Skip to main content

Modi al G7 cerca la sponda stabile di Meloni. Ecco perché

Il premier indiano Modi cerca una sponda europea per spingere i piani economici del suo nuovo governo. Meloni e l’Italia possono essere sufficientemente stabili per tali progetti. Così le dinamiche passano dal G7

Tra le ragioni per cui il primo ministro indiano, Narendra Modi, ha cercato di giurare rapidamente dopo aver ottenuto dalle recenti elezioni il suo terzo, storico mandato, c’era la volontà di arrivare al G7 come leader in carica. Modi non solo ha raccolto l’invito italiano a partecipare alle discussioni annuali del gruppo, ma arriva a questo summit con la squadra dell’esecutivo già formata — dunque con le idee chiare per l’azione politica del prossimo quinquennio. È fondamentale per l’indiano.

Il governo italiano ha voluto internazionalizzare il vertice di Borgo Egnazia, invitando a partecipare vari attori esterni (dall’India al Golfo, dall’Africa all’Indo Pacifico), dimostrando che il gruppo è aperto al dialogo: e Modi ha chiaramente percepito l’importanza di esserci. D’altronde, deve trasmettere un’immagine di stabilità in continuità con la sua azione internazionale, nonostante la contrazione del consenso uscita dalla urne. Questo perché a livello di attività in politica estera il “Modi 3.0” sarà esattamente simile alle prime due versioni precedenti, ossia seguirà la traiettoria che ha portato l’India a essere tra i poli del sistema multipolare delle dinamiche globali in costruzione.

Partecipare al G7 significa incontrare la porzione più vitale dei leader del mondo delle democrazie, dove Modi e l’India intendono collocarsi (seppure con distinguo e proprie, storiche e future, singolarità e priorità). Collocazione legata anche alla necessità di fronteggiare la competizione con la Cina (che diventa sempre più aggressiva e militarista) e di sganciarsi da alcune dipendenze negli anni create con la Russia (soprattutto nel mondo degli armamenti, ma anche in quello energetico). L’India intende in definitiva essere parte attiva nella ricomposizione della globalizzazione — i cui termini politici sono sempre più interconnessi a quelli economico-commerciali — che passerà da concetti come de-risking e friendshoring. Anche perché Modi identifica nei prossimi cinque anni il momento cruciale per la storia dell’economia indiana.

E qui il ruolo italiano non è indifferente. Il primo ministro indiano trova al tavolo pugliese una serie di leader che vivono oggettive difficoltà: la Francia rischia a breve di avere un parlamento d’opposizione dopo che Emmanuel Macron ha convocato le elezioni per responsabilità istituzionale davanti alla debacle nelle Europee; la Germania ha in Olaf Scholz un cancelliere indebolito anche dal consenso ricevuto dalla destra estremista dell’AfD; il Regno Unito a breve sarà probabilmente guidato da visioni di segno opposto rispetto all’attuale governo; Joe Biden deve reggere l’impatto di Donald Trump per confermare un nuovo mandato; Giappone e Canada vivono problemi politici interni non indifferenti.

In questo quadro, Giorgia Meloni appare stabile alla guida del governo italiano e proietta davanti a sé altri tre anni di leadership, con altri potenziali per un nuovo mandato. Modi vede la sovrapposizione con il suo quinquennio futuro e trova in Roma una sponda preferenziale, frutto delle contingenze. Rafforzata anche a livello di rappresentanza europea, Meloni ha spazi di manovra tra Commissione ed Europarlamento che intercettano l’attenzione di New Delhi. In particolare, Modi potrebbe sfruttare l’empatia personale con Meloni (vedi alla voce “#Melodi”) per dare spinta al processo per la costruzione di dell’accordo di libero scambio (FTA) tra Ue e India di cui si discute da tanto.

In tale intesa, non solo l’Unione europea troverebbe una dimensione in più per i progetti di de-risking immaginati e l’India parte delle ambizioni economiche per il prossimo lustro, ma c’è anche un interesse diretto per l’Italia. Vada come vada il voto parlamentare francese, Macron — finora riferimento europeo numero uno per l’India — ha davanti a sé non più di due anni di presidenza, poi il voto seguirà dinamiche che sono attualmente complesse da prevedere. Modi invece, già oggetto di equilibri delicati in casa, cerca all’estero sponde stabili. E come detto al momento il governo italiano tale appare. Progetti come Imec hanno bisogno che la stabilità si traduca in fatti, e l’FTA tra India e Ue è uno dei fatti che renderanno il corridoio effettivamente efficace. Meloni può essere leva in certi processi.

×

Iscriviti alla newsletter