Due ex ministri della Difesa, Li Shangfu e Wei Fenghe, sono stati espulsi dal Partito Comunista Cinese. Xi non può permettersi di dare un’immagine dei militari (e del suo potere) come un corpaccione corrotto
Due ex ministri della Difesa sono stati espulsi dal Partito Comunista Cinese per accuse di corruzione che potrebbero portare anche all’ergastolo — dato che il leader Xi Jinping è in cerca di una punizione esemplare per casi che sono intollerabili per la narrazione e per la proiezione strategica che la Repubblica popolare intende dare di sé.
Il ministero della Difesa ha annunciato oggi che Li Shangfu — sulla cui sparizione prima, rimozione e sostituzione poi si era a lungo speculato — aveva abusato della sua autorità per arricchirsi prendendo tangenti in cambio della concessione di favori. Grave violazione della disciplina militare e soprattutto di Partito commessa anche dal suo predecessore, Wei Fenghe, secondo le accuse che hanno intanto prodotto l’espulsione dall’organismo centrale del potere cinese (il Partito, appunto).
Non sono casi isolati: in passato qualcosa di simile era toccato ad altri ufficiali militari, soprattutto sotto l’amministrazione del Xi, che dirige anche le forze armate come presidente della Commissione militare centrale e ha fatto della repressione della corruzione un segno distintivo della sua “Nuova Era”, sin da quando ha preso il potere più di un decennio fa. A maggior ragione adesso, raggiunto il suo terzo, storico mandato, non può permettersi che l’ombra della malgoverno possa macchiare presente e futuro (e la sua incisione nella storia del Paese).
Secondo quanto scritto dalla Xinhua, agenzia stampa statale che a volte viene usate per diffondere comunicati istituzionali con un modo meno formale, Li è sotto inchiesta per corruzione ed è per questo stato rimosso dall’incarico nell’ottobre 2023, dopo essere scomparso dalla vista del pubblico per quasi due mesi. Wei è stato messo sotto inchiesta a settembre ed è stato sospettato di “violare seriamente la disciplina politica e organizzativa aiutando gli altri a ottenere benefici impropri negli accordi per il personale”.
Da quanto riferito, si è scoperto che ha accettato una “enorme quantità di denaro e oggetti di valore, che costituisce il sospetto crimine di prendere tangenti”. C’è poi un passaggio simbolico nella cronaca della Xinhua: di Wei dicono che “aveva perso la sua fede e lealtà e contaminato l’ambiente politico dei militari […] portando enormi danni alla causa del Partito, allo sviluppo della difesa nazionale e delle forze armate, nonché all’immagine degli alti funzionari”. Questo è il cuore della situazione.
Xi, come noto e anche recentemente raccontato nel “conclave di Yan’an”, punta moltissimo sulla Difesa. La considera un vettore del proprio potere e (giustamente) della proiezione di quello cinese nel mondo. Sta anche intavolando contatti con altri Paesi basati su forme di cooperazione militare e securitaria che finora Pechino evitava: per esempio, recentemente ha tenuto dialoghi con l’Arabia Saudita e la Corea del Sud, e tra pochi giorni la Cina sarà protagonista del vertice tra capi di Stato della Shanghai Cooperation Organizzation. Di più: l’industria militare cinese sta iniziando a moltiplicare i propri clienti, perché prezzi, efficienza e regole di vendita sono competitive. Per tutto questo, il mondo della Difesa di Pechino non può apparire un corpaccione corrotto e sregolato (come in parte invece è, basta pensare che alcuni ufficiali rubano e rivendono la benzina dei mezzi).
Figurarsi se si alza anche il sospetto che quella corruzione sia parte di una cospirazione con forze esterne: non essere sufficientemente fedeli a Xi è un fattore di esclusione nella Cina attuale, ma la macchia di totale infedeltà cospirando con il nemico è inammissibile.
Nella dichiarazione, il ministero non ha fornito dettagli sulle accuse contro Li, a parte dire che i suoi presunti crimini erano “eccezionalmente perniciosi” e che rappresentavano “un pericolo enorme”. Val la pena ricordare che Li ha trascorso la maggior parte della sua carriera come specialista nei settori missilistico e di approvvigionamento ed è stato sottoposto a sanzioni di viaggio e finanziarie dagli Stati Uniti per l’acquisto di hardware militare russo.
Da ricordare anche che la scomparsa dal frontline governativo pubblico di Lì — poi sostituito a dicembre dall’ammiraglio Dong Jun — ha coinciso all’incirca con l’improvvisa scomparsa dell’allora ministro degli Esteri Qin Gang e di diversi importanti ufficiali del corpo missilistico tra accuse non provate di cattiva condotta.