Tra una settimana i Grandi della Terra, sotto la guida di Giorgia Meloni, si riuniranno sulle coste pugliesi. Sui beni russi ci sarà quasi certamente un passo in avanti, ma per la pratica bisognerà parlarne con Belgio e Ungheria. Le elezioni europee sanciranno l’avanzata delle destre e governare l’Europa sarà molto difficile
Una settimana. E poi a Borgo Egnazia, resort costiero incastonato nella campagna fasanese, tra Bari e il Salento, si alzerà ufficialmente il sipario sul G7 a guida italiana, con Giorgia Meloni padrona di casa. Finita la girandola di summit collaterali e tematici alla due giorni pugliese, sarà l’ora delle decisioni e delle intese di ampio respiro. Dalla Russia alla Cina, passando per la transizione e l’industria, il tavolo è ricco di dossier su cui far convergere i Grandi della Terra. E uno dei temi caldi del G7 sarà proprio la gestione degli asset russi in Europa, sotto sequestro ormai da due anni.
Le diplomazie europee hanno trovato tre settimane fa un inaspettato accordo sulla monetizzazione dei 190 miliardi allocati nei forzieri del Belgio. Ma gli Stati Uniti hanno preteso di più, auspicando un accordo politico in seno al G7 per l’uso di tutti i 300 miliardi che Mosca detiene all’estero. Accordo che dal G7 di Stresa sarebbe anche uscito, se non fosse che gli indubbi ostacoli di matrice legale e anche finanziaria (i mercati vedrebbero tale mossa come un indebolimento del diritto internazionale) hanno finora impedito un’intesa finale e strutturale. Di questo e altro Formiche.net ne ha parlato con Matteo Villa, senior research fellow dell’Ispi, l’Istituto per gli studi di politica internazionale.
“Sulla questione degli asset, l’unica cosa che può fare il G7 è continuare a fare pressione affinché tutti i Paesi, anche fuori dal G7, si allineino. Non dobbiamo mai dimenticare che l’ultima parola, sul versante europeo, spetta al Belgio, in quanto Paese ospitante della società Euroclear che detiene i beni della Russia in Europa e presidenza di turno del Consiglio europeo e all’Ungheria, alla quale spetta dal primo luglio la prossima presidenza. Voglio dire, dal G7 può certamente uscire un input importante, ma poi nella pratica, serve una legge europea, su cui occorre il sì di tutti i Paesi dell’Unione, a livello di governo e non solo di diplomazie”, spiega Villa.
Il quale tiene conto dell’indubbio pressing degli Stati Uniti in questa direzione. “Il dossier degli asset russi può essere sia il progresso più importante del vertice di Puglia, sia il suo più grande fallimento. Mettiamola in questo modo, io mi aspetto dei progressi in questo senso dal G7 della prossima settimana, soprattutto sul piano politico. Ma su quello pratico non mi stupirei se, qualche Paese, in Europa, alla fine si mettesse a tentennare, con la scusa di attendere che la situazione, dentro e fuori il campo del conflitto, si chiarisca”.
Guardando indietro, Villa fa anche un bilancio dei summit italiani che hanno preceduto la riunione di Borgo Egnazia. “Questo G7 e i vertici precedenti, mi sono sembrati un po’ ingessati, bloccati, con posizioni contraddittorie tra di loro. Su un terreno, forse, c’è stata una maggiore convergenza, mi riferisco alla Cina. Non mi stupirebbe se dalla dichiarazione finale del G7 uscissero robusti passaggi dedicati alla concorrenza cinese. Credo che la Cina abbia avuto il potere di mettere sotto il tappeto le divergenze di vedute tra Europa e Usa, compattandone le strategie”. Impossibile, arrivati fin qui, non fare un riferimento ai dazi posti dagli Stati Uniti sulle auto elettriche cinesi.
“Non condivido l’apposizione di dazi, i veicoli cinesi sono molto competitivi, costano poco, l’Europa dovrebbe approfittarne. Finché la Cina non fa il grande passo, alzando i prezzi dopo aver demolito il mercato, bisognerebbe cogliere l’attimo. Quello della Cina, al momento, non è d’altronde vero dumping, semplicemente miglior capacità competitiva. D’altro canto, il Vecchio continente è sotto pressione da parte degli Stati Uniti, che da parte loro hanno agito, eccome”. Il discorso si sposta poi sulle elezioni europee, imminenti.
“Mi aspetto uno scenario molto frammentato, sarà molto complicato governare in futuro, con la grande coalizione di centro che perde pezzi. E non c’è nemmeno consenso unanime sul prossimo presidente della Commissione. Gli elettori sanciranno l’avanzata delle destre e degli euroscettici, l’ondata di destra sembra effettivamente concretizzarsi per le imminenti elezioni e lo sa bene l’Austria, prossima non solo al voto europeo, ma anche alle elezioni legislative nazionali in autunno. I sondaggi prevedono un vantaggio netto per il FPÖ, il partito russofilo ed euroscettico guidato da Herbert Kickl, che annuncia di voler dare un freno alle ingerenze europee negli affari nazionali. Estrema destra che in Finlandia è già al potere, grazie al compromesso da parte del Kokoomus di Orpo con il partito populista dei Veri finlandesi. Credo che i prossimi cinque anni vedranno un’Europa molto, ma molto, complicata”.