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Ecco che cosa non torna sui dividendi esteri. L’analisi del Bruno Leoni

I dividendi percepiti da persone fisiche fiscalmente residenti in Italia sono di fatto soggetti a una doppia imposizione, a causa di una normativa confusa e di interpretazioni giurisprudenziali sfavorevoli ai contribuenti. Ecco come intervenire

Qualcosa non torna sui dividendi. Quelli esteri, per esempio, percepiti cioè da persone fisiche fiscalmente residenti in Italia, sono di fatto soggetti a una doppia imposizione, a causa di una normativa confusa e di interpretazioni giurisprudenziali sfavorevoli ai contribuenti. Per questo, mette nero su bianco Alessia Sbroiavacca, fellow dell’Istituto Bruno Leoni, “è necessario intervenire con un chiarimento, ripristinando coerenza tra i principi generali dell’ordinamento e le sue applicazioni concrete”.

Premessa, si parla di dividendi esteri o transnazionali quando il soggetto possessore della partecipazione societaria ha residenza in uno Stato diverso rispetto a quello della società partecipata. Quando la società partecipata decide di distribuire il dividendo questo transita da uno Stato all’altro. Questa situazione, diffusa soprattutto nei gruppi di imprese che operano in ambito internazionale, si sta allargando anche a privati che acquisiscono partecipazioni in società residenti in altri Stati.

Ora, “le problematiche riscontrabili circa le attuali modalità di tassazione dei dividendi esteri (in entrata) riguardano due aspetti: l’impossibilità, per il contribuente, di portare in detrazione le imposte estere dall’imposta dovuta in Italia e la determinazione della base imponibile sul cosiddetto netto frontiera (ossia l’importo del dividendo al netto delle ritenute subite all’estero, all’atto della percezione del dividendo, ndr) per i soli percepiti tramite intermediari residenti, che indubbiamente penalizza, senza alcuna apparente giustificazione, quei contribuenti che percepiscono dividendi di fonte estera senza l’ausilio di un intermediario residente, direttamente su un conto corrente estero”.

Non è tutto. Inoltre, “vi è una incomprensibile asimmetria tra il trattamento riservato ai contribuenti persone fisiche e società. Diventa quindi necessario intervenire modificando l’ambito di applicazione del credito per le imposte versate all’estero e l’individuazione della base imponibile per le persone fisiche”. Che fare? Secondo l’esperta, “alla luce di quanto evidenziato, si ritiene che la soluzione maggiormente garantista per i contribuenti passi per un necessario intervento normativo che riguardi la modifica dell’ambito di applicazione del credito per le imposte pagate all’estero mentre, in seconda istanza, si potrebbe intervenire sulla base imponibile dei dividendi inbound percepiti da persone fisiche al di fuori del regime d’impresa da assumere ai fini dell’applicazione dell’imposizione sostitutiva”.

“Quanto al primo obiettivo, esso potrebbe essere raggiunto attraverso una modifica del comma 1 dell’art. 165 Tuir, il quale potrebbe essere riformulato attraverso l’aggiunta di un periodo che potrebbe essere del seguente tenore: sono altresì ammesse in detrazione dall’imposta dovuta in Italia le imposte pagate all’estero in via definitiva su redditi prodotti all’estero che siano imponibili in Italia tramite ritenuta alla fonte a titolo definitivo ovvero imposta sostitutiva. In tal modo sia che il contribuente percepisca dividendi esteri tramite intermediari residenti, sia che l’accredito avvenga direttamente su un conto corrente estero, potrebbe portare in detrazione le imposte estere”.

In ogni caso l’intervento minimo che si rende sicuramente necessario per il Bruno Leoni “riguarda l’estensione del meccanismo del netto frontiera anche ai dividendi inbound soggetti ad imposizione sostitutiva: pur non rappresentando un provvedimento completamente risolutorio del problema della doppia imposizione gravante su tali componenti reddituali, perlomeno una simile azione avrebbe il pregio di eliminare il diverso trattamento fiscale gravante sui dividendi inbound percepiti direttamente all’estero rispetto a quelli incamerati tramite intermediari residenti sotto il profilo della base imponibile attratta a tassazione in Italia”.

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