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Perché la pax geopolitica fra Grecia e Turchia fa felice la Nato

Se davvero fossero posti in essere concreti passi in avanti diplomatici tra i due Paesi, il soggetto che ne trarrebbe il maggiore benefico sarebbe la Nato, perché avrebbe la concreta possibilità di raggiungere due obiettivi: disinnescare un potenziale fronte di tensioni in un momento in cui energie e attenzioni sono concentrate su Gaza e Kyiv; e proseguire sulla strada dell’allargamento

Tra dieci giorni ci sarà il secondo vertice in tre mesi tra il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e il premier greco Kyriakos Mitsotakis, dopo la normalizzazione diplomatica avviata lo scorso anno dagli sherpa e favorita, in qualche modo, dalla moral suasion della Casa Bianca. Sul piatto le spine del parco marino nell’Egeo e del caso Cipro, con Ankara che preme per il riconoscimento dello stato autoproclamato. Nel mezzo due guerre e le aspettative Nato.

Qui Atene

Rispetto al primo incontro dello scorso dicembre ad Atene, il bilaterale in programma il prossimo 13 maggio avrà una cornice diversa, data la portata catastrofica dei due conflitti in atto, a Kyiv e a Gaza. Per questa ragione la comunità internazionale auspica che vengano fatti passi in avanti nei dossier più complessi, anche se non mancano gli scogli dinanzi a questa vera e propria operazione di pax geopolitica.

Mitsotakis ad Ankara ribadirà la sua posizione pro-cessate il fuoco in Medio Oriente, ma fermo restando l’ottimo rapporto anche personale che ha con Bibi Netanyahu: passaggio che rappresenta una grossa frizione con Erdogan, che invece aumenta progressivamente la dialettica anti Israele.

Tre i tavoli su cui si distenderà il bilaterale: dialogo tra leader, MoU e agenda positiva, a cui va aggiunta la macro questione delle delimitazione delle zone marittime che tocca gli interessi energetici. La scorsa settimana si è svolto a Londra un incontro preparatorio tra i due ministri degli esteri Gerapetritis e Fidan: più di 2 ore per estendere il visto per i turisti turchi ad altre cinque isole, oltre al potenziamento del consolato di Adrianopoli, mentre si discute sulla restituzione alla Turchia di alcune monete antiche che sono state identificate dalle autorità greche. Sul tavolo anche la possibile creazione del Consiglio di cooperazione economica Grecia-Turchia.

Su Cipro Atene non transige: il paese è parte integrante dell’Ue, ma la parte settentrionale è occupata dai militari turchi e autoproclamata repubblica di Cipro nord, non riconosciuta dalla comunità internazionale.

Qui Ankara

L’inserimento nei libri scolastici turchi della cosiddetta “Patria Blu” intralcerebbe qualsiasi processo di riavvicinamento: una decisione che il ministero dell’istruzione di Ankara ha preso ufficialmente a partire dal prossimo anno scolastico. Nel nuovo programma denominato “Sistema di insegnamento del secolo della Turchia”, le mappe e la dottrina della “Patria Blu” verranno insegnate nelle lezioni di geografia dell’istruzione secondaria. Un processo in cui il valore del nazionalismo neo-ottomano verrebbe oltremodo enfatizzato includendo le isole dell’Egeo e del Mediterraneo orientale, in spregio al diritto internazionale, al Trattato di Sevres e di Losanna. Due accordi che restrinsero la sovranità turca alle isole comprese entro tre miglia dalla costa. Tutto il resto dell’Egeo passò alla Grecia con clausole di smilitarizzazione.

Di pari passo va la tensione data dall’annuale esercitazione aeronautica “Deniz Kurdu”, che si terrà dal 7 al 18 maggio nelle zone del Mediterraneo orientale e del Mar Egeo. Inoltre in contemporanea si terrà nel Mar di Marmara l’esercitazione multinazionale anfibia “Efes 2024” con la partecipazione di 1.567 militari provenienti da vari paesi.

Scenari

Il possibile miglioramento delle relazioni fra Grecia e Turchia, essenziale per gestire la sicurezza geopolitica della macro area a cavallo tra Europa e Medio Oriente, passa da alcune considerazioni di fondo.

Ankara, come è noto, è in ottime relazioni con Pechino, Teheran e Mosca e anche a livello Nato si presenta sulla scena internazionale come l’unico soggetto in grado di parlare tanto con la Russia, quanto con l’Ucraina. In questo senso il tema delle sanzioni occidentali alla Russia svolge un ruolo non secondario. In Medio Oriente Erdogan continua ad utilizzare il conflitto di Gaza per rafforzare la propria posizione nei confronti dei paesi del Golfo e verso la Fratellanza Musulmana, al netto dei gravi conflitti esistenti (Mar Rosso) e dei costanti riallineamenti.

Il tutto senza dimenticare il cambio di scenario interno che Erdogan ha subito, con la pesante sconfitta alle scorse elezioni amministrative che coincide con una stagione politica nuova che si staglia sul Bosforo.

Atene dal momento in cui ha chiuso i conti con la troika ha iniziato, sotto i governi guidati dal conservatore Mitsotakis, una stagione di interessanti prospettive interne figlie di riforme e di investitori internazionali che hanno scommesso sulla Grecia (americani, emiratini, sauditi, israeliani e tedeschi), accanto ad una postura internazionale allineata al blocco euroatlantico.

Per cui se davvero fossero posti in essere concreti passi in avanti diplomatici tra i due paesi, il soggetto che ne trarrebbe il maggiore benefico sarebbe la Nato (e quindi l’Ue), perché avrebbe la concreta possibilità di raggiungere due obiettivi: in primis disinnescare un potenziale (e ancora non completamente scongiurato) fronte di tensioni, mentre già ve ne sono altri molto complicati come il Kosovo, in un momento in cui energie e attenzioni sono concentrate su Gaza e Kiev; e in secondo luogo proseguire sulla strada dell’allargamento con un piglio legato alla sicurezza dell’area mediterranea.

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