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Donne e diritti, quale ruolo nella professione forense e nella società. Parla Frojo

In un intreccio tra diritto, storia e costume, il libro “Se la Giustizia è donna” racconta il percorso di emancipazione femminile reso possibile anche grazie all’avvocatura. È la storia delle “pari opportunità”. Eppure, la componente femminile è spesso considerata una “diversità” da discriminare più che un valore. E, dunque, ancora sottovalutata, ignorata, penalizzata dal punto di vista reddituale e della rappresentanza in ruoli di vertice. Colloquio con Elvira Frojo

L’avvocatura come strada di emancipazione femminile. Un lungo viaggio nella professione forense che celebra esempi virtuosi di avvocate che si sono distinte per la loro professionalità e perseveranza. Un contributo sostanziale per rimuovere pregiudizi e stereotipi anche nella società. Questi sono alcuni dei temi trattati nel libro “Se la Giustizia è donna”, promosso dal Consiglio Nazionale Forense, scritto da Elvira Frojo, scrittrice, giornalista, già avvocato e dirigente della carriera prefettizia, coordinatore didattico di master universitari presso Link Campus University e osservatrice di tematiche femminili nella dimensione individuale, sociale e professionale e nella complessità delle relazioni interpersonali.

Questo libro rappresenta un viaggio nella professione dalla prospettiva femminile. Innanzitutto, come è cambiata la carriera forense in questi anni?

Nel libro “Se la Giustizia è donna” c’è il mondo delle donne dell’avvocatura ma non solo. In un intreccio tra diritto, storia e costume, è il percorso di emancipazione femminile reso possibile anche grazie all’avvocatura. Un ambito straordinario per affermare i diritti di tutte le donne nella storia, un banco di prova ancora oggi. È la storia delle “pari opportunità”. Percorso normativo ma anche sociale, per colmare divari che resistono al tempo attraverso linguaggi, comportamenti, sfumature ma anche violenze fisiche, psichiche, economiche che nutrono discriminazioni di genere.

Sotto il profilo della parità di genere, a che punto siamo?

Secondo i dati del recente Global Gender Gap Report del World Economic Forum, occorrerà attendere il 2158 per raggiungere la parità di genere a livello globale, tre in più rispetto allo scorso anno, nonostante sia stato colmato il 68,5% del divario nel mondo. Scoraggiante, soprattutto, l’esito della rilevazione per l’Italia, che occupa l’87.a posizione, tra i 140 Stati considerati, con ulteriore discesa rispetto allo scorso anno (79.a), in un‘Europa che, invece, consegue un punteggio nella parità di genere del 75%, con sette Paesi nelle prime dieci posizioni. È un contesto che richiede una decisa azione nel settore pubblico e privato, per accelerare la spinta verso la parità. Non si possono attendere 134 anni. La Banca Mondiale, inoltre, stima che colmare il divario di genere nell’occupazione e nell’imprenditorialità potrebbe portare ad un aumento del Pil globale di oltre il 20%. Il Consiglio nazionale forense ha voluto celebrare, con questo libro, i venti anni dalla costituzione della prima “Commissione pari opportunità” del CNF. Un cammino lungo e difficile ma realizzato senza soste, per abbattere steccati e pregiudizi. Dopo cento anni dall’istituzione, il massimo organismo dell’avvocatura ha avuto, con Maria Masi, la prima donna presidente, ma sussistono ancora divari da colmare.

Da tempo tanti sono i tentativi di invertire una rotta che ancora penalizza le donne, anche sotto il profilo della remunerazione. Cos’è stato fatto fino a ora e cosa ancora c’è da fare?

Questo libro è un “viaggio” a difesa della specificità femminile, preziosa in ogni tempo e in ogni campo. Eppure, la componente femminile è spesso considerata una “diversità” da discriminare più che un valore. E, dunque, ancora sottovalutata, ignorata, discriminata dal punto di vista reddituale e della rappresentanza in ruoli di vertice. Ma oggi la società, l’economia, la politica guardano sempre più alle peculiarità femminili come caratteristiche vincenti. Empatia, sensibilità, tenacia, determinazione e competenza sono la storia delle donne. “Le donne sono una vite su cui gira tutto” ha affermato Tolstoj. Figure che non arretrano mai. Capaci di rompere i canoni tradizionali, nella società come nella professione. Lo testimoniano le donne in avvocatura. Quelle “prime iscritte” agli albi forensi che sono state ricordate nel libro e le altre che hanno fatto la storia con le loro rivendicazioni personali, umane e sociali, prima che professionali. Lo testimoniano le avvocate che, oggi, in una situazione di parità numerica con i colleghi uomini, conquistano nel quotidiano sempre maggiori spazi considerati tradizionalmente maschili.

Sotto il profilo retributivo, quale è il rapporto, nella professione, tra uomo e donna?

