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Quanto guadagna un giornale da ogni click? L’analisi di Google e Pwc

Big G ha commissionato un report per valutare l’impatto del traffico web. Naturalmente i risultati variano da Paese a Paese, a seconda dei lettori e delle strategie digitali delle testate. Ma nel complesso, emerge un’evidenza positiva da accompagnare anche a scelte politiche coraggiose

Sempre più persone si informano sul web. Una tendenza che non sorprende, ma su cui bisogna riflettere. Gli editori lo stanno ovviamente già facendo, rimodellando le loro strategie e reindirizzando le loro risorse. C’è da ripensare un intero settore, dove la carta stampata ha un ruolo sempre meno marginale a favore del digitale, per cui occorrono nuovi strumenti. Dal rapporto commissionato da Google e redatto da Pwc, pubblicato a inizio mese, è emersa una verità di conferma: a fare la differenza sono il volume e la quantità del traffico, tanto quanto la capacità di engagement con gli utenti.

Ormai la percentuale di coloro che aprono uno smartphone o un computer piuttosto che andare in edicola è cresciuta a dismisura, arrivando al 70% in base ai dati raccolti nell’analisi. Non per forza si scaricano le app delle varie testate, visto che anche i social media svolgono un ruolo centrale. Da un altro rapporto, quello di Reuters, solo il 13% dei lettori compra ancora un giornale di carta, mentre il 40% ha indicato nelle piattoforme online il suo mezzo per restare al passo con le notizie – un dato interessante è che la fascia di età compresa tra i 18 e i 24 anni legge più cartacei degli over 55 (19% contro il 15%).

In generale, rileva Pwc, tra il 2021 e il 2022 gli editori hanno conosciuto un incremento medio nei ricavi digitali pari al 7,5% proprio dovuto al traffico sui vari siti web. Per ogni click, una testata guadagna in generale tra 0,06 e 0,08 dollari.

I numeri sono reali in quanto sono stati presi in esame 218 aziende in 38 paesi differenti, con un pubblico di lettori variegato e strategie diverse di abbonamento. Tutte variabili che hanno un peso tutt’altro che indifferente sul risultato finale. Naturalmente, questo cambia a seconda di dove ci si trova. Se siamo in un paese industrializzato, allora il guadagno per ogni singola cliccata ammonta tra 0,08 e 0,10 dollari. Al contrario, se prendiamo in questione un paese in via di sviluppo dove il guadagno pro capite è uguale o inferiore ai 13.845 dollari all’anno, allora l’incasso oscilla tra gli 0,02 e 0,04 dollari, meno della metà.

Anche il pubblico a cui ci si rivolge ha logicamente influenza. Se il giornale web ha un pubblico meramente nazionale, il guadagno è tra 0,05 e 0,07 dollari, molto di meno rispetto a chi ne ha uno sia nazionale che regionale (0,13 – 0,15 dollari), che supera anche chi ne possiede uno solamente locale (0,11 – 0,13 dollari).

Un aumento di traffico è stato inoltre registrato laddove ci fosse il paywall, che riscontrano introiti tra 0,12 e 0,14 dollari a click. Le testate che hanno un accesso ibrido, quindi sia con articoli a pagamento sia gratuiti, incassano circa la metà (0,06 e 0,08 dollari), mentre chi è totalmente free e non richiede un abbonamento guadagna per ogni entrata tra 0,04 e 0,06 dollari.

Questi risultati ci indicano che il rapporto tra editoria e tecnologia è già molto stretto e lo sarà ancor di più. Come suggerito nello stesso rapporto di Pwc, l’intelligenza artificiale può essere un ottimo strumento per aiutare a trovare nuove soluzioni che permettano di monetizzare quanto più possibile. Può essere una tipologia di abbonamento particolare, oppure un podcast invece che un filone di articoli scritti o altre tipologie di contenuti digitali.

Molto altro però deve arrivare dall’alto, ovvero dalla politica. La direttiva copyright varata dall’Unione europea nel 2019 e poi recepita dagli Stati membri è un segnale che corre proprio in questo senso, dando (o provando a dare) la giusta ricompensa agli editori, ma anche docenti, ricercatori e chiunque altro possa rivendicare il diritto di proprietà intellettuale. L’intento era sanare il vuoto normativo per dividersi i profitti, portando a stipulare nuovi contratti tra Big Tech ed editoria. “È giusto che ci sia una logica distributiva, l’editoria di qualità richiede una compensazione bilanciata”, sottolineava su Formiche.net il ceo di Sensemakers (ComScore-Italia), Fabrizio Angelini. Tuttavia, spiegava al tempo, “non mi immagino impatti dirompenti sugli equilibri attuali. Certamente la normativa darà un suo contributo”.


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