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Da Shenghjin a Bruxelles, come prosegue l’accordo Meloni-Rama sui migranti

In occasione del sopralluogo di Meloni e Rama a Shengjin, emergono i dati su costi reali e risparmio per l’Italia, dopo che anche i vertici del governo tedesco hanno manifestato interesse per il protocollo italo-albanese

Un investimento geopolitico che sarà operativo dal prossimo 1 agosto, con l’obiettivo di creare un modello. Questo l’indirizzo offerto dalla presidente del consiglio, Giorgia Meloni, durante la visita all’hotspot per migranti a Shengjin, in Albania, assieme al primo ministro albanese Edi Rama. Il perno dell’accordo italo-albanese sui migranti si ritrova nello strumento di deterrenza usato contro chi vuole raggiungere irregolarmente l’Europa e di lotta ai trafficanti di uomini. Ciò si traduce, secondo la premier, in un contenimento dei costi e in una precisazione rispetto alle accuse di una nuova “Guantanamo” nell’Adriatico.

Amicizia italo-albanese

Oltre agli aspetti tecnici circa le risorse e i numeri, spicca dalla visita in Albania il forte rapporto di amicizia esistente tra Italia e il Paese delle aquile. Un passaggio, quello della collaborazione pratica prima che formale, più volte sottolineato da Meloni che ha ringraziato il primo ministro e il popolo albanese per aver offerto il loro aiuto e “aver stretto con noi un accordo di grande respiro europeo”.

In secondo luogo ha messo in evidenza la solidarietà all’Albania e al suo popolo, per la campagna denigratoria subita (Tirana è stata dipinta come un narco-Stato governato dalla criminalità organizzata): “Non è la prima volta che l’Albania offre il suo aiuto all’Italia, ma in tutti gli altri casi è stata raccontata come una nazione con sincera voglia di far parte della casa comune europea”.

Il piano

I numeri per due centri parlano di 670 milioni previsti dal protocollo per 5 anni, ovvero il 7,5% delle spese connesse all’accoglienza dei migranti sul territorio nazionale: non sono da considerare un costo aggiuntivo, ha spiegato il premier, dal momento che i migranti ospitati in Albania avrebbero dovunque essere condotti in Italia, dove hanno un costo.

Quando i due centri di Shengjin e di Gjader saranno pienamente operativi sarà di 136 milioni di euro il risparmio per l’Italia. A ciò si aggiunga il dato che nei primi 5 mesi del 2024 gli arrivi illegali in Italia sono diminuiti di quasi il 60%. Per cui la tesi della premier è che il dato più significativo di questa iniziativa comune è da ritrovare alla voce deterrenza verso chi vuole raggiungere irregolarmente l’Europa.

Inoltre i centri di prima accoglienza, dedicati a migranti salvati in acque internazionali da navi italiane, saranno organizzati con attività ad hoc, come screening sanitario, l’identificazione, fotosegnalazione, formalizzazione della domanda di protezione internazionale. Esclusi i soggetti più vulnerabili, come minori, donne, anziani, persone fragili.

Polemiche e consensi

Secondo la premier Rama le polemiche create sui due centri sono direttamente proporzionali al fatto che Tirana non è parte dell’Ue, piuttosto l’elemento da mettere in risalto è che si tratta di un protocollo che non è stato contestato da Bruxelles, né da altri stati membri, di contro è stato ritenuto un modello da seguire. Lo dimostrano le parole di apprezzamento pronunciate dal cancelliere della Germania Olaf Scholz e dal ministro dell’interno Nancy Faeser, che pochi giorni fa ha detto di seguire “con interesse” l’evoluzione del progetto italo-albanese, a differenza di quello inglese.

“È un modello interessante su cui mi sto confrontando con il mio collega italiano”, aggiungendo che tra Berlino e Roma è in corso una fase di proficua collaborazione sul tema, con l’auspicio che si possa replicare su scala europea. Dopo il dialogo tra Faeser e Piantedosi ecco che salgono a 14 i Paesi che hanno chiesto alla Commissione europea di lavorare per un progetto contro le migrazioni irregolari speculare a quello italiano.


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