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Corno d’Africa e Piano Mattei. La missione italiana spiegata da Menia

Il vicepresidente della commissione Esteri/Difesa del Senato illustra obiettivi e finalità della missione in Eritrea, Etiopia e Gibuti: “Per la prima volta sono state messe nero su bianco traiettorie innovative che l’Italia intende tracciare a queste latitudini, con un’impostazione paritaria e non predatoria”. La presenza contemporanea ad Asmara del ministro Urso è indicativa di come questo tipo di missioni sono state strutturate al fine di avere obiettivi iniziali e raccogliere i relativi frutti nel medio-lungo periodo

“Questa missione, come le precedenti e come le successive che si svolgeranno, seguono una traccia ben precisa: rappresentano un modello, così come Giorgia Meloni ha più volte osservato a proposito del Piano Mattei. E la presenza dei vertici della Commissione, assieme al ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, lo dimostra ampiamente”. Sono le parole a Formiche.net del senatore di FdI Roberto Menia, vicepresidente della Commissione Esteri/Difesa del Senato, impegnato assieme alla presidente Stefania Craxi e al senatore Enrico Borghi in una missione nel corno d’Africa, che comprende Etiopia, Eritrea, Gibuti. Raggiunto telefonicamente presso l’ambasciata italiana in Eritrea, il senatore Menia spiega analiticamente il senso di questi incontri intrecciandoli con gli obiettivi del Piano Mattei.

Qui Corno d’Africa

Etiopia, Eritrea e Gibuti rappresentano non solo un dossier aperto e permanentemente sul tavolo del governo italiano, osserva il senatore friulano, ma una straordinaria opportunità per l’Italia di costruire indirizzi sia con Roma che con Bruxelles. Il riferimento è alla “profondità strategica del Piano Mattei, che per la prima volta ha messo nero su bianco traiettorie innovative che l’Italia intende tracciare a queste latitudini, con un’impostazione paritaria e non predatoria”. La presenza contemporanea ad Asmara del ministro Urso è indicativa di come questo tipo di missioni sono state strutturate al fine di avere obiettivi iniziali e raccogliere i relativi frutti nel medio-lungo periodo.

“Le nuove partnership che intendiamo rafforzare – sottolinea Menia – devono camminare con passo spedito anche grazie all’interlocuzione con le aziende italiane interessate a collaborare in ambiti significativi, come l’agricoltura, le infrastrutture, l’energia, la sanità, la formazione. Appare di tutta evidenza che il tema della geopolitica, che investe massicciamente l’Africa e i suoi effetti nel Mediterraneo, non possa ignorare settori interconnessi come quelli legati alla quotidianità di questi paesi, che vanno sostenuti anche nel dialogo con l’Ue, dopo il disimpegno francese dal Sahel”.

Rapporto paritario

Con l’Etiopia l’Italia vanta una fitta relazione, resa tale anche dai frequenti incontri tra Giorgia Meloni e Abiy Ahmed. Lo scorso anno, in occasione della sua visita in Etiopia e Niger, il segretario di stato americano Anthony Blinken aveva rimarcato il ruolo di Washington, per riaprire le relazioni con Addis Abeba. Il tutto mentre la Cina spinge da tempo a quelle latitudini per avere spazio e voce. Ragion per cui le iniziative italiane vanno lette sotto la lente di ingrandimento di una macro progettazione che abbracci per intero la questione africana, sia tramite una cooperazione economica e produttiva, sia tramite un dialogo da mantenere con costanza e densità.

“Non sfugge che Asmara viva con l’Unione europea momenti di poca sintonia, ma proprio il ruolo di Roma può essere foriero di un avvicinamento delle istanze eritree – aggiunge Menia – . Più in generale spicca il ruolo di Gibuti, come presidio dell’islam moderato, dove c’è una pacifica convivenza con la minoranza cristiana, senza dimenticare la sua partecipazione al Processo di Khartoum, desco che punta a combattere il traffico di esseri umani nella regione del Corno. L’Etiopia, inoltre, è da tempo un paese-obiettivo dell’azione italiana, grazie alla cooperazione culturale, con l’Istituto Italiano Onnicomprensivo di Addis Abeba Galileo Galilei, grazie alla cooperazione universitaria (sono ben 49 gli accordi universitari tra Atenei italiani ed enti omologhi etiopi) e grazie alle missioni di ricerca attive con i contributi del Maeci. Elementi che raccontano come il Piano Mattei sia tutt’altro che una scatola vuota, come qualcuno ha insinuato, ma sia davvero una sorta di rivoluzione copernicana per l’Africa nata da un’intuizione italiana”.

Il programma

La delegazione italiana ha incontrato prima il presidente dello Stato dell’Eritrea Isaias Afwerki, il ministro degli esteri Osman Saleh Mohammed, il Capo degli Affari Politici del P.F.D.J, Yemane Gebreab, il ministro dell’Informazione Yemane Gebremeskel. In seguito ha visitato il Parlamento etiope e incontrato il Gruppo Parlamentare d’Amicizia Italia – Etiopia, per poi concludere la missione sabato a Gibuti presso la Base Militare Italiana di Supporto (BMIS).

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