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Le bioplastiche compostabili sono una risorsa preziosa per l’Italia

Perché l’industria delle bioplastiche ha subito un rallentamento dovuto, oltre che alla congiuntura economica, a fenomeni di illegalità, alla diffusione delle stoviglie pseudoriutilizzabili, alla concorrenza sleale dei prezzi ad opera dei prodotti in arrivo dall’Estremo Oriente. I risultati del Decimo Rapporto sulla filiera italiana delle bioplastiche compostabili

Dopo anni di crescita costante, che hanno visto triplicare i volumi prodotti e raddoppiare fatturato, numero di addetti e aziende, l’industria delle bioplastiche ha subito un rallentamento dovuto, oltre che alla congiuntura economica, a fenomeni di illegalità, alla diffusione delle stoviglie pseudoriutilizzabili, alla concorrenza sleale dei prezzi ad opera dei prodotti in arrivo dall’Estremo Oriente, alla crescita del materiali non compostabili nella raccolta dell’umido e all’aumento della disinformazione.

Questa la fotografia che esce dal Decimo Rapporto sulla filiera italiana delle bioplastiche compostabili, presentato nei giorni scorsi a Roma da Assobioplastiche, Consorzio Biorepack e Consorzio Italiano Compostatori (Cic). Dal rapporto, realizzato dalla società di ricerca Plastic Consult, si rileva che il fatturato della filiera, nel 2023, è pari a circa 830 milioni di euro, in leggera flessione rispetto all’anno precedente. Calano anche i volumi complessivi dei manufatti prodotti: 121 mila tonnellate (-5,5% rispetto al 2022).

Tra i principali settori applicativi, le maggiori difficoltà sono state registrate nel comparto del monouso, “schiacciato tra la concorrenza sleale dello pseudoriutilizzabile e dalle importazioni di manufatti compostabili dal Far East. Positivo, invece, l’andamento per i prodotti legati alla raccolta dell’umido e i film per l’agricoltura. Cresce anche il numero delle aziende, 228 nel 2023. Sostanzialmente stabile il numero degli occupati, 3 mila circa. “La contrazione nel largo consumo, l’illegalità e la concorrenza sleale hanno frenato il settore”, ha detto Luca Bