I dati dell’Istat danno un’indicazione sulla soddisfazione degli italiani, ma anche di cosa li rende soddisfatti. Pur non avendo una robustezza statistica, si tratta di un’indicazione che varrebbe la pena considerare. Perché per dirlo con uno slogan: il valore del proprio tempo libero non si misura in ore, e nemmeno in denaro. Si misura in qualità
Gli italiani sono soddisfatti della propria vita. È una notizia che meriterebbe un po’ più di favore mediatico. Un’affermazione nella quale viene quasi istintivo cercare l’asterisco, e che invece, per restare in ambito tipografico, andrebbe riscritta in maiuscolo e in grassetto.
Quasi senza spazio tra una parola e l’altra: GLIITALIANISONOSODDISFATTI. Un unico concetto da declamare a voce alta e senza pausa per vedere lo sbigottimento che un colpo di teatro di questo tipo genera sul viso di chi legge.
Non si tratta di una provocazione: i dati sono ufficiali, firmati Istat, e sono estratti dall’indagine Aspetti della Vita Quotidiana che viene condotta ogni anno. Sono stati pubblicati qualche giorno fa, ma si riferiscono, chiaramente, al periodo 2023.
Forse val bene la pena ricordare cosa accadeva nel 2023 a livello nazionale ed internazionale: il mondo si lasciava un po’ per volta alle spalle lo spettro del Covid, sostituito dalle copertine dedicate al conflitto Russo-Ucraino, che nell’ultimo trimestre dell’anno veniva spodestato dalle prime pagine da un nuovo conflitto, entrambi ancora in corso, quello Israelo-Palestinese. L’inflazione che continua a crescere. Il timore per l’Intelligenza Artificiale. Le proteste in Francia sula riforme sulle pensioni.
Nulla che abbia realmente scalfito la soddisfazione degli italiani. Giudicavano tendenzialmente positiva la propria condizione economica (67,1% dei rispondenti), la propria posizione lavorativa (80%), e la propria salute (79,7%), così come le proprie relazioni amicali e familiari (81% e 89,3%). Meno frequenti erano invece le valutazioni positive per il proprio tempo libero (solo 6,8 italiani su 10 si sono dichiarati soddisfatti).
L’unica cosa di cui gli italiani non erano soddisfatti erano gli italiani.
Esatto. Le persone di 14 anni o più che ritenevano che “gran parte della gente è degna di fiducia” hanno rappresentato il 24,8% del campione. Giocando un po’ si può dire che se avessimo preso, nel 2023, gruppo formato da 4 italiani a caso, in 3 avrebbero ritenuto gli altri indegni della propria fiducia.
A parte questa condizione del tutto peculiare, in cui tutti si accusano a vicenda tranne una parte silenziosa e minoritaria del Paese che invece in fondo, negli italiani, continua a crederci, la lettura di questi dati dovrebbe favorire di molto la percezione che l’Italia ha di sé stessa e come, nei fatti, comunica questo senso di soddisfazione.
Va sottolineato che, nel 2023, alcuni indicatori economici segnavano punti positivi: la riduzione del tasso di disoccupazione, anche tra i giovani, un seppur lieve incremento del reddito medio annuo come evincibile dalle dichiarazioni. E a questi elementi corrispondevano anche un incremento del clima di fiducia che, nel dicembre 2023, coinvolgeva tanto i consumatori quanto le imprese (ad eccezione del settore manifatturiero).
Per quanto possa apparire una posizione piuttosto veniale, è comprensibile che un miglioramento delle condizioni economiche spinga verso l’alto un miglioramento generale del livello di soddisfazione. Avere una certezza economica significa poter pianificare la propria vita, assumere delle scelte con minori livelli di incertezza, potersi permettere qualche svago. Questo può incidere in alcuni casi anche nei rapporti con gli amici e con i familiari.
L’unica dimensione che, a quanto pare, potrebbe essere meno collegata alla dimensione economica è proprio quella legata al tempo libero.
L’andamento in serie storica legato alla soddisfazione della propria condizione economica, pare infatti correlare in modo significativo con la soddisfazione per la vita; meno, ma pur sempre in medesima direzione per la soddisfazione per il lavoro e andare invece in controtendenza con il tempo libero.
Ci sono molti modi di leggere questo dato: il primo, e il più immediato, è quello che pone al centro della relazione la dimensione tempo: quanto più lavoro tanto meno tempo libero ho, e questo incide sul livello di soddisfazione che ne traggo. Minor tempo, però, non necessariamente vuol dire minore soddisfazione: un’offerta culturale adeguata, ad esempio, potrebbe generare una maggiore soddisfazione pur uscendo meno volte a settimana.
Allo stesso modo, molti spettacoli e molte offerte culturali non presentano un costo proibitivo per la vita delle persone, e questo implica che disporre di maggior reddito incide soltanto marginalmente sulla soddisfazione che si riesce a trarre da questo tempo.
Incrociando i dati legati alla soddisfazione sul tempo libero con le statistiche culturali, è chiaro che gran parte del tempo libero degli italiani non è rappresentato da un consumo culturale.
E questo potrebbe essere una riflessione che dovrebbe portare molti territori a considerare quali debbano essere le proprie priorità culturali. Come dimostrato da precedenti studi di Istat, infatti, le persone in possesso di una laurea presentano consumi culturali più elevati. Ebbene la percentuale di laureati che nel 2023 si sono dichiarati soddisfatti del proprio tempo libero è più elevata rispetto alla percentuale di molti soddisfatti totali. E questo vale per le persone tra i 15 e i 24 anni, tra i 25 e i 44, tra i 45 e i 64, e oltre i 65.
Pur non avendo una robustezza statistica, si tratta pur sempre di un’indicazione che varrebbe la pena considerare. Perché per dirlo con uno slogan: il valore del proprio tempo libero non si misura in ore, e nemmeno in denaro. Si misura in qualità.