La relazione della Cassa forense in collaborazione con il Censis, in una drammatica incertezza globale a causa delle guerre e nella difficile situazione economica e geopolitica, fotografa le criticità della professione forense e la riduzione degli iscritti. Mentre persistono ruoli stereotipati e divari di genere, la componente femminile è quasi paritaria (48,5 per cento nel 2022, 47,1% nel 2023) rispetto a quella maschile. (Nel 1989 le donne erano il 10,5 per cento del totale, nel 1993 il 22,1 per cento e, alla fine del secolo, il 31,4 per cento). Il progressivo ingresso delle donne nella professione negli ultimi due decenni ha permesso di contenere la deriva di invecchiamento dell’avvocatura. La presenza femminile costituisce, infatti, il 57,9 per cento nella fascia di età inferiore ai 35 anni e il 55 per cento tra i 35 e i 40, mentre è minoritaria (35 per cento) fra gli avvocati con oltre 54 anni.  Ruolo, rappresentazione e reddito sono, tuttavia, tre aree che evidenziano la realtà. Il reddito medio delle donne, secondo la Cassa forense, è circa la metà rispetto a quello dei colleghi uomini. Scarsa è la rappresentanza femminile negli organi decisionali e nelle associazioni professionali di categoria. E strisciante, in parte forse tra le stesse donne, è il pregiudizio di interesse verso tematiche societarie o finanziarie, rispetto ad ambiti professionali come, ad esempio, famiglia e minori. Ma è un trend che va mutando. Negli studi legali, italiani e internazionali, infatti, sono in numero sempre maggiore le posizioni femminili di rilievo. E questo è un segnale importante, per tutte le donne.

Quale è stato, più di altri, il contributo fornito dalla componente femminile all’avvocatura?

La presenza femminile nell’avvocatura è la storia delle donne. Una storia non solo giuridica ma per la società e i diritti di tutti. L’ammissione nelle aule dei tribunali risale al 1919. E’ il punto di arrivo di battaglie combattute con tenacia, anche prima del più famoso “caso Poet”, ma è anche l’inizio di nuove e difficili conquiste. Tra indifferenza e scetticismo, esclusione e ostacoli. Un’azione che ha aperto crepe nei pregiudizi sociali più radicati, non solo nel mondo della Giustizia. Il libro “Se la Giustizia è donna” guarda al passato per ricordare la forza delle donne e riflettere sulle conquiste del futuro, nella consapevolezza che i diritti vanno affermati ogni giorno perché nulla è per sempre. Certo, adeguate politiche sociali e meccanismi di riequilibrio tra generi sono strumenti dai quali non si può derogare, nella concretezza della realtà. L’avvocatura è un importante banco di prova della storia delle conquiste femminili. In un mondo disorientato alla ricerca di equilibri, fiducia, certezze, in uno scenario di violenza e nella sfida delle nuove tecnologie, la professionalità femminile mette a confronto diritto e sensibilità e può fare la differenza. Immaginando visioni nuove e diverse. La donna guarda con pazienza e perseveranza, oltre che al risultato, alla persona accogliendo anche l’errore, la fragilità, l’insuccesso. Accetta sfide e ritrova energie anche dopo delusioni e cadute. Nel libro sono inseriti i contributi della prima presidente Cnf, delle consigliere in carica e delle coordinatrici della “Commissioni pari opportunità” del Cnf anche del passato, e la testimonianza della prima donna in carica al vertice dell’avvocatura generale dello Stato. In tutte, c’è l’entusiasmo e il sorriso del cuore. E, forte, il desiderio di essere se stesse. La loro sfida principale è stata ed è, come per tutte le donne, conciliare i tempi tra vita familiare e professionale. Non hanno mai rinunciato ad andare avanti, con successo, guardando il domani con fiducia.

Se la Giustizia è donna, parafrasando il titolo, il nostro Paese è pronto ad ammetterlo?

La legge con le sue regole costruisce comunità. Genera un sistema di valori indicando una rotta comune di cui, oggi più che mai, abbiamo bisogno. Il libro apre riflessioni sul senso della Giustizia nella società odierna. In un sistema in crisi per lentezza dei processi, ingenti costi delle cause, sovraffollamento delle carceri, forse, è necessario pensare a una rinnovata visione che non può fare a meno dello sguardo delle donne. Per Papa Bergoglio, le donne hanno “la capacità di avere tre linguaggi insieme: quello della mente, quello del cuore e quello delle mani”. Una capacità femminile di guardare anche al diritto per adeguarlo ai cambiamenti, spesso più veloci delle norme. Una sensibilità per comprendere, oltre le fattispecie giuridiche, le esigenze reali e promuovere riforme nella coscienza civile rimuovendo pregiudizi, soprattutto culturali. La Giustizia umana lascia, spesso, inappagate tutte le parti. Come ogni cosa della vita, è giustizia di per sé “imperfetta”. Confronto di dinamiche complesse tra il formalismo giuridico e la ricerca della verità. Tra i fatti della vita, per loro natura dissonanti e privi di percorsi lineari, e il linguaggio giuridico che cerca soluzioni nella rigidità delle norme. La Giustizia, da sempre “donna”, alla quale vorremmo, oggi, guardare, è una “virtù” che genera valori. Non a caso, la copertina scelta per il libro ritrae, nel quadro del Guercino (Allegorie della Giustizia e della Pace, XVII sec.) una regale Giustizia, seduta su un blocco marmoreo con spada, bilancia e corona, mentre l’altra figura femminile, raffigurante la Pace, è impegnata a bruciare alcune armi, emblema della guerra e della bellicosità.

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