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Come sarà la Nato con Rutte. Indirizzi e obiettivi secondo Nelli Feroci

“Rutte? Un’ottima candidatura, è un primo ministro e lo è stato per quasi 14 anni, alla testa di complicate coalizioni. La sfida più difficile? Gestire Trump. Ha il profilo ideale per essere il prossimo segretario generale della Nato. Cosa cambierà sull’Ucraina? Fronte complicato, la partita è politica”. Conversazione con il presidente dello Iai

Gli europei devono assumersi maggiori responsabilità, maggiori oneri, maggiori investimenti per la difesa del continente, ricorda a Formiche.net l’ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci, presidente dell’Istituto Affari internazionali, (Iai) riflettendo sui primi passi nel nuovo Segretario generale della Nato, l’olandese Mark Rutte. Perché, al di là di fronti complicatissimi, come l’Ucraina, due saranno i banchi di prova per il successore di Jens Stoltenberg: il 2% del pil dei Paesi alleati per la difesa e un buon rapporto con il nuovo inquilino della Casa Bianca.

Cosa ne pensa della scelta di Mark Rutte come nuovo segretario generale della Nato?

Era un nome che circolava da tempo. Si trattava di far convergere su questa candidatura il consenso di tutti i membri dell’Alleanza, perché le regole previste dal Trattato prescrivono che è una nomina che si adotta per consenso. Questo consenso si è riusciti ad averlo con la rinuncia da parte del Presidente rumeno Iohannis, che ha capito che non c’era spazio per la sua candidatura. Credo che sia un ottimo nome, è un primo ministro e lo è stato per quasi 14 anni, sempre avendo a che fare con una gestione complicata di coalizioni non sempre necessariamente omogenee. Ha il profilo ideale per essere il prossimo segretario generale della Nato.

Quali differenze presenta rispetto a Stoltenberg?

Hanno profili per certi aspetti assimilabili, perché sono esponenti di Paesi dell’Europa del nord, sono entrambi atlantisti convinti e quindi godono della piena fiducia, soprattutto, del partner di riferimento. Non si nomina un segretario generale della Nato se non con il consenso di Washington. Immagino ci sarà una notevole continuità nella gestione dell’alleanza, ma in un contesto in cui le sfide continuano ad essere numerose, soprattutto una in particolare che io vedo all’orizzonte come la più complicata da gestire per il prossimo segretario generale. Quella dei rapporti con la prossima amministrazione americana se dovesse vincere Trump.

Potrà essere più incline a ricucire se, ad esempio, dovesse tornare Trump alla Casa Bianca? Quando la sua amministrazione si trovò in fibrillazione con l’Ue, l’olandese disse: Mi piace questo tizio!”

Qualsiasi cosa abbia detto in passato nella posizione in cui si troverà a partire diciamo dai primi di ottobre, dovrà necessariamente fare tutto il possibile per avere un buon rapporto con il presidente americano. E questo sia che venga confermato Biden, sia nell’ipotesi che invece dovesse vincere Trump, che nei confronti dell’Alleanza ha manifestato in varie occasioni propositi bellicosi. Mi verrebbe da dire che una volta assunta la responsabilità di governo dei Paesi più importanti dell’Alleanza, arriverà a più miti consigli. Però Rutte ha tutte le qualità per proporsi come un interlocutore costruttivo anche con il prossimo presidente americano, chiunque esso sia.

Lo scorso febbraio Rutte si fece portavoce di un appello ai tutti i Paesi Ue: Pensiamo alla nostra difesa, non a chi siede alla Casa Bianca”.

Chiunque sia il prossimo inquilino della Casa Bianca ci sarà un problema di assunzione di maggiori oneri da parte degli europei in materia di difesa. E questo punto, a prescindere da quello che succederà alle elezioni americane, registra già una richiesta che viene dai nostri alleati americani con un’enorme continuità dai tempi di Obama, nel periodo di Trump e anche durante i quattro anni di Biden. È stata espressa in maniera magari diversa in alcune occasioni, con più diplomazia, o con meno tatto da parte di Trump: gli europei devono assumersi maggiori responsabilità, maggiori oneri, maggiori investimenti per la difesa del continente.

Il neo segretario come prima novità potrebbe trovarsi difronte il commissario europeo alla difesa?

Capisco che il tema affascini i media, però dobbiamo essere molto consapevoli di che cosa effettivamente potrebbe fare un commissario europeo alla difesa. Prima di tutto dovrebbe evitare sovrapposizioni con l’Alto rappresentante per la politica estera, perché la difesa è una componente essenziale della proiezione esterna dell’Unione. È uno strumento che rafforza la politica estera comune quindi serve evitare dualismi, conflitti di competenze. Inoltre verrà attenzionato il mercato interno dell’industria della difesa e su questo c’è una strada già tracciata con una proposta per una strategia ed un Regolamento che l’accompagna. Bisognerà lavorare su quel pacchetto di proposte e questo sarà il compito del prossimo commissario la difesa. Sempre che poi la prossima presidente confermi l’ipotesi di un commissario ad hoc.

Rutte ha un ottimo rapporto personale con Giorgia Meloni: una buona notizia per l’Italia?

Sicuramente è un’ottima notizia, l’uomo è un politico di lunga esperienza anche se in passato abbiamo avuto come italiani qualche problemino con i governi olandesi, soprattutto per la loro posizione in materia di disciplina di bilancio. Mi sembra che però tutto questo ora appartenga al passato. Rutte è una persona che ha un’esperienza di gestione di situazioni complesse e ne ha dato ottima prova nel corso di questi ben 14 anni alla testa del governo di un Paese piccolo ma molto importante. Sono sicuro che avrà ottimi rapporti anche con la nostra Presidente del Consiglio e non potrà non insistere sulla richiesta di un maggiore impegno dell’Italia in materia di difesa. C’è un impegno che hanno collettivamente tutti i membri della Nato, quello di aumentare il bilancio della difesa fino al famoso 2% del Pil. Noi siamo molto indietro.

Quanto potrà essere utile Rutte nel discorso su una soluzione diplomatica della crisi in Ucraina?

Su quel fronte la vedo più complicata, perché la questione è politicamente molto sensibile. È difficile immaginare un ruolo autonomo del Segretario generale della Nato nella ricerca di una soluzione politico-diplomatica, questo è un qualcosa di cui eventualmente il Segretario generale si potrà far carico se esisterà un consenso tra gli alleati su come procedere. Per ora il consenso è molto chiaro ed è quello che bisogna continuare ad assistere l’Ucraina con tutti i mezzi possibili per consentire a Kiev di negoziare da posizioni di forza: a quel punto non siamo ancora arrivati, da qui l’impegno a continuare ad assistere anche nel futuro l’Ucraina. La novità è in una decisione che è stata presa qualche mese fa e che verrà sicuramente confermata al vertice di Washington di luglio: il coordinamento dell’assistenza militare che non si farà più in quel formato informale cosiddetto di Ramstein, che era di fatto gestito e presieduto dal segretario americano alla difesa, ma si farà nella Nato. Così l’alleanza diventerà il centro di coordinamento delle iniziative assunte dai singoli paesi per assistere l’Ucraina.



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