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2 giugno e non solo, serve un coro diffuso di pedagogia civile. Il commento di Tivelli

Una festa che unisce e dovrebbe sempre più unire quella della Festa della Repubblica, ma che cade in una fase di pieno bipolarismo muscolare che vede contrapposte soprattutto il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni e la leader del Pd Elly Schlein. L’opinione di Luigi Tivelli

Quella che dovrebbe essere la vera festa degli italiani, la festa della Repubblica del 2 giugno, è stata ricordata nei modi più svariati. Una festa che unisce e dovrebbe sempre più unire, ma che cade in una fase di pieno bipolarismo muscolare che vede soprattutto due “cape”, il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni e la leader del Pd Elly Schlein, che in modi e forme diversi esibiscono i propri “muscoli” per attrarre più consensi possibili in vista delle europee. Ma non c’è molto da stupirsi nell’Italia dell’odierno, a dire il vero un po’ eccessivo, bipolarismo muscolare. Il punto però è un altro.

Al di là delle commemorazioni ufficiali mi sembra risuonare un po’ troppo “commemorazionismo”, nell’ambito del quale non è facile trovare messaggi significativi per gli italiani di oggi e di domani, specie per i giovani. È giusto ricordare che, oltre ovviamente al grande significato dell’affermazione della Repubblica, il 2 giugno del 1946 per la prima volta si estese il diritto di voto a tutto il corpo della cittadinanza comprese le donne. Ma pochi ricordano o hanno ricordato un aspetto che distingueva la composizione, la qualità e lo stile dei membri dell’Assemblea Costituente eletta in quella occasione.

Se analizziamo l’evoluzione delle classi politiche alla luce del parametro del binomio “convinzione/convenienza” sicuramente nei costituenti prevaleva in larghissime dosi una sana convinzione politica e civile. Credo di poter dire che man mano l’equilibrio del rapporto tra convinzione e convenienza, legislatura dopo legislatura (ma soprattutto nelle ultime…) si è sbilanciato sempre di più verso la “convenienza”…

In un sistema parlamentare che non pone più lo scettro nelle mani del principe-cittadino (non esistendo nemmeno il voto di preferenza) è chiaro che fare politica è puntare soprattutto ad essere eletti (o nominati?). E che tale mandato è quindi frutto per non poca parte di una ricerca della convenienza. È noto, infatti, che nei partiti delle “cape” e dei “capi”, per un verso si tratta di partiti liquidi o gassosi, per altro verso non esiste una vera democrazia interna, contrariamente a quanto prevede l’articolo 49 della Costituzione.

Ciò  significa, visto che larghissima parte dei parlamentari sono nominati da capi e cape e dai rispettivi cerchi magici, che le carte sono date e si ricercano più per convenienza che per convinzione, facendo così crescere l’esercizio di salire sul carro di chi comanda, o del probabile vincitore.

Grazie a ciò la politica, tende a far prevalere ulteriormente il fattore “convenienza” negli orientamenti dei singoli “papabili” che quello della “convinzione”.

Ben diversamente da quanto accadde il 2 giugno con l’elezione della Costituente, dopo la straordinaria saga civile della resistenza, che ebbe l’obiettivo di fornire agli italiani quella Carta straordinaria che è la Costituzione. Oltre a questo, nessuna tra le tante commemorazioni, ricostruzioni o similari ha recuperato il senso di ciò che sosteneva un grande vicepresidente della Costituente: Giovanni Conti, che coniò la formula “Repubblicani in Repubblica”. Un grande pedagogista che sulla scia dell’insegnamento mazziniano, e non solo, si dedicava soprattutto alla pedagogia civile. Favorire la moltiplicazione sempre maggiore di “Repubblicani in Repubblica”, cioè di veri cittadini dotati di un senso forte della cittadinanza, consapevoli del proprio bagaglio di diritti e doveri, dovrebbe essere una missione fondamentale in una sana democrazia.

Una missione cui si dedica certamente al meglio il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, come ci si dedicavano suoi predecessori (come ad esempio Carlo Azeglio Ciampi), ma questa non dovrebbe essere l’azione di una Vox clamans nel deserto della Repubblica… Ma dovrebbe essere un coro cui si dedicano molti esponenti di varie forze politiche. Non è facile, ovviamente, vedere e ascoltare questo coro. I cittadini vengono trattati al massimo come elettori o possibili elettori, quasi come “carne da voto”. Forse proprio per questo almeno una metà degli elettori tendenzialmente si rifugia nell’astensione. Non basta titillarli e risvegliarli con esibizioni muscolari. Ma chi si dedica a trattarli come cittadini tutti i giorni? Chi si dedica ad una sana pedagogia civile che favorisca la diffusione di nuovi “Repubblicani in Repubblica”? Quesiti che rimangono irrisolti nella nostra democrazia e che risalgono alla mente nel ricordo del 2 giugno.

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