Le proteste che infiammano la Georgia potrebbero mettere a rischio la stabilità dell’attuale governo filo-moscovita. Spingendo così Mosca a intervenire direttamente per tutelare i suoi interessi
Il governo e i suoi sostenitori la definiscono “Legge sulla trasparenza dell’influenza straniera”. Gli oppositori la chiamano “legge russa” per via della norma a cui si ispira, adottata da Mosca qualche anno fa e utilizzata dal Cremlino come forma di repressione del dissenso. La proposta di legge attualmente discussa al parlamento georgiano, che richiederebbe a tutte le organizzazioni non governative di dichiarare se ricevono una certa quantità di finanziamenti dall’estero, ha spaccato in due la società civile del Paese caucasico. Dopo un primo, fallimentare tentativo di adottare questa legge nel 2023, quest’anno l’esecutivo di Tbilisi ha deciso di riprovarci. Stressando ulteriormente la spaccatura esistente tra la popolazione, e portando al verificarsi di imponenti proteste, ma anche di manifestazioni a sostegno del provvedimento. La terza e ultima lettura del disegno di legge dovrebbe aver luogo intorno al 17 maggio, e dopo la probabile approvazione esso sarà inviato alla Presidente georgiana Salome Zourabichvili, che ha già dichiarato di voler esercitare il suo potere di veto, veto che però può essere annullato dal Parlamento.
Il confronto sulla questione ha attirato l’attenzione degli attori internazionali più legati alla Georgia. Mentre i partner occidentali della Georgia stanno lanciando l’allarme, affermando che questa legge allontanerebbe la Georgia dall’integrazione euroatlantica e condannando le ultime violenze contro i manifestanti, al contrario Mosca si schiera a fianco del governo georgiano, con il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov che ha accusato l’Occidente di aver provocato “sentimenti anti-russi” tra i georgiani.
Il Cremlino è particolarmente attento alla situazione in Georgia. Il partito “Georgian Dream”, a capo della coalizione di governo sin dal 2012, è passato nel corso degli anni dall’avere una posizione filo-occidentale a simpatizzare sempre di più per il Cremlino. Oggi il “Georgian Dream” persegue politiche di repressione del dissenso, e sebbene la linea ufficiale del governo rimanga quella di far entrare la Georgia nell’Unione Europea e nella Nato, poco viene fatto per raggiungere questo obiettivo. Inoltre, dopo l’invasione russa dell’Ucraina, il governo georgiano ha messo in discussione le sanzioni occidentali contro Mosca, rifiutando di aderire e aumentando invece il commercio con la Russia.
Qualora “Georgian Dream” rischiasse di perdere la presa sul potere, è molto probabile che Mosca intervenga, soprattutto se la caduta del governo avviene a seguito di manifestazioni di massa che potrebbero ricordare il pattern delle “rivoluzioni colorate” avvenute nei decenni scorsi. “E se credete che uno scenario di invasione russa sia irrealistico, non avete prestato attenzione negli ultimi anni”, afferma il senior fellow dell’Hudson Institute Luke Coffey in un articolo scritto su Foreign Policy, ricordando come Mosca sia intervenuta, anche militarmente, quando il sistema di potere filo-russo di un Paese del “Near Abroad” veniva messo a repentaglio da manifestazioni e proteste, come in Bielorussia nel 2020, in Kazakistan nel 2022 o in Ucraina nel 2014. “Non c’è motivo di pensare che la Russia non farebbe nulla di tutto ciò in Georgia”.
L’intervento russo potrebbe assumere diverse forme. Poiché il partito in carica si presenta al popolo georgiano come l’unica cosa capace di prevenire un’altra invasione russa dopo quella avvenuta nel 2008, agli occhi di Mosca un’operazione militare (anche dimostrativa) potrebbe spaventare l’opinione pubblica georgiana e indurla a tornare in linea con il suo governo. Magari giustificando l’intervento con la scusa di “proteggere” la minoranza russa da maltrattamenti e discriminazioni, secondo un copione già collaudato in passato. Solo nello scenario più estremo, Mosca potrebbe tentare un’invasione per portare la Georgia nell’orbita del Cremlino. E anche se le difficoltà incontrate dalla Russia in Ucraina sembrano suggerire un’impossibilità di questa ipotesi, nulla può essere escluso, come abbiamo appunto già potuto vedere nel febbraio 2022.
Naturalmente, nota Coffey, un gran numero di georgiani si opporrebbe a un intervento russo. Le forze armate georgiane sono meglio addestrate ed equipaggiate rispetto all’ultima invasione russa del 2008 e ci sono più soldati con esperienza di combattimento, guadagnata sul campo dell’Afghanistan. Ci sono anche migliaia di georgiani che combattono come volontari in Ucraina e che correrebbero a difendere la loro madrepatria.