L’esercitazione militare congiunta tra le due potenze alleate, nonostante le dichiarazioni, sembra concepita in chiave prettamente anti-cinese. E da Pechino non sono mancate le critiche
Nelle scorse ore lo strategico canale di Bashi, parte di quello stretto di Luzon che separa Taiwan dalla punta settentrionale delle Filippine, è stato teatro di operazioni militari congiunte realizzate dalle forze armate degli Stati Uniti e da quelle delle Filippine, e in particolare dai loro corpi di fanteria navale. Queste specifiche manovre militari si inquadrano nella più ampia esercitazione iniziata il mese scorso denominata Balikatan 24, termine in tagalog traducibile come “spalla a spalla”, in cui sono coinvolti più di sedicimila soldati americani e filippini. Alle esercitazioni partecipano anche più di duecentocinquanta elementi afferenti alle forze francesi e australiane, oltre agli osservatori di diversi Paesi alleati come il Giappone e i partner europei. Le esercitazioni, che sono iniziate il 22 aprile e termineranno alla fine di questa settimana, hanno il compito di “migliorare l’interoperabilità” tra gli apparati militari dei due alleati.
Anche se Washington e Manila affermano che le esercitazioni non sono dirette a nessun Paese e sono fondamentali per migliorare la capacità di risposta delle Filippine al verificarsi di situazioni di emergenza, il focus sulla difesa territoriale dei luoghi prescelti per lo svolgimento, ovvero il già menzionato canale di Bashi e il Mar Cinese Meridionale, lasciano intendere come le intenzioni dei due attori siano quelle di prepararsi ad un eventuale situazione di conflitto con la Repubblica Popolare Cinese.
Un importante messaggio di deterrenza, come sottolineato ad Associated Press dal senior defense analyst della Rand Corporation Derek Grossman, secondo cui la decisione del presidente filippino Ferdinand Marcos Jr. di consentire alle forze statunitensi l’accesso senza limiti a due basi aeronavali filippine nella provincia di Cagayan sulla base di un patto di difesa reciproca stipulato nel 2014 “probabilmente migliorerebbe la capacità dell’esercito statunitense di intervenire in modo più tempestivo a Taiwan qualora ve ne fosse il bisogno”, aggiungendo che “al momento, una grande preoccupazione è che gli Stati Uniti semplicemente non arriverebbero in tempo”.
La Repubblica Popolare ha fortemente criticato le esercitazioni, affermando che le Filippine e i Paesi al di fuori dell’Asia stanno unendo le forze contro Pechino, e ha avvertito che le esercitazioni potrebbero portare a scontri e minare la stabilità regionale. Per le stesse ragioni la Cina si era in precedenza opposta specificamente al trasporto di un sistema missilistico ground-based statunitense terra nel nord delle Filippine, con il portavoce del Ministero degli Esteri cinese Lin Jian che ha espresso la grave preoccupazione del suo governo per il dispiegamento del sistema missilistico “alle porte della Cina” seppure non fosse previsto il lancio di alcun missile, e questo spostamento fosse mirato soltanto ad aiutare i partecipanti all’esercitazione a familiarizzare con l’armamento ad alta tecnologia in un ambiente tropicale.
Dall’altra parte del Mar Cinese, la prospettiva è pressoché opposta. “Siamo sotto pressione”, ha dichiarato l’ambasciatore filippino a Washington Jose Romualdez “Non abbiamo i mezzi per combattere tutte queste prepotenze provenienti dalla Cina (riferendosi ai continui atti provocatori compiuti dalla Repubblica Popolare nei confronti di navi e uomini di Manila ndr) quindi dove altro andremo. Siamo andati dalla parte giusta, cioè dagli Stati Uniti e da coloro che credono in ciò che gli Stati Uniti stanno facendo”.