario.

Intelligenza artificiale e digitalizzazione sono in grado di imprimere una concreta accelerazione ai procedimenti giudiziari senza rischi derivanti da inesattezze e sovrapposizioni di dati, hackeraggi o manipolazioni?

L’IA non può mai sostituire la sensibilità e la capacità valutativa dell’uomo. Specie nel compito del giudicare, ove sensibilità e umanità sono componenti essenziali. Lo sviluppo della tecnologia può fornire supporto organizzativo per l’esercizio dei nostri compiti, ma mai sostituirsi alla funzione.



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