L’esperto della Hoover Institution ed ex funzionario statunitense, Matt Turpin, spiega a Formiche.net che il viaggio di Xi è stato pensato per sottolineare divisioni. “L’Italia ha quest’anno un ruolo molto importante, perché presiede il G7, e gli Stati Uniti stanno sempre più considerando il vertice come veicolo delle policy sulla Cina“
Con la visita in Europa – Francia, Serbia e poi Ungheria – il leader cinese, Xi Jinping, ha evidenziato come la postura cinese sull’Europa è sempre quella di dividere, spiega Matt Turpin della Hoover Institution. Turpin dal 2018 al 2019 è stato direttore del China Desk al National Security Council degli Stati Uniti e consigliere senior per la Cina presso il segretario al Commercio statunitense. Nei giorni scorsi era a Roma ed è stato intervistato da Formiche.net.
“Divide and conquer” è la definizione con cui viene descritto il viaggio anche dagli attenti osservatori sino-europei di Politico, e che rispecchia bene il modo di agire cinese (è quello che in italiano rendiamo dal latino con “divide et impera”). Xi Jinping non ha scelto a caso la data della visita, e la coincidenza della tappa serba con l’anniversario del bombardamento accidentale dell’ambasciata cinese a Belgrado del 1999 ne è dimostrazione.
“C’è una volontà di dimostrare che in Europa ci sono divisioni, e per questo è stato molto buono vedere von der Leyan seduta al tavolo nel meeting con Xi [a Parigi]”, dice Turpin. Xi non è andato a Bruxelles, “ovviamente”, sottolinea l’esperto americano, perché quella è la “classica posizione di Pechino, che cerca l’ingaggio con i singoli membri e non con la linea dell’Unione”. È qualcosa di visibile anche nell’approccio con gli Stati Uniti, dove la Cina cerca elementi singoli — che siano governatori statali o business leader — piuttosto che istituzioni come il Congresso. “È un modo con cui Pechino cerca le divisioni interne nei Paesi, è lo stesso gioco già visto negli Usa, ma d’altronde questa è la sfida di essere una democrazia” – ossia avere voci interne differenti e la forza stessa della democrazia è poi avere un’unione superiore.
Qual è il ruolo che il nostro Paese gioca adesso nelle relazioni incrociate Cina-Ue-Usa? “L’Italia ha quest’anno un ruolo molto importante, perché presiede il G7, e gli Stati Uniti stanno sempre più considerando il G7 come veicolo delle policy sulla Cina. Giappone, Canada e Unione Europea hanno dimostrato di avere con gli Stati Uniti una visione comune sulla Cina, e sarà compito dell’Italia quest’anno, come presidente, farla mantenere [al gruppo]”.
Turpin spiega che da una prospettiva statunitense, l’Italia, membro fondamentale dell’Europa, è considerata molto importante anche nello sviluppo delle decisioni e della postura che l’Ue ha in generale e in forma operativa sulla Cina: “Gli Stati Uniti sono contemporaneamente focalizzati su Bruxelles e sulle 27 capitali dei Paesi membri”.
Washington percepisce qualcosa di diverso sulla postura italiana riguardo alla Cina da parte di questo governo, rispetto ai precedenti? “Certamente la decisione di non rinnovare l’adesione alla Belt & Road Initiative è una differenza. Come per gli altri membri Ue, per Tokyo e come per gli Stati Uniti stessi c’è una differenza tra di i desideri di relazioni economiche con Pechino e le preoccupazioni sulla sicurezza nazionale o sul rispetto dei diritti umani. Ogni Paese che gli Stati Uniti considera un partner o un alleato condivide queste preoccupazioni, e non è una questione che appunto riguarda in modo speciale l’Italia”. Ed è per questo che gli Usa cercano condivisione nella risposta a certe preoccupazioni.
E Taiwan? Quanto pesa il destino di Taiwan su queste dinamiche? “Non penso che la situazione nello Stretto di Taiwan sia in cima all’agenda delle questioni che riguardano le relazioni tra Ue e Cina, ma di sicuro è una delle questioni attuali. Vedo certamente prioritari argomenti come quelli economico-commerciali, o come i diritti umani e adesso soprattutto l’assistenza che la Cina sta fornendo alla Russia nella sua guerra in Ucraina”, dice.
Però qui scatta un senso di connessione, spiega l’ex top funzionario sulla Cina della struttura che consiglia le policy da seguire alla Casa Bianca: “Ukraine today, Taiwan tomorrow”. Ci sono elementi comuni, a cominciare per esempio dalla questione delle radici culturali che Mosca ha usato per giustificare la protezione dei russi in Ucraina e che Pechino solleva quando parla dei cittadini di Taiwan come “cinesi”.
“Dobbiamo considerare che l’argomento Taiwan non è uno di quelli che riguarda usualmente l’incrocio delle relazioni Cina-Ue-Usa, perché viene considerato un rischio e qualche cosa che può certamente accadere (parla di un colpo di mano militare cinese contro Taipei, ndr), ma non immediatamente”. E in questo caso, come la visita di Xi dimostra, con Pechino ci sono altre questioni più importanti sul tavolo.