Secondo un’analisi dell’Ecipe, serve fare di più per migliorare la connettività commerciale tra i Paesi Ue e quelli del Southern Neighbourhood Countries. Ecco perché da queste forme di cooperazione passa la stabilità della regione
Il Mediterraneo è un mare che ha visto nascere e cadere imperi, le cui rotte hanno sancito una storia di commercio e cooperazione ancora viva, la quale, anzi, potrebbe definire il futuro economico di questa regione complessa, fulcro del sistema di collegamento geostrategico tra il mondo Euro Atlantico e quello Indo Pacifico. Un’occasione che i Paesi europei che si affacciano nel bacino non possono perdere, lavorando insieme a quelli dell’altra sponda extra europea.
È questo il senso profondo del report “Trade in the Great Sea”, con cui Jan Micallef, senior fellow dello European Center for International Political Economy (Ecipe), esplora le complesse relazioni commerciali tra l’Unione Europea e i suoi vicini meridionali (Southern Neighbourhood Countries, Snc). Una danza di diplomazia ed economia che ha il potenziale di rafforzare o destabilizzare non solo le economie locali, ma anche quelle globali.
Al fondo, uno dei grandi temi che l’Italia sta affrontando durante la presidenza del G7 di quest’anno: la connettività. La geoeconomia mediterranea racconta, nel passato come nel presente, che le connessioni guidano le relazioni internazionali: sono forze stabilizzatrici perché portatrici di dialogo, prosperità, in generale equilibrio. E in un mondo sempre più interconnesso, le onde del Mediterraneo si propagano ben oltre le sue coste.
Lo dimostrano le conseguenze globali della destabilizzazione delle rotte Europa-Asia prodotta dagli Houthi, o la spinta internazionale per la creazione dell’Imec – corridoio che unirà India, Medio Oriente e Golfo creando un’alternativa geoeconomica nell’Indo Mediterraneo. Le decisioni prese oggi possono influenzare l’accesso ai mercati, la sicurezza dell’energia e la stabilità politica domani per l’intera regione, per questo occorre procedere con un orizzonte di lungo termine.
Il report di Micaleff esamina le relazioni commerciali tra l’Ue e i Paesi del Vicinato Meridionale (Snc), analizzando la storia e lo stato attuale degli accordi commerciali bilaterali. Nonostante molte somiglianze, ci sono differenze in termini di scala e ambito, chiaramente, ma c’è spazio per creare da una volontà comune una gamma di opportunità. L’Ue ha concluso Accordi di Stabilizzazione e Associazione che coprono il commercio con i Balcani Occidentali (che si affacciano sulla costa mediterranea). Inoltre, ha un’unione doganale con la Turchia in fase di modernizzazione e vari accordi ad hoc con microstati ed entità come Monaco, Gibilterra e le basi sovrane di Akrotiri e Dhekelia.
Il vicinato meridionale – che comprende Algeria, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Libia, Marocco, Palestina, Siria e Tunisia – è il contesto più complesso tra quelli del bacino. La guerra a Gaza è solo un elemento, per quanto tragico, drammatico. Siria, Libano e Libia sono Paesi completamente destabilizzati che faticano ad avere una composizione politico-sociale concreta; l’Egitto sta riemergendo da difficoltà economiche enormi, Tunisia e Marocco sono sempre sul bordo di una crisi socio-economica.
Per tale ragione, Micaleff valuta come positivo lo sviluppo del commercio tra l’Ue e gli Snc, con l’evoluzione delle relazioni commerciali che si pone come obiettivo a lungo termine la promozione dell’integrazione economica nell’area euro-mediterranea, rimuovendo le barriere al commercio e agli investimenti sia tra l’Europa e quei Paesi, sia all’interno di loro stessi.
Ma questo servirebbe non solo in termini più strettamente economici, bensì potrebbe favorire processi di sviluppo e crescita della prosperità che potrebbero andare a segnare effetti anche sui grandi dossier come quelli che riguardano la sicurezza, l’immigrazione, l’interferenza geostrategica di attori rivali al sistema occidentali. Sotto certi punti di vista, lo sviluppo di partnership commerciali è un elemento centrale anche nei progetti strategici (orientati all’Africa) di Paesi come l’Italia.
Attualmente, le relazioni commerciali tra l’Ue e i vicini meridionali (con l’eccezione di Libia e Siria) sono gestite a livello bilaterale attraverso le aree di libero scambio stabilite nell’ambito degli Accordi di Associazione Euro-Mediterranei (AA) e coprono essenzialmente il commercio di beni. Ma ci sarebbe molto di più da fare, secondo l’analisi di Micaleff.
“Dal momento spartiacque del 1995, le relazioni commerciali dell’Ue con le Snc si sono sviluppate attraverso varie iniziative. Oggi, le relazioni commerciali sono disciplinate principalmente dagli accordi di libero scambio incorporati nelle AA e da varie altre iniziative istituzionali e politiche”, spiega. Quegli accordi “rimangono la spina dorsale di queste relazioni commerciali fino ad oggi. I flussi commerciali mostrano anche che gli sviluppi nel corso degli anni hanno portato risultati positivi sia per l’Ue che per gli Snc”.
“Tuttavia – conclude – si pone la questione se queste relazioni commerciali siano sufficientemente sviluppate e se tutte le parti stiano sfruttando il commercio al massimo delle sue potenzialità. La risposta a questo è negativa. Nonostante i risultati positivi che porta, il regime commerciale Ue-Snc è carente e deve essere aggiornato”.