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Il retrogusto amaro della pax cinese del the fra Putin e Xi Jinping

Molti abbracci e sorrisi, ma quali i risultati effettivi del viaggio in Cina del Presidente russo? Cosa aspettarsi sul fronte del conflitto in Ucraina? L’analisi di Gianfranco D’Anna

Cerimoniale da Celeste impero, un paradosso per gli eredi di due regimi rivoluzionari, ma retrogusto amaro per il the offerto da Xi Jinping a Vladimir Putin nel giardino inviolabile per i comuni mortali della Città Proibita della Capitale cinese. A Pechino non si é mai parlato tanto dell’Europa come durante i due giorni della visita del Presidente russo. L’ “attenzione” di Cina e Russia all’Unione Europea mira non soltanto ad espugnare economicamente, o meno, uno dei baricentri principali dei mercati internazionali, ma anche a destabilizzare gli assetti politico-economici incentrati sugli Stati Uniti e l’Alleanza Atlantica.

“La sfida del Presidente cinese é più sottile di quella posta dal guerrafondaio Putin” scrive il settimanale inglese The Economist. Non del tutto convinta dell’esito della tentata invasione russa all’Ucraina e timorosa che il divampare di una guerra nel cuore del vecchio continente penalizzi le sue esportazioni, la Cina sta comunque sostenendo indirettamente lo sforzo bellico di Mosca. Non con armamenti, ma con forniture strategiche di microchip e semiconduttori, nitrocellulosa per i proiettili e fibre ottiche essenziali per missili, droni, carri armati e jet.Il prolungato scenario del conflitto che, attraverso l’Ucraina, vede contrapposta la Russia contro l’intero occidente, favorisce intanto le massicce vendite a prezzi più che dimezzati di petrolio, gas e materie prime della Federazione russa alla Cina.

Dietro gli abbracci di Xi Jinping a Vladimir Putin, che secondo gli analisti di strategie politico-militari si é recato a Pechino col colbacco in mano per sollecitare un concreto sostegno militare e soprattutto d’intelligence, nell’ambito della nomenclatura del potere cinese si contrapporrebbero due linee. Quella attendista e diplomatica del Presidente, Segretario del partito comunista e capo delle forze armate, e quella interventista nettamente più favorevole al Cremlino. Se Putin sbaraglia l’Ucraina e confina l’Europa su un piano inclinato, é la tesi dell’ala filo russa riconducibile ai militari, Washington sarà impegnata ad arginare la crisi europea e allenterà la presa sull’area indo pacifica, rendendo più agevole l’invasione di Taiwan e consentendo all’industria cinese la conquista di più vaste aree di mercato.

A parte gli esempi storici dell’America protesa a combattere il nazifascismo in Europa e a vincere contemporaneamente la guerra scatenata dal Giappone, il se di troppo é quello che ipotizza il prevalere dell’armata russa in Ucraina. Come ha dimostrato l’inversione di tendenza sul fronte di Kharkhiv, seguita alla visita a Kiev del Segretario di Stato americano Antony Blinken.

Secondo il Generale Christopher Cavoli, comandante delle forze Nato, “dopo aver lanciato l’offensiva, la Russia non ha forze sufficienti sul terreno per compiere un ulteriore passo avanti”. Ed in effetti nelle ultime ore, grazie al massiccio afflusso di sistemi di difesa aerea, veicoli blindati e armamenti, le forze ucraine sono riuscite a stabilizzare il fronte e a fermate l’avanzata russa. Volodymyr Zelensky conferma che la situazione é sotto controllo, ma teme un secondo attacco russo. Per il Presidente ucraino “l’Occidente vuole che la guerra finisca appena possibile, ma ha paura per le conseguenze di una sconfitta russa e al tempo stesso non vuole che l’Ucraina perda. Ci troviamo in una situazione assurda” dice Zelensky.

L’analisi della rapida evoluzione della situazione comprende soprattutto la risposta alla domanda: ma cosa ha portato a casa Putin dalla visita in Cina? Lo si comprenderà dalla capacità di reazione russa alla inevitabile ripresa dell’iniziativa militare ucraina, supportata dalla valanga di armamenti avanzati forniti da soprattutto Washington e Londra. A cominciare dagli F-16 che da giugno faranno la differenza nel controllo dello spazio aereo. Armamenti, tecnologia e intelligence che costringeranno l’armata russa a confrontarsi per la prima volta in un conflitto diretto con gli apparati di difesa più avanzati dell’Occidente. In una intervista al quotidiano britannico The Guardian, il primo ministro estone Kaja Kallas ha affermato che la Russia sta cercando di utilizzare come arma l’immigrazione di massa per dividere e indebolire l’Europa. “L’obiettivo é rendere la vita davvero impossibile in Ucraina in modo che ci sia una pressione migratoria verso l’Europa, ed é quello che stanno facendo” ha dichiarato il Premier estone.

Per Kurt Volker, ex ambasciatore americano presso la Nato, questo “significa che la guerra probabilmente durerà almeno un altro anno”. Altri dodici mesi mesi di bombardamenti, distruzioni e soldati mandati al massacro in attesa – é la strategia di Putin – di un’eventuale, ma sempre meno scontato, ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca e dell’interruzione del sostegno americano all’Ucraina. Che continuerà ad essere comunque armata e sostenuta dall’ Inghilterra e dall’Europa.

Una prospettiva che, come ha spiegato Xi Jinping a Putin, allarma la Cina perché consentirebbe a Trump di concentrarsi contro Pechino e al contempo rallenterebbe l’interscambio con un’Europa, mobilitata sul fronte del riarmo e più diffidente nei confronti dei prodotti cinesi. Il retrogusto amaro del the nella Città Proibita, Putin lo ha iniziato ad avvertire quando Xi gli ha chiesto di rispettare la tregua per le olimpiadi di Parigi e di vedere di approfittarne per avviare negoziati per un cessate il fuoco con Ucraina. “Chi torna da un viaggio non é mai la stessa persona che é partita” dice un saggio proverbio cinese, molto citato nelle ultime ore a Washington…

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