Rapporti bilaterali, collaborazione in ambito G7, cooperazione in Paesi terzi (come l’Africa). L’ambasciatore Fanara ragiona con Formiche.net sulle relazioni tra Roma-Abu Dhabi e su quanto ormai gli Emirati siano diventati un player globale
Recentemente l’ambasciata italiana negli Emirati Arabi Uniti ha ricevuto l’ambito “Excellence Award” del ministero degli Esteri emiratino. È sicuramente frutto di un lavoro eccellente svolto dal team guidato dall’ambasciatore Lorenzo Fanara, che ha permesso anche il recupero di una relazione fondamentale per l’Italia. Un’importanza resa ancora più evidente dall’invito — subito accettato — al vertice dei leader del G7, in programma la prossima settimana, che il governo italiano ho rivolto al presidente Mohammed bin Zayed. La presenza di bin Zayed al G7 a guida italiana conferma la capacità di rappresentanza internazionale raggiunta ormai dagli Emirati e l’attuale qualità delle relazioni Roma-Abu Dhabi, come analizza con Formiche.net l’ambasciatore Fanara, dall’ottobre 2022 alla guida della sede diplomatica italiana negli Emirati.
Come sono adesso i rapporti tra i due Paesi?
I rapporti bilaterali sono eccellenti. Il premio ricevuto nei giorni scorsi dal ministro degli esteri emiratino, Abdullah bin Zayed, è il riconoscimento di questo livello di eccellenza. La qualità dei rapporti bilaterali è evidente nel settore politico, dove abbiamo registrato 18 visite di esponenti del governo in 18 mesi. Il presidente [Giorgia] Meloni, il vice presidente e ministro Antonio Tajani e il ministro Guido Crosetto sono venuti ciascuno per ben due volte negli UAE. Il nostro export nel Paese ha superato i sei miliardi e mezzo nel 2023: più di quanto esportiamo in Paesi molto più grandi come l’India o l’Egitto. Stiamo rispondendo anche a una fortissima domanda di cultura italiana: lo scorso dicembre, con il supporto di Eni Plenitude, abbiamo portato per la prima volta negli Emirati l’orchestra del Teatro alla Scala e a gennaio il Festival Pucciniano ha fatto registrare il tutto esaurito ad Abu Dhabi.
Quali sono i settori di cooperazione strategica in cui Roma e Abu Dhabi stanno lavorando maggiormente
Innanzitutto, stiamo lavorando intensamente da mesi per dare una risposta umanitaria al conflitto a Gaza. Emirati e Italia sono stati in prima linea per mitigare le sofferenze della popolazione palestinese. Il ministro Tajani ha lanciato l’iniziativa “Food for Gaza” e gli emiratini sono stati altrettanto protagonisti con l’invio di ingenti aiuti nella Striscia. Abbiamo cooperato nel settore dell’assistenza sanitaria, inviando ad Abu Dhabi team medici italiani che hanno eseguito delicati interventi chirurgici su bambini palestinesi evacuati da Gaza. Un altro settore di stretta cooperazione è l’Africa. Mohamed bin Zayed ha partecipato lo scorso luglio alla conferenza su migrazioni e sviluppo tenutasi alla Farnesina, che ha lanciato il “Processo di Roma”. In quella occasione, gli UAE si sono impegnati a contribuire con 100 milioni di dollari. Le interlocuzioni con gli EAU sull’Africa continuano e saranno oggetto di intensa cooperazione anche nei prossimi mesi, a partire dal Summit G7 di Borgo Egnazia dove Mohamed bin Zayed è stato invitato.
Come detto, il presidente bin Zayed ha accettato l’invito della presidente del Consiglio Meloni e parteciperà al G7 a guida italiana della prossima settimana. È una consacrazione del ruolo globale che ormai gli emirati svolgono?
Assolutamente sì. Ma è anche un segnale dell’eccellente rapporto personale tra i due leader. Vi è ora grande consapevolezza in Italia che gli Emirati possono svolgere un ruolo significativo nella soluzione di varie crisi internazionali. Gli UAE sono poi in prima linea nelle nuove sfide globali. Dal clima, avendo ospitato la COP28, al tema sempre più centrale dell’intelligenza artificiale. Lo dimostrano i massicci investimenti di Abu Dhabi nel settore e da ultimo l’accordo concluso dalla società emiratina G42 con Microsoft. Non è un caso che anche l’intelligenza artificiale sarà al centro delle discussioni con gli EAU a Borgo Egnazia.
Da Imec alle trattative per gli ostaggi in Ucraina, fino al dialogo regionale, Abu Dhabi è sempre più attivo sul piano internazionale: quali sono le ragioni per cui lo standing emiratino è cresciuto così solidamente negli ultimi anni?
La ragione principale è la visione della leadership emiratina, fondata sulla volontà di rendere il Paese un ponte tra Europa, Africa e Asia. In questa sfida, gli Emirati si rendono conto dell’importanza di investire in connettività, che sia Imec o il progetto ferroviario con Iraq, Turchia e Qatar per collegare con ferrovie il Golfo all’Europa. O che sia la capacità dei loro porti e aeroporti. Società come Abu Dhabi Ports e DP World investono moltissimo in porti africani. Il nuovo aeroporto di Abu Dhabi, all’avanguardia, è stato inaugurato da pochi mesi ed è diretto dall’italiana Elena Sorlini. Dubai ha poi annunciato il progetto per la realizzazione di un nuovo aeroporto, destinato a diventare il più grande al mondo. Gli Emirati hanno anche favorito un clima particolarmente favorevole agli investimenti, riuscendo ad attirare molti capitali stranieri e proponendosi come un nuovo centro finanziario e commerciale. Senza dimenticare, naturalmente, i massicci investimenti esteri degli stessi Emirati, che possono contare su fondi sovrani tra i più ricchi al mondo. Sotto il profilo diplomatico, poi, la politica estera emiratina è stata negli ultimi anni molto pragmatica, diretta alla cooperazione e al dialogo con tutti gli attori. Alla base di tutto ciò, vi è un approccio lungimirante sulla tolleranza e sul dialogo interreligioso. Ne è un valido esempio la nuova Casa della Famiglia Abramitica realizzata ad Abu Dhabi, che mette insieme una moschea, una chiesa cristiana e una sinagoga. Il ministro Tajani è stato il primo ministro straniero a visitare questo luogo dove culto e politica estera si intrecciano.
Come può dunque l’azione politica di bin Zayed intercettare gli interessi del G7 e quindi anche dei singoli membri come l’Italia? Per esempio: gli UAE sono molto attivi in Africa, dove l’Italia proietta il proprio interesse strategico con il Piano Mattei: il continente è un buon paradigma per progetti di cooperazione incrociata, anche in Paesi terzi?
Certamente. L’Africa è un terreno di fertile cooperazione tra gli Emirati Arabi e l’Italia. Per entrambi i Paesi, è un continente prioritario. Per dare un’idea dell’impegno emiratino nel continente, basti pensare che Abu Dhabi è insieme alla Cina tra i primi investitori nel continente. Gli UAE sono dunque un partner indispensabile per lo sviluppo dell’Africa. Abu Dhabi è pienamente coinvolta nel Processo di Roma e non è un caso che la cooperazione in Africa sia al centro di molti confronti con gli emiratini anche in vista del vertice G7.