Sullo sfondo di queste elezioni europee, la possibilità di un governo politico, dopo anni di larghe intese, così come è accaduto in Italia dopo le scorse elezioni politiche. Cosa ha detto la presidente del Consiglio nel suo discorso di chiusura della campagna elettorale da Piazza del Popolo
“Ho rinunciato a tutto, state al mio fianco e andrò avanti”. Non è il solito comizio di chiusura, quello che Giorgia Meloni ha fatto in Piazza del Popolo a Roma alla vigilia delle elezioni europee che si terranno tra una settimana. Ma un doppio invito a cittadini e analisti.
Primo, il rinnovo dell’europarlamento questa volta è molto più denso di significati rispetto al recente passato, perché forse per la prima volta la destra ha l’occasione di trasformarsi, come già fatto in Italia, da forza di protesta a forza di governo (e farlo alla luce di due gravissime crisi che imperversano dentro e fuori i confini dell’Ue). Lo dicono i numeri degli ultimi sondaggi, secondo cui è oggettivamente possibile, per formare una maggioranza, un’alleanza tra Ppe e le destre di Id e Ecr.
Secondo: la contrapposizione, politica, è tra due modelli di Ue agli antipodi, ovvero gli Stati Uniti d’Europa e l’Europa delle Nazioni. Due proposte diverse, distinte e con punti di caduta completamente differenti. Quindi la possibilità concreta che l’Ue, legittimamente, prenda una strada o l’altra. Quindi la possibilità di un governo politico, dopo anni di larghe intese, così come è accaduto in Italia dopo le scorse elezioni politiche. Quindi la possibilità che proprio alla luce della scelta che verrà effettuata, si potrà finalmente riformare ciò che in Europa va riformato, per sanare criticità e addrizzare il tiro su una moteplicità di indirizzi.
Il green, l’auto elettrica, l’agricoltura, la grandezza delle reti da pesca, la postura verso gli altri big player internazionali e i riverberi, nei singoli paesi, di decisioni prese a monte: a tutto questo si è rivolta Giorgia Meloni quando ha osservato che serve spiegare agli italiani quanto sia decisivo questo voto, “per troppo tempo non abbiamo dato il giusto peso a questo voto e lo abbiamo pagato, che ci piaccia o no”. Un passaggio, questo, nevralgico non fosse altro perché davvero questa volta, ha sottolineato, per imprimere una svolta serve recarsi alle urne.
E ha parlato non a caso di punto di svolta, quanto ai regolamenti, all’inefficacia negli scenari di crisi, ai miglioramenti da apportare ad una infrastruttura comunitaria che potrebbe portare squilibri quanto a iniziative come l’efficientamento energetico delle abitazioni: “L’ Ue potrà farci pagare 50-70 mila euro di tasca nostra o rispettare le specificità nazionali incentivando l’efficienza energetica senza obblighi insostenibili”.
Come, dunque, poter mettere in atto politiche utili e lungimiranti sulla sostenibilità ambientale, economica e sociale, sull’immigrazione incontrollata, sui ricollocamenti, sul controllo delle frontiere esterne bloccando le partenze?
Domande che la premier si è posta e ha posto dal palco, nella consapevolezza che come non c’è stata la tempesta nei mercati quando la leader di FdI è salita a a Palazzo Chigi, non ci sarà in caso di un voto europeo più orientato a destra.
Una scommessa comunque coraggiosa: sia nel caso in cui si realizzasse un exploit elettorale dei conservatori, che porterebbe l’Italia e Meloni a contare di più in Ue, ma dall’interno delle istituzioni comunitarie. Sia anche nel caso di un risultato normale, dal momento che comunque il numero degli eurodeputati cambierà rispetto all’ultimo quinquennio.