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Incidente nucleare. Cosa ci dice l’ultima dichiarazione nordcoreana sulla Cina

L’attacco rivolto da Pyongyang allo storico alleato cinese è significativo di un cambiamento in corso nei rapporti dei due partner. Dovuto anche al nuovo ruolo assunto dalla Russia

Lunedì 27 maggio la Corea del Nord ha espresso una dichiarazione di condanna nei confronti della Repubblica Popolare, colpevole di aver discusso con il Giappone e la Corea del Sud della denuclearizzazione della penisola, definendo la loro dichiarazione congiunta emessa al termine dell’incontro tra i tre Paesi svoltosi a Seul come una “grave provocazione politica” che viola la sua sovranità. L’episodio particolare suggerisce come l’affinità tra i due storici partner dell’Estremo Oriente sembri essere in fase decrescente.

“È notevole che la Corea del Nord abbia criticato una dichiarazione congiunta sottoscritta dalla Cina, anche dopo che Pechino ha contribuito ad attenuarla”, ha affermato al riguardo l’esperta del Brookings Institution Patricia Kim, riferendosi agli sforzi di Pechino nello smorzare i toni della dichiarazione, sostenendo la necessità di menzionare la penisola piuttosto che il Nord in modo specifico ed evitando di includere nel comunicato l’impegno a perseguire la denuclearizzazione. Mentre secondo Tong Zhao, esperto di nucleare presso il Carnegie Endowment for International Peace, la questione è legata al “sottolineare la posizione della Corea del Nord, secondo la quale qualsiasi retorica diplomatica che suggerisca che Pyongyang debba denuclearizzare è inaccettabile. Dopo aver sancito il suo status nucleare nella costituzione e aver rimproverato chiunque lo metta in discussione, la Corea del Nord sta avanzando richieste di riconoscimento internazionale formale come Paese dotato di armi nucleari”.

La Cina è l’unico alleato militare della Corea del Nord, nonché il suo principale partner commerciale. Ma l’azione diplomatica di Pyongyang, la quale notoriamente scarseggia di uno spazio di manovra essendo la Corea del Nord uno Stato pariah all’interno del sistema internazionale, si sta ultimamente indirizzando altrove. In particolare verso Nord, ovvero verso la Federazione Russa. Dallo scoppio della guerra in Ucraina i due Paesi hanno portato avanti un processo di avvicinamento reciproco, non solo sul piano della diplomazia formale (con le visite dell’ex-ministro della Difesa russo Sergei Shoigu a Pyongyang e di Kim Jong Un in territorio russo) ma anche sul piano economico e su quello tecnologico: in cambio di rifornimenti di munizioni e di altro materiale militare di manifattura nordcoreana, Mosca rifornisce Pyongyang di cibo e di petrolio; inoltre, il Cremlino ha garantito alla Corea del Nord il proprio sostegno del potenziamento del proprio arsenale missilistico, oltre che nello sviluppo di nuove capacità sottomarine.

Non a caso, come evidenzia Rachel Minyoung Lee, il fallito lancio di un satellite spia (probabilmente costruito con il supporto tecnologico del partner russo) da parte della Corea del Nord a poche ore dal vertice di Seul non è una coincidenza e deve essere visto come parte del suo messaggio alla Cina. “Le relazioni del Nord con la Cina sembravano essersi raffreddate nel corso dell’ultimo anno, ma questa è la prima volta negli ultimi anni che i segnali di difficoltà sono usciti allo scoperto”.

Una posizione su cui concordano anche Patricia Kim, secondo cui “anche se le due parti hanno mantenuto un ritmo costante di scambi ufficiali e Pechino continua a proteggere Pyongyang dalle pressioni internazionali, il sospetto e il disprezzo reciproco di lunga data… limitano la profondità del loro allineamento. Ora che Pyongyang ha rafforzato i legami con la Russia, probabilmente ritiene di avere una maggiore influenza nelle relazioni con la Cina e può permettersi di essere meno deferente nei suoi confronti” e Zhao, il quale rimarca che la Cina abbia qualche riserva sull’approfondimento della cooperazione militare del Nord con la Russia, poiché essa potrebbe minare il quasi-monopolio di influenza di Pechino su Pyongyang.

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