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Ecr di Meloni cambierà il paradigma europeo. Procaccini spiega come

“Qualcuno ha pensato che Giorgia Meloni fosse solo una piccola sovranista e invece abbiamo appurato che rappresenta proprio un nuovo paradigma della destra europea”, spiega a Formiche.net Nicola Procaccini, non solo co-presidente del gruppo Ecr al Parlamento europeo, ma uno di quelli che a Bruxelles ha lavorato da tempo per una legittimazione (politica e personale) dinanzi ai vertici europei

Quali saranno le mosse di Ecr dopo il voto italiano che ha incoronato Giorgia Meloni alla luce dei 2,3 milioni di voti di preferenze? Verrà battuta la strada del dialogo con Identità e Democrazia (depurata dei tedeschi di AfD) oppure i conservatori si terranno le mani libere, in attesa di inglobare quei seggi senza casa con cui si sono aperte relazioni nell’ultimo anno (partitini rumeni, ciprioti, irlandesi)? L’obiettivo è aumentare la consistenza per pesare di più a livello decisionale. Secondo Nicola Procaccini, co-presidente del gruppo Ecr, “possiamo dire che la destra di Giorgia Meloni e dei conservatori italiani sta facendo scuola in teatri fino a ieri per noi inimmaginabili, come quello francese. Noi abbiamo un modello di centrodestra che ha trent’anni di vita e ha superato le sue crisi”, spiega a Formiche.net.

Numeri e strategie dei conservatori

La pattuglia italiana più numerosa di eurodeputati è di Fratelli d’Italia con 24 rappresentanti (il Pd ne ha 21, Forza Italia 9, M5S e Lega 8, Avs 6), nel 2019 erano 5. Il gruppo di Ecr ha ottenuto 73 seggi, guadagnandone 4 rispetto a cinque anni fa. È di tutta evidenza che questo risultato porta in grembo una serie di effetti, nel merito dei numeri e nella consistenza politica che verrà distesa da oggi sino ai prossimi cinque anni.

La tesi portata avanti da Ecr è stata quella che Meloni ha rappresentato in questi anni un modo di stare, da destra, in Europa: l’Unione europea è la somma dei singoli interessi nazionali che possono essere valorizzati solo se l’Unione europea è sempre più capace di mettere in risalto le politiche comune nei settori di sua competenza, senza inficiare le prerogative dei singoli. Una sorta di terza via che i conservatori italiani ed europei hanno progressivamente costruito sulle fisiologiche identità nazionali all’interno di un un contesto di competenze europee. Oggi queste idee hanno la possibilità di essere avanzate grazie ad un parlamento con la destra maggiormente rappresentata, ad un paniere di alleati che presenta il centro (come la Cdu) più spostato a destra rispetto a cinque anni fa e in virtù di una leadership riconosciuta a livello internazionale, dopo due anni alla guida del governo italiano.

Non piccoli sovranisti

“Qualcuno ha pensato che Giorgia Meloni fosse solo una piccola sovranista e invece abbiamo appurato che invece rappresenta proprio un nuovo paradigma della destra europea, addirittura Politico.com ha parlato di sovranismo occidentale”, spiega ancora Procaccini, non solo co-presidente del gruppo Ecr al Parlamento europeo, ma uno di quelli che a Bruxelles ha lavorato da tempo per una legittimazione (politica e personale) dinanzi ai vertici europei. Secondo l’eurodeputato appena rieletto, Ecr punta evidentemente a crescere, ma crescere con qualità: “Stiamo facendo quello che deve esser fatto per cercare di ingrandire il nostro gruppo, ma non a scapito della qualità e dei contenuti, per cui cerchiamo sempre una certa coerenza rispetto a chi è interessato a entrare in Ecr. Quindi incontriamo, valutiamo e poi si deciderà”.

Al di là di chi potenzialmente salirà sul carro dei vincitori, aggiunge, è questo il momento di sottolineare le tesi meloniane, ovvero ricordare una novità di nome Giorgia Meloni, che nessuno aveva immaginato prima: “Ho letto tempo fa su un prestigioso organo di informazione straniero, per la verità mai tenero nei nostri confronti, che Meloni è diventata un modello che probabilmente mancava. È un modello, naturalmente, che ha delle similitudini con altri. Penso ai Tories inglesi, o a Margaret Thatcher, o a Reagan negli Stati Uniti. Voglio dire che mancava comunque qualcosa di simile: oggi c’è ma prima non c’era e adesso bisogna farci i conti perché è diventato anche un modello attrattivo”.

Modello attrattivo

Il riferimento è ad altre realtà, come ad esempio la Cdu tedesca, che ha deciso di prestare maggiore sensibilità a tematiche su cui Ecr è da tempo impegnata, come l’immigrazione, la lotta alla contraffazione, una transizione energetica non ideologica. “Per onestà intellettuale devo dire che lì c’è anche la dinamica interna che gioca un ruolo, ma oggettivamente al netto delle tattiche nazionali, oggi vedo una destra presentabile che è stata salda nei propri convincimenti però al tempo stesso non è una destra che si chiude in se stessa, per non parlare del riferimento al fascismo che altri hanno voluto immaginare. È una destra tradizionale ma nello stesso tempo moderna e nuova: posso dire che questo è per me un grande orgoglio, forse rappresenta il risultato più eclatante per noi, anche se meno visibile dai nostri concittadini. Ma per me, che ogni mattina leggo sulla rassegna stampa ciò che si dice dell’Italia nel mondo, è una grande soddisfazione vedere che i più importanti analisti ci riconoscono un risultato”.

Diritto di rappresentanza

Cosa è cambiato rispetto a cinque anni fa? Secondo Procaccini è maturato un diritto di rappresentanza anche da parte chi la pensa diversamente ma riconosce una straordinaria efficienza anche personale di Giorgia Meloni. “Perché poi, al netto dei pensieri profondi a cui noi siamo affezionati, serve anche chi se li carica fisicamente sulle spalle, fa vincere le elezioni ed è capace di esercitare la propria influenza nei meeting internazionali. È questo è il talento di Giorgia, che è una variabile prepolitica”.

Un modello che è seguito anche da altri soggetti di destra come il Rassemblement National di Marine Le Pen che, ad esempio, ha deciso di allontanare dal gruppo europeo Identità e democrazia i tedeschi di AfD o che, proprio in queste ore post elettorali con le elezioni anticipate francesi alle porte, prova a ripercorrere i passi di FdI. “In questo senso possiamo dire che la destra di Giorgia Meloni e dei conservatori italiani sta facendo scuola in teatri fino a ieri per noi inimmaginabili come quello francese. Noi abbiamo un modello di centrodestra che ha trent’anni di vita e ha superato le sue crisi. Quindi chiaramente abbiamo un vantaggio da questo punto di vista che altri non hanno, però tutti hanno capito che in qualche modo prima o poi bisogna partire con quel tipo di impostazione, perché la sinistra ha un solo modo per vincere le elezioni: cioè dividere la destra e demonizzare una parte in modo che la rimanente parte sia costretta ad andare unita. Per cui – conclude – nel momento in cui si riesce a evitare tale divisione si imposta un modello politico, che è fatto anche di diversità, ma che può convivere bene al governo”.

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