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La sfida di Francesco per la natalità come scelta e non come ideologia

L’idea di inverno demografico di Bergoglio ha fatto presa, tempo fa, ma oggi che si tratta di scegliere tra politiche attive per la famiglia e slogan per l’individualismo consumista, pochi sembrano disposti ad ascoltarlo. La riflessione di Riccardo Cristiano

Agli Stati Generali sulla natalità Francesco è rimasto da solo? La sua idea di inverno demografico ha fatto presa, tempo fa, ma oggi che si tratta di scegliere tra politiche attive per la famiglia e slogan per l’individualismo consumista, pochi sembrano disposti ad ascoltarlo.

Basti dire del suo discorso sulle potenziali madri. Francesco da una parte nota che i contraccettivi sono un’industria tra le più fiorenti, come quella delle armi, dall’altra chiede che le madri non debbano scegliere tra lavoro e cura dei figli. Il senso dei due terminali del discorso è questo: quanto si investe sul futuro? E soprattutto, chi investe sul futuro?

Francesco ha chiesto anche di favorire la natalità riducendo il precariato giovanile, facilitando l’acquisto della prima casa per chi, magari senza un posto fisso, voglia metter su famiglia. Ma questo mal si incontra con gli opposti liberismi che in questo campo la fanno da padroni. Le sue parole sono chiare: “Si tratta di attuare serie ed efficaci scelte in favore della famiglia. Ad esempio, porre una madre nella condizione di non dover scegliere tra lavoro e cura dei figli; oppure liberare tante giovani coppie dalla zavorra della precarietà occupazionale e dell’impossibilità di acquistare una casa”.

L’inverno demografico penalizza i giovani, sono loro che dovrebbero essere aiutati a immaginare un futuro diverso, a chiederlo, rivendicarlo. Infatti è a loro che Bergoglio si è rivolto, dicendo: “Non rassegniamoci a un copione già scritto da altri, mettiamoci a remare per invertire la rotta, anche a costo di andare controcorrente!”.

Insomma, gli schematismi vecchia destra-vecchia sinistra, sono logori per il papa venuto dalla fine del mondo. Pensa a natalità, inquinamento e fame nel mondo, un vecchio mantra di certi ambienti tecnicisti. E senza lasciar spazio al non detto ha affermato: “Alla base dell’inquinamento e della fame nel mondo non ci sono i bambini che nascono, ma le scelte di chi pensa solo a sé stesso, il delirio di un materialismo sfrenato, cieco e dilagante, di un consumismo che, come un virus malefico, intacca alla radice l’esistenza delle persone e della società. Il problema non è in quanti siamo al mondo, ma che mondo stiamo costruendo – questo è il problema -; non sono i figli, ma l’egoismo, che crea ingiustizie e strutture di peccato, fino a intrecciare malsane interdipendenze tra sistemi sociali, economici e politici”.

Qui il papa sembra sfidare quel “razionalismo” che ha convinto molti, per tanti anni, e ovviamente la cultura consumista. Forse è per questo, soprattutto, che si ha l’impressione che sia rimasto solo agli Stati generali sulla natività: il consumismo e l’individualismo chi li sfida?

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