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Le mani di Pechino sui porti della Georgia

Il governo di Tbilisi affida la costruzione del nuovo porto di Anaklia a un consorzio compartecipato dalla Repubblica Popolare, che espande la sua presenza nel bacino del Mar Nero. Allontanando ulteriormente il Paese dall’occidente

Negli ultimi mesi l’estendersi della longa manus di Mosca sulla Georgia, processo che ha raggiunto il suo apice con l’approvazione della foreign agents law, è stato al centro delle attenzioni occidentali e non solo. Più sottotraccia, invece, sono passati gli sforzi di Pechino per costruire una presenza nell’area. Eppure, questi sforzi sono più che concreti.

A fine maggio il ministro georgiano dell’Economia e dello Sviluppo sostenibile Levan Davitashvili ha annunciato che un consorzio di imprese della Repubblica Popolare (e di Singapore) costruirà il nuovo porto d’altura di Anaklia, nella parte occidentale del Paese. Questo porto, sito in una posizione strategicamente importante lungo la costa del Mar Nero, offrire l’opportunità di competere con altri porti (georgiani e non solo) all’interno dello stesso bacino.

L’interesse della Repubblica Popolare per il porto di Anaklia ha origine nel 2018, anno in cui sono cominciate le discussioni sulla fattibilità del progetto. Il governo di Tbilisi dovrebbe rimanere comunque azionista di maggioranza del progetto, detenendo (direttamente o tramite una società statale) una quota di proprietà del 51% nell’infrastruttura portuale, mentre la società straniera deterrà una quota di minoranza del 49%.

Il fatto che il consorzio cinese sia riuscito ad accaparrarsi l’appalto, in concomitanza con il ritiro delle imprese statunitensi dal progetto, indica inoltre come gli Stati Uniti stiano perdendo terreno in questo settore a vantaggio di Pechino. Ed è degno di nota anche il fatto che la China Communications Construction Company (l’entità cinese coinvolta nell’appalto in Georgia) sia stata inclusa già nel dicembre del 2020 nella “lista” dell’Ufficio per l’industria e la sicurezza degli Stati Uniti sugli enti da monitorare, per aver permesso alla Repubblica Popolare di “reclamare e militarizzare avamposti contesi nel Mar Cinese Meridionale, il che è stato dannoso per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti”.

L’assegnazione del contratto per la costruzione del porto di Anaklia alla compagnia cinese evidenzia una tendenza decennale alla crescita della partnership tra Tbilisi e Pechino, culminata nell’adesione ufficiale della Georgia alla Belt and Road Initiative nel dicembre del 2016. Nel 2023, la relazione tra i due Paesi è stata ulteriormente cementata con la firma di un partenariato strategico in seguito all’incontro bilaterale tra l’allora primo ministro Irakli Garibashvili e il Segretario del Partito Comunista Cinese Xi Jinping nel luglio dello stesso anno. Lo sviluppo più recente è avvenuto ad aprile di quest’anno, quando i due Paesi hanno firmato un accordo di esenzione dal visto che consente ai cittadini georgiani di entrare in Cina senza visto per un massimo di trenta giorni.

Come fa notare Lea Thome sul sito della Jamestown Foundation, è interessante notare come la nuova legislazione georgiana sull’influenza straniera “non abbia ancora esteso i propri effetti al controllo delle società straniere e degli investimenti esteri nell’economia georgiana. Poiché questa legge è ampiamente intesa come parte di un più ampio orientamento della politica georgiana lontano dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea, è improbabile che gli investimenti della Repubblica Popolare nel Paese ne risentano. Semmai, potrebbero aumentare nei prossimi anni”.


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