Mercoledì, salvo colpi di scena, l’Europa chiederà a molti Paesi di rientrare dei rispettivi disavanzi. Al Tesoro erano preparati all’evenienza, ma ora si apre la caccia alle risorse, contando anche sul sostegno dei mercati
La data da cerchiare con il rosso è mercoledì 19 giugno. Quel giorno la Commissione europea aprirà, salvo clamorosi ripensamenti, la procedura di infrazione contro l’Italia, per deficit eccessivo. Attenzione, tutto ampiamente previsto e, soprattutto, ci sono altri dieci Stati a fare compagnia a Roma. A Via XX Settembre sono pronti da tempo, tanto dall’essersi attrezzati.
Il fatto è che i numeri del Documento di economia e finanza, lasciano poco spazio all’immaginazione. Il disavanzo lo scorso anno è esploso al 7,2%, per effetto dell’effetto detonatore del Superbonus, che il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha tentato più volte di disinnescare. Riuscendoci, ma a danno già fatto. Di più era difficile fare, ma le cifre non perdonano. Quest’anno il deficit ripiegherà al 4,3%, anche se i miliardi da restituire a chi ha effettuato le ristrutturazioni, ricorrendo al credito di imposta, sono tanti.
E per Bruxelles, con il ritorno delle regole del Patto di stabilità, la scelta è inevitabile. Insomma, i tempi delle spese pazze e della tolleranza da parte della Commissione a causa della crisi sono solo un ricordo. Anche perché c’è un debito di oltre il 137% del Pil, secondo solo a quello della Grecia. La prima bacchettata arriverà tra poche ore, quando Palazzo Berlaymont presenterà il pacchetto del semestre europeo, che dovrebbe comprendere una scontata procedura di infrazione per deficit eccessivo contro l’Italia. Ma per dare tempo ai Paesi di riabituarsi alle vecchie regole, le raccomandazioni agli Stati saranno fornite poi a novembre, mentre a settembre la Commissione attende i piani di rientro del debito, in linea con i vincoli del Patto.
Ora, il programma di rientro è concepito per un periodo iniziale di 4 anni, che si potrà estendere fino a 7 anni a condizione che vengano attuate riforme significative e investimenti strategici. È plausibile che l’Italia cercherà di optare per l’estensione a 7 al fine di attenuare gli impatti dei necessari sacrifici finanziari. Salvo deroghe, gli Stati dovranno inviare questi piani di spesa alla Commissione orientativamente entro il 20 settembre, circa un mese prima della formulazione dei documenti programmatici di bilancio. Solo in quel momento il valore della “traiettoria tecnica” dovrebbe diventare definitivo.
Ed è qui il punto. L’Italia potrebbe essere costretta a una correzione di almeno lo 0,5% del Pil annuo, piò o meno dieci miliardi. Dove trovarli? Circa 7 miliardi potrebbero arrivare nei prossimi mesi grazie agli avanzi dei nuovi sussidi per la povertà, che hanno raggiunto solo metà dei beneficiari previsti, e alle risorse derivanti dall’attuazione della delega fiscale. Per il resto, le opzioni disponibili sono drastiche: ridurre la spesa pubblica (con sanità e scuola che già necessitano di fondi) o aumentare le tasse, come l’Iva e le accise.
Conterà molto, nelle more, il sostegno dei mercati, che fin qui hanno dato prova di fiducia verso Roma. Certo, la Bce ormai ha disarmato i suoi programmi di acquisto titoli, ma per fortuna, ci sono i risparmiatori italiani, tornati ad apprezzare i titoli del Tesoro dopo il rincaro dei rendimenti in area 4%. Ma sarà altrettanto necessario il sostegno degli investitori esteri, stabili detentori di quasi il 30% del totale.