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In Bolivia la democrazia ha retto, ma è ancora fragile

Il tentativo di colpo di stato avviato dall’ex-capo delle forze armate sembra essere completamente rientrato. Ma l’instabilità politica continua ad essere un tema per il Paese

“Oggi il Paese si trova di fronte a un tentativo di colpo di Stato. Oggi il Paese affronta ancora una volta gli interessi per cui la democrazia in Bolivia viene tagliata. Il popolo boliviano è convocato oggi. Abbiamo bisogno che il popolo boliviano si organizzi e si mobiliti contro il colpo di Stato a favore della democrazia”. A pronunciare queste parole mercoledì 26 giugno è stato il presidente boliviano Luis Alberto Arce Catacora, parlando da un palazzo presidenziale circondato da soldati armati. Poche ore prima alcune unità militari guidate dal generale Juan Jose Zuniga, comandante in capo dell’esercito boliviano rimosso dal suo incarico il giorno precedente per le sue dichiarazioni contro l’ex-presidente Evo Morales, si erano radunate nella piazza centrale di La Paz, dove hanno sede il congresso e il palazzo presidenziale, per poi penetrare all’interno di quest’ultimo. Poche ore dopo, i soldati si sono ritirati dalla piazza, lasciandone il controllo alle forze di polizia, le quali hanno arrestato il generale Zuniga (negando così le parole del leader militare, che aveva affermato di godere del sostegno delle forze dell’ordine).

Quest’episodio non arriva ex abrupto. Le tensioni sono cresciute in Bolivia in vista delle elezioni generali del 2025, con l’ex presidente Evo Morales che intende candidarsi contro l’ex alleato Arce, andando a inficiare l’unità del partito socialista attualmente al governo e aggravando l’instabilità politica. Una parte significativa della popolazione è avversa ad un eventuale ritorno di Morales, che ha governato dal 2006 al 2019, quando è stato estromesso in mezzo a proteste diffuse e sostituito da un governo conservatore ad interim. Arce ha poi vinto le elezioni nel 2020.

Prima dell’attacco al palazzo presidenziale, Zuniga si era rivolto ai giornalisti in piazza e aveva parlato della crescente rabbia nel Paese andino, che sta lottando contro un crollo economico con l’esaurimento delle riserve della banca centrale e la pressione sulla valuta boliviana a causa del prosciugamento delle esportazioni di gas. “I tre capi delle forze armate sono venuti a esprimere la nostra costernazione. Smettete di distruggere, smettete di impoverire il nostro Paese, smettete di umiliare il nostro esercito” aveva detto Zuniga a favore delle telecamere.

Sia sul piano interno che su quello internazionale, diverse sono state le manifestazioni di sostegno ad Arce e alla democrazia boliviana. “Esprimiamo la più ferma condanna del tentativo di colpo di Stato in Bolivia. Il nostro totale appoggio e sostegno al presidente Luis Alberto Arce Catacora”, ha dichiarato il presidente messicano Andres Manuel Lopez Obrador su X; sullo stesso social si è espressa l’ex presidente Jeanine Anez, imprigionata nel 2022 tra le turbolenze politiche.

“Rifiuto pienamente la mobilitazione dell’esercito In Plaza Murillo nel tentativo di distruggere l’ordine costituzionale. Il Mas con Arce ed Evo deve essere sconfitto attraverso il voto nel 2025. Noi boliviani difenderemo la democrazia”. Mentre il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva a dichiarato mercoledì ai giornalisti che “i colpi di Stato non hanno mai funzionato”. E anche gli Stati Uniti hanno dichiarato di monitorare attentamente la situazione, invitando alla calma e alla moderazione.


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