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La riforma dei Giochi è inevitabile. Ecco come secondo Pedrizzi

L’analisi di Riccardo Pedrizzi su come sia necessario rivedere l’attuale gestione del gioco d’azzardo, sia per rendere più efficace il processo di governance che per adattarlo al mutato contesto

Dobbiamo riconoscere che l’impostazione data dall’Agenzia agli Stati Generali dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli è pienamente condivisibile. Propedeuticamente sono stati offerti una guida ed un “appunto” equilibrato che mette a fuoco tutti i problemi sul tappeto del settore dei giochi: competenze, legislazione e normativa, distribuzione del gettito, trattamento, in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale, regole per la dislocazione dei punti di raccolta del gioco su rete fisica,  criticità sorte sul territorio a seguito dell’adozione, da parte degli Enti locali, di regolamentazioni stringenti e molto diversificate che impediscono all’Agenzia l’indizione delle gare per il rilascio delle concessioni. È stato aperto il dibattito fra i fautori del divieto tout court del gioco e coloro che non vorrebbero limitazione alcuna. Si tratta di due approcci opposti, fra i quali è necessario trovare un punto di equilibrio. Analizzare le altre esperienze europee e discutere eventuali proposte operative. Ci è stato offerta la lettura dello stato dell’arte del settore e ci sono stati chiesti suggerimenti e proposte.

Una parte delle istituzioni, e molta dell’opinione pubblica (specialmente tra i non giocatori), vive il tutto gioco come un autentico problema sociale, amplificandone emotivamente i numeri, le dimensioni e dunque portando a facili strumentalizzazioni della questione… Da ciò deriva che il focus attenzionale si sia spostato dall’effettivo oggetto di interesse – ossia il giocatore affetto da Gap – al fenomeno generico del gioco, che è di per sé oggetto neutro e spesso gestibile in modo aproblematico. La spinta normativa, conseguentemente, non si è concentrata sulla capacità di protezione, recupero e riabilitazione di questo genere di giocatore (che, lo si ricorda, rappresenta attualmente una minoranza della totalità dei giocatori), bensì su una sistematica lotta al gioco, con conseguenze inefficaci o addirittura negative, spesso proprio per quei giocatori che si intendeva proteggere.

Questo tipo di approccio al problema ha portato come conseguenza inevitabile di “stroncare l’offerta di gioco in quanto tale”: …“allontanare” l’offerta di gioco, disinibire il giocatore sociale, più che quello che ha già sviluppato una relazione problematica o patologica con il gioco; osteggiare, nel tessuto sociale cittadino, il gioco lecito, crea delle aree grigie facilmente colonizzabili dall’illegalità (“dove non c’è gioco legale arriva il gioco illegale”); depauperare il territorio dell’offerta di gioco fisica, può dirottare il giocatore verso forme di gioco online, più difficilmente controllabili e più pericolose dal punto di vista del monitoraggio. Fenomeno che puntualmente si è verificato in tutto il corso della pandemia.

È da questo giudizio, o meglio pregiudizio su come hanno operato le istituzioni e le politiche, che hanno riguardato tutto il mondo del gioco, criticato peraltro da tutti gli istituti di ricerca (Censis, Doxa, Eurispes ecc. ecc.) ma anche dell’Istituto superiore di Sanità e persino della Corte dei Conti, che bisogna partire.

La realtà viene spesso travisata, solo per fare un esempio, quando si confonde scientemente e dolosamente la raccolta complessiva, ovvero l’ammontare di tutte le puntate effettuate dai giocatori con le spese sostenute dagli italiani, tacendo che oltre l’85% ritorna come vincita ai giocatori ed un’altra buona parte viene trattenuta come gettito dello Stato, mentre solo una piccola resta a tutta la filiera (dal piccolo tabaccaio e dal barista al distributore ed al concessionario) come ricavi e non come utile d’impresa.

Il governo ha ravvisato finalmente la necessità di un riordino del settore, dando seguito agli impegni assunti in più occasioni, partendo dalla Conferenza Stato Regioni ed enti locali del 07/09/2017, ma anche dalle conclusioni votate pressoché all’unanimità al termine dell’“Indagine conoscitiva sul settore dei giochi”, che fu svolta dalla Commissione Finanze e Tesoro del Senato nel corso della XIV legislatura, presidente chi scrive, e da quelle della “Commissione d’inchiesta sul gioco illegale e sulle disfunzioni del gioco pubblico”, presidente Mauro Maria Marino, altrettanto condiviso da tutte le forze politiche della scorsa legislatura.

La normativa disegnata, ad un primo esame, appare ispirata alla stessa filosofia di fondo dei vari documenti: la salvaguardia dell’ordine pubblico, la tutela della salute del giocatore consumatore ed il forte contrasto alla criminalità organizzata. Si vuole provvedere: a) “alla introduzione di misure tecniche e normative finalizzate a garantire una piena tutela dei soggetti maggiormente vulnerabili, nonché a prevenire i fenomeni di disturbi da gioco d’azzardo (Dga) e di gioco minorile; l’obbligo della formazione continua dei gestori e degli esercenti, il rafforzamento dei meccanismi di auto esclusione del gioco”. Sono queste, recita la legge delega, le “caratteristiche minime che devono possedere le sale e gli altri luoghi in cui si offre gioco”.

Ci sembra molto importante, inoltre, la volontà del governo di voler definire “regole trasparenti e uniformi per l’intero territorio nazionale in materi di titoli abilitativi all’esercizio dell’offerta di gioco… riservando allo Stato la definizione delle regole necessarie per esigenze di ordine e sicurezza pubblica”. Una tale impostazione, come recita anche il documento della Commissione d’inchiesta potrà rappresentare la base per la tutela della legalità, anche per gli apparati dello Stato preposti al suo conseguimento con l’obiettivo di fornire alle Regioni e agli Enti locali – sulla scia degli accordi già condivisi ed approvati – una guida sulle azioni da intraprendere, in modo da allinearsi sugli obiettivi di legalità e di tutela della salute, pur nel rispetto delle competenze normative e amministrative che il Titolo V della Costituzione riserva alle autonomie territoriali, per le quali dovranno essere previsti stanziamenti di risorse adeguate almeno per compensare i costi derivanti dai costi sostenuti per le cure della dipendenza dai giochi, in base al principio di sussidiarietà.

Un documento imprescindibile è quello redatto dalla Corte dei Conti che aveva allargato il suo sguardo complessivo su tutti i riferimenti normativi in tema di contrasto al gioco d’azzardo patologico; sulle statistiche sul consumo di gioco d’azzardo condotte dall’Istituto di fisiologia clinica del Centro nazionale delle ricerche, quelle dell’Istituto Superiore di Sanità; sull’operatività del fondo per il gioco d’azzardo patologico; sull’andamento del mercato dei giochi con il quadro dei flussi finanziari e della disciplina fiscale in vigore; l’attuale contesto delle concessioni nella gestione dei giochi; il sistema dei controlli.

Ma, in particolare, aveva concentrato la propria indagine sui profili del giocatore problematico ed i relativi rischi a cui è esposto. Ma aveva messo altresì in evidenza la difficoltà a dare cifre precise circa il numero dei giocatori che vengono suddivisi in queste percentuali il 72,8% della popolazione di giocatori pratica gioco d’azzardo senza nessun problema di gioco, l’11,3% è un giocatore a basso rischio, il 7,6% a rischio moderato e l’8,3% dei giocatori evidenzia un profilo di giocatore problematico anche se «Il problema delle difficoltà di rilevazione dei dati è conosciuto da un decennio e allo stato attuale non si ha un quadro reale di quanti malati siano in cura presso le strutture ambulatoriali, quanti presso le strutture residenziali, quanti presso le strutture semiresidenziali. I magistrati della Corte dei Conti, inoltre auspicavano che venisse riconosciuto il ruolo economico dell’intero comparto, riconoscendogli una rilevante importanza in termini di occupazione, sviluppo tecnologico ecc. ecc. e non solo perché assicura allo Stato consistenti entrate, varando una legislazione che riesca a contemperare i confliggenti interessi pubblici, tesi al contrasto del disturbo da gioco d’azzardo ed al gioco illegale, tutelando altresì sia gli interessi dei conti pubblici sia le esigenze di un’industria, che vede coinvolte numerose aziende che danno occupazione a centinaia di migliaia di addetti, contribuiscono alla ricchezza nazionale, partecipano attivamente al processo di innovazione del nostro apparato tecnologico. E nello stesso tempo presiedono e garantiscono l’ordine e la salute pubblici.

Per questo il tema necessita di organiche soluzioni che passino anche attraverso un concreto e proficuo dialogo tra soggetti pubblici e associazioni delle imprese di categoria, per rendere il mercato maggiormente regolato ma anche di tipo concorrenziale. È del resto quel bilanciamento tra vari interessi ed esigenze che andiamo auspicando da anni.

Per quanto riguarda le proposte che si potrebbero avanzare, mi è difficile non ricordare quanto emerse nel 2003 al termine dell’Indagine conoscitiva che svolse la Commissione Finanze e Tesoro del Senato, quando il sottoscritto ne era il presidente, nelle conclusioni votate pressoché all’unanimità da tutte le forze politiche. In sintesi, la Commissione formulò le seguenti indicazioni sopratutto al fine di dare piena dignità al gioco pubblico, ampliando la percezione di un chiaro disvalore sociale del gioco clandestino, i cui proventi servono solo alla malavita organizzata.

1) ripristinare un diretto collegamento tra la vendita dei biglietti di concorsi pronostici, scommesse e lotterie e la destinazione sociale e culturale dei proventi erariali, anche con previsione di un sostegno diretto a determinate campagne sociali;

2) incrementare l’azione di contrasto del gioco clandestino, il cui significato strategico di tale indirizzo induce a ritenere essenziale un’opera di coinvolgimento pieno dei soggetti imprenditoriali e commerciali chiamati a cooperare con le autorità competenti e con le forze dell’ordine;

3) gestire unitariamente l’offerta dei giochi coprendo anche quella parte del gioco che attualmente è gestito dal mercato illegale, evitando sovrapposizioni e omogeneizzando le regole, la disparità di trattamento fiscale, di aggi e di condizioni di concessione;

4) all’azione di razionalizzazione organizzativa deve naturalmente accompagnarsi una decisa opera di semplificazione e riorganizzazione normativa e regolamentare: solo la redazione di un corpo di norme, sia di natura legislativa che regolamentare, attraverso l’emanazione di uno specifico testo unico, può consentire al settore di godere dei pregi della immediatezza, chiarezza, semplicità e conoscibilità delle norme. Anche per la G. d. F. “è fondamentale la razionalizzazione e la semplificazione del sistema sanzionatorio, che in materia di apparecchi da gioco ha visto, dal 2012, l’aggiunta e, in taluni casi, la sovrapposizione di nuove fattispecie a quelle già esistenti (art. 110, comma 9, del T.U.L.P.S.)”, aveva sottolineato il generale Giuseppe Arbore in sede di audizione in Commissione Parlamentare di inchiesta sul gioco illegale.

“Più in generale, si avverte l’esigenza di riorganizzare la normativa sul gioco con l’adozione di un Testo Unico che raccolga in un solo provvedimento le numerose disposizioni vigenti”, continuava il generale, “La disciplina di settore è oggi contenuta, infatti, in una serie di fonti frammentarie, stratificatesi, il che non agevola il rispetto delle regole da parte degli operatori e l’azione degli organi di controllo. Non meno importanti del riordino normativo del settore sono la formazione e la comunicazione, veri alleati per creare una cultura del gioco corretta, mettere in guardi dai rischi dell’illegalità, sensibilizzare la collettività e non isolare il giocatore che ha bisogno di aiuto”. (E’ una sciocchezza ad esempio il divieto di pubblicità previsto dal decreto di Dignità). “Il contrasto patrimoniale alla criminalità organizzata e la tutela del mercato del gioco sono componenti importanti per lo sviluppo della nostra economia, per il risanamento dei conti pubblici e, sopratutto, per la sicurezza dei cittadini”.

5) istituire il Registro Nazionale degli esclusi dal gioco.

Non vi e` dubbio che il richiamo ai valori etici e morali in forza dei quali occorre frenare un uso smodato del gioco dovrà costituire l’indirizzo fondamentale e unanime di tutta la filiera dei giochi. Ed ora parliamo di un’ultima questione strettamente economica, che interessa gli imprenditori, in particolare che rappresento: la crescita del Pil attesa è attribuibile al Pnrr. Per il 2024, infatti, la crescita dell’1% è collegata al Pnrr per il 90%. Nel 2022 il Pil italiano era pari ad Euro 1.909.154 milioni. La spesa degli italiani in prodotti di gioco è stata pari ad Euro 20.364 milioni. Il contributo al Pil, pertanto pari all’1.1%.

In altre parole, rinunciare al gioco pubblico lecito:

  • vanificherebbe gli effetti del Pnrr in tutta l’economia italiana;
  • significherebbe rinunciare a oltre 12 miliardi di Euro di gettito erariale senza considerare la redistribuzione di ricchezza che genera grazie ad esempio al lavoro che garantisce.
  • Tale gettito potrebbe essere urgentemente assicurato prendendo in esame la cosiddetta tassazione sul margine e non sul complessivo volume di giocato.
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