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Sui chip balzo di Corea e Usa, ma Ue ferma. Le previsioni 2032

La Cina rimarrà al primo posto ma perdendo quota. Taiwan scenderà al terzo. Gli Stati Uniti, senza il Chips Act, sarebbero scesi all’8% mentre cresceranno al 14%. L’obiettivo 20% fissato dalla Commissione rimane un miraggio. Tutti i numeri del rapporto di Semiconductor industry association e Boston consulting group

Nel 2032 la Corea del Sud supererà Taiwan nella produzione globale di semiconduttori, passando dal terzo al secondo posto e avvicinando la vetta, ovvero la Cina. Infatti, le aziende coreane rappresenteranno il 19%, in crescita di due punti percentuali rispetto al 2022; quelle cinesi passeranno dal 24% al 21%; quelle taiwanesi dal 18 al 17%; quelle giapponesi dal 17 al 15%. Importante balzo per gli Stati Uniti, dal 10% al 14%. Sono le previsioni contenute nell’ultimo rapporto dell’americana Semiconductor Industry Association e di Boston Consulting Group.

Il balzo americano è frutto del Chips Act, che ha dato al dipartimento del Commercio 39 miliardi di dollari per spingere la produzione di semiconduttori nel Paese. Senza il Chips Act la quota americana della produzione globale di chip sarebbe scesa all’8% entro il 2032, spiega il rapporto. Gli Stati Uniti si assicureranno più di un quarto (28%) della spesa globale per investimenti tra il 2024 e il 2032, con una stima di 646 miliardi di dollari, un importo secondo solo a quello di Taiwan.

Brutte notizie – o più probabilmente conferme – per l’Unione europea che con il suo Chips Act ha messo sul piatto 43 miliardi di euro di investimenti pubblici e privati per raggiungere l’obiettivo del 20% nella quota di mercato globale nei semiconduttori entro il 2030. Nel 2032, secondo queste previsioni, l’Unione europea rimarrà ferma all’8% di un mercato che soltanto 40 anni prima dominava con il 44%.

A gennaio Peter Wennink, amministratore delegato dell’azienda olandese Asml, aveva definito “totalmente irrealistico” l’obiettivo fissato dalla Commissione europea in seguito alla carenza di chip per le automobili durante la pandemia Covid-19. Secondo lui, l’obiettivo non verrà raggiunto perché l’Unione europea non sta costruendo capacità produttive abbastanza velocemente.

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