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L’odissea delle tragedie sincrone di Gaza e Kyiv

Il filo rosso che lega il Mediterraneo all’Europa dell’Est si aggroviglia sempre più senza trovare l’uscita dal labirinto dei massacri. L’analisi di Gianfranco D’Anna

Ucraina e Medio Oriente, il pendolo del pericolo più grave del doppio incubo dell’Occidente sta raggiungendo una sincronia in bilico sulle tragedie e i massacri dei popoli: ucraini, israeliani e palestinesi. Sul fronte del Donbass, pur di avanzare di qualche chilometro e offrire a Vladimir Putin l’alibi di un successo militare da ostentare alla parata del 9 maggio a Mosca, per l’anniversario della vittoria nella seconda guerra mondiale, l’armata russa non ha esitato a utilizzare armi chimiche.

Lo provano i rilevamenti atmosferici analizzati dagli Stati Uniti e che attestano la presenza degli agenti soffocanti della cloropicrina e di gas CS e CN, che provocano lacrimazione e bruciore, difficoltà a tenere gli occhi aperti e difficoltà respiratorie. “L’uso di tali sostanze chimiche proibite dalle convenzioni internazionali e dalle Nazioni Unite non é un incidente isolato, ma ha il preciso scopo di snidare le truppe ucraine dalle posizioni fortificate” altrimenti inespugnabili, ha denunciato il dipartimento di Stato americano.

La minaccia di una ben più imponente avanzata russa ha mobilitato, oltre agli Stati Uniti che proseguono il gigantesco ponte aereo per il trasferimento di armamenti a Kyiv, anche la Francia e la Gran Bretagna. Il presidente francese, Emmanuel Macron, ha ribadito che é pronto ad inviare truppe in Ucraina, mentre il ministro degli Esteri inglese, David Cameron, ha affermato che i missili a lunga gittata e i cacciabombardieri britannici, forniti alle forze di Volodymyr Zelensky, possono essere utilizzati per colpire le truppe e le basi militari di Mosca sul territorio russo.

Una doppia sfida per Putin da parte di due potenze nucleari, in grado di rispondere ad eventuali minacce atomiche, che costringe il Cremlino ad un conflitto esclusivamente convenzionale. Uno scontro sempre più cruento fra gli arsenali sostanzialmente post sovietici, e i sofisticati armamenti anglo francesi, statunitensi e della Nato.

La visita a Kyiv dell’ex Premier britannico e titolare del Foreign Office ha aggiunto, riservatamente, un ulteriore considerevole apporto di intelligence e di assistenza strategica diretta da parte di Londra.

Contemporaneamente, nella martoriata Striscia di Gaza continua il braccio di ferro sulla tregua fra Hamas e il premier israeliano, Benjamin Netanyahu. Un braccio di ferro sulla pelle dei palestinesi, utilizzati come scudi umani dal gruppo terroristico.

Strumentalizzata da una subdola propaganda antisemita, alla quale non sono estranei gli interventi social e cibernetici russi e cinesi, la tragedia del popolo palestinese sta tracimando in una protesta studentesca mondiale. Una protesta che paradossalmente aggrava l’odissea dei palestinesi stessi, perché prolunga il rifiuto di Hamas di liberare gli ostaggi israeliani sopravvissuti e accettare il cessate il fuoco. Con il concreto rischio di provocare un bagno di sangue ed accelerare l’entrata delle truppe israeliane a Rafah considerato l’ultimo rifugio a Gaza dei terroristi islamici.

“L’unico ostacolo che si frappone tra la popolazione di Gaza e il raggiungimento di un accordo per il cessate il fuoco é Hamas, i cui leader vivono ovviamente fuori dalla Striscia”, ha denunciato il segretario di Stato americano Antony Blinken, che da mesi sta tessendo pazientemente le trattative con Israele nell’ambito della mediazione con Hamas di Egitto e Qatar.

Un’affermazione netta quella di Blinken che sottolinea il momento delicato e cruciale: da una parte il gruppo terroristico che continua a tergiversare e dall’altra Netanyahu che intende invadere Rafah, a prescindere dagli esiti dei negoziati. Un attacco che secondo il il segretario statunitense “causerebbe danni oltre l’accettabile”. Una collisione fra estremismi irredimibili che da millenni é la maledizione del Medio Oriente e che, come evidenzia la protesta studentesca, minaccia ora di avvelenare il mondo.



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