Un cambio radicale nell’approccio permetterebbe all’Ucraina di sottrarsi alle logiche di attrito convenzionale promosse dalla Russia, e di ribaltare completamente le carte in tavola. Ma il costo potrebbe essere troppo alto da sostenere
“Tenere gli uomini, sacrificare la terra: la terra può essere ripresa. Tenere la terra, sacrificare gli uomini: la terra e gli uomini sono entrambi persi”. Attraverso un ragionamento logico semplice e conciso il leader comunista cinese Mao Tse-Tung, a cui viene attribuita questa citazione pregna degli insegnamenti di Sun-Tzu, riassume gli stilemi di quella guerra asimmetrica, declinata in particolare nella forma di guerriglia, a cui aveva dedicato l’attenzione dei suoi studi tra gli anni ‘20 e gli anni ’30 del ventesimo secolo. Stilemi che poi avrebbe avuto modo, almeno in parte, di seguire ed applicare lui stesso, nel periodo compreso tra la Lunga Marcia del 1935 e la proclamazione della Repubblica Popolare Cinese nel 1949.
Secondo l’enciclopedia Britannica “i combattenti della guerriglia sono generalmente meno numerosi e possiedono meno armi e meno potenti delle forze avversarie. Le tattiche della guerriglia comprendono le imboscate, l’evitare la battaglia aperta, il tagliare le linee di comunicazione e, in generale, l’infastidire il nemico. […] L’obiettivo della guerriglia è l’erosione della volontà del nemico di sostenere i costi della continuazione della guerra”. Henry Kissinger ha fornito una definizione ancora più lapidaria: “Il guerrigliero vince se non perde. L’esercito convenzionale perde se non vince”.
La storia ci offre innumerevoli esempi in cui eserciti convenzionali sono stati sconfitti da difensori dalle capacità militari inferiori, i quali però avevano adottato un approccio non-convenzionale e asimmetrico. Dal trionfo degli Sciti sui Persiani guidati da Dario il Grande raccontato da Erodoto, all’azione delle forze arabe contro il dominatore ottomano nella prima guerra mondiale sotto la guida di Lawrence d’Arabia (pseudonimo di Thomas Edward Lawrence) e alle guerre post-coloniali della seconda metà del secolo scorso, come la guerra d’Algeria o quella del Vietnam. Cosa succederebbe, dunque, se anche il conflitto in Ucraina si adattasse a questa prospettiva?
Questa possibilità viene esplorata in un articolo a tre firme (quella di Keith L. Carter, Associate Professor presso lo U.S. Naval War College; di Jennifer Spindel, Assistant Professor in Scienze Politiche e Director of International Affairs della University of New Hampshire; e di Matthew McClary, ufficiale in servizio attivo delle forze speciali dell’Esercito degli Stati Uniti) pubblicato su Foreign Affairs. Secondo gli autori, Kyiv dovrebbe adattarsi alla nuova realtà sul campo: “È vero che il testa a testa con la Russia non è più una strategia praticabile per l’Ucraina. Ma Kyiv non deve arrendersi, ha invece bisogno di un nuovo approccio. Una strategia migliore consentirebbe di risparmiare sull’uso delle forze ucraine e di conservare il limitato materiale che ricevono dagli Stati Uniti e dai partner europei. L’Ucraina deve modificare il modo in cui si organizza, si equipaggia e pensa alla guerra, abbandonando il confronto frontale con le forze russe per un approccio asimmetrico, in stile guerriglia. Ciò prolungherà senza dubbio i combattimenti, ma il passaggio alla guerra non convenzionale offre all’Ucraina la migliore possibilità di intaccare la determinazione russa, sia in prima linea che in patria”.
I fattori da prendere in considerazione in una valutazione oggettiva della cosa sono diversi. Adattarsi alla guerra asimmetrica permetterebbe all’Ucraina di stravolgere le attuali dinamiche di attrito imposte dalla Russia in seguito al fallimento del tentativo di blitz condotto durante la fase immediatamente successiva all’inizio delle ostilità. Il ruolo dei mezzi pesanti e delle tecnologie più avanzate verrebbe estremamente ridimensionato, a favore di sistemi d’arma più piccoli e maneggevoli. Anziché colpire direttamente le capacità militari di Mosca, gli ucraini dovrebbero concentrarsi sulle capacità logistiche dietro alle stesse (cosa che in parte hanno già fatto), fino a rendere insostenibile la capacità di portare avanti qualsivoglia tipo di manovra militare. Una forza armata ucraina appositamente riorganizzata su piccoli gruppi indipendenti sarebbe capace di azioni fluide, difficili da prevedere e in parte anche da prevenire. Il ricorso ad azioni mordi e fuggi e ad imboscate, favorite da una conoscenza del territorio che solo gli abitanti locali possono avere, potrebbe spostare la bilancia dell’attrito a favore di Kyiv. I più anziani tra i generali russi si ricordano bene a cosa può portare una strategia di guerra simile: l’hanno visto prima in Afghanistan, poi in Cecenia.
D’altro canto, c’è un prezzo da pagare per poter condurre con successo questo tipo di operazioni. A partire dall’inevitabile estensione della durata del conflitto: per sfruttare appieno i vantaggi derivanti dalla situazione, la fazione che opta per un approccio asimmetrico deve puntare al prolungamento della durata dell’operazione militare nemica, al crescere dei suoi costi e al numero di perdite. C’è poi la questione del territorio. Rinunciare alla difesa del territorio a favore di manovre più efficaci, costringendo il nemico ad allungare le linee di rifornimento e a mobilitare un maggior numero di uomini con scopi di guarnigione, permette di realizzare quanto descritto da Mao nella citazione riportata poco sopra. Tuttavia, abbandonare il territorio ha anche un costo politico che un governo potrebbe non essere pronto a sostenere. Abbandonando il territorio si abbandona non solo le risorse produttive ivi presenti, ma anche le popolazioni che lo abitano, esponendole alle conseguenze economiche, psicologiche e fisiche dell’occupazione militare.
È possibile pensare che l’Ucraina possa assumere questo nuovo ruolo? Difficile a dirsi. Da una parte, esso aumenterebbe drasticamente le possibilità di una vittoria finale sull’invasore; dall’altra, certificherebbe un allungamento indefinito della durata della guerra e delle sofferenze da essa causate alla popolazione ucraina. Che poi è, senza dubbio, la responsabile ultima di questa scelta.