Per l’esperto del Middle East Institute di Washington, la partecipazione dell’Italia a grandi progetti di connettività internazionale come Pgii e Imec, o iniziative come il Piano Mattei, spiegano che Roma intende essere parte delle dinamiche della nuova globalizzazione
“Il Piano Mattei dell’Italia e il suo coinvolgimento nelle iniziative del Corridoio economico India-Medio Oriente-Europa (Imec) testimoniano la lungimiranza strategica di Roma in un panorama globale in rapida evoluzione”, ragiona Mohammed Soliman, direttore dello Strategic Technologies and Cyber Security Program del Middle East Institute di Washington e tra i massimi esperti di connettività globale e teorizzatore dei costrutti geostrategici dietro al minilaterale I2U2 e Imec, che Formiche.net invita a un ragionamento ampio su come il processo di revisione della globalizzazione sia stato uno dei temi dominanti anche nel G7 a guida italiana che si sta concludendo.
E l’Italia, sfruttando nello specifico il ruolo di presidenza del gruppo e più in generale la sua connotazione geostrategica, è parte attiva in certe dinamiche che stanno già segnando, e segneranno, gli affari globali. “Partecipando attivamente a queste iniziative, l’Italia si sta posizionando come attore centrale nella regione indo-mediterranea, o in quello che Roma chiama ‘Mediterraneo allargato’, facendo leva sulle sue prospettive geografiche ed economiche per accrescere la sua influenza e le sue prospettive economiche”, aggiunge Soliman.
Qui un primo, cruciale elemento: il concetto di “Mediterraneo allargato” va sostituito o in qualche modo esteso a quello di “Indo Mediterraneo”, frutto di un mondo sempre più interconnesso e ampio. Crescono le sfide, si moltiplicano le opportunità.
La guerra in Ucraina, prima ancora il Covid, ma anche l’aumento dell’assertività cinese e del tono della competizione tra potenze, la costruzione di un sistema multipolare e l’acida diffusione della narrazione anti-occidentale da parte di un insieme di Paesi che trovano sintesi nella volontà di sostituire il modello democratico che regola la governance internazionale, e ancora le iniziative violente di gruppi armati non statuali come gli Houthi, la diffusione di attività criminali e destabilizzanti nel dominio cyber, come pure lo sviluppo rapido di nuove tecnologie esplosive (l’AI su tutto) e la concretizzazione degli effetti dei cambiamenti climatici sono alcuni dei grandi fattori che stanno portando alla rimodellazione del mercato internazionale, dei commerci e degli scambi, delle catene di approvvigionamento e in definitiva stanno plasmando una nuova globalizzazione, dove concetti come de-risking, nearshoring o friendshoring saranno fondamentali. Una globalizzazione dove la sicurezza sarà l’elemento centrale — d’altronde, la ricerca di posizioni comuni del G7 che vanno dalla overcapacity cinese alla guerra ucraina si lega anche a un sempre maggiore allineamento, anche geoeconomico, tra Russia e Cina.
E c’è consapevolezza che per evitare che queste sfide scivolino in tensioni, crisi e guerre, ossia per vincere la competizione tra potenze, serva agganciare ai progetti di sviluppo quel Global South sempre più importante nel quadro delle dinamiche internazionali. In che modo il partenariato del G7 per le infrastrutture e gli investimenti globali (macro-progetto comunemente riassunto con l’acronimo “Pgii”) mira a migliorare la connettività globale, in particolare nei mercati emergenti?
“Concentrandosi su infrastrutture sostenibili e di alto livello, il Pgii mira a colmare il divario infrastrutturale nei Paesi in via di sviluppo, favorendo così la crescita economica e l’integrazione nell’economia globale. Inoltre, il Pgii vuole essere un’alternativa agli investimenti cinesi nei mercati emergenti”, risponde Soliman.
Progetti come il Corridoio di Lobito, piano infrastrutture al centro dell’Africa (di cui anche l’Italia è partner), sono un esempio di come il G7 sta usando le sue capacità anche in ottica di confronto con Pechino. Qual è dunque l’impatto del Pgii nella ristrutturazione delle catene di approvvigionamento globali e nella diversificazione/de-risking delle rotte commerciali?
”Uno degli obiettivi principali del Pgii è proprio la diversificazione e la riduzione del rischio delle catene di approvvigionamento globali. Negli ultimi anni, le tensioni geopolitiche, i disastri naturali e la pandemia hanno messo in luce le vulnerabilità delle catene di approvvigionamento globali. Il Pgii affronta questi problemi promuovendo progetti infrastrutturali resilienti in grado di resistere a tali perturbazioni. Ciò include investimenti in infrastrutture digitali, come reti a banda larga e data center, che sono fondamentali per l’economia moderna”.
Durante la sessione dedicata alla connettività dell’incontro di Borgo Egnazia, è diventato evidente come il Piano Mattei possa essere un volano per il Pgii, che a sua volta diventa un propulsore per il piano italiano: in che modo il coinvolgimento dell’Italia dall’Africa a iniziative come Imec, e in generale nella regione geostrategica indo-mediterranea, rafforza la sua posizione strategica in questi nuovi progetti globali?
“Il Piano Mattei si concentra su iniziative di sviluppo in Africa, allineandosi perfettamente con i legami storici e gli interessi contemporanei dell’Italia nel Mediterraneo e oltre. Creando un nuovo corridoio commerciale che collega l’India, il Medio Oriente e l’Europa, Imec mira a ridurre la dipendenza dalle rotte commerciali tradizionali e a mitigare i rischi associati alle tensioni geopolitiche. La partecipazione dell’Italia sottolinea il suo impegno a migliorare la connettività e il commercio all’interno del Mediterraneo”, commenta Soliman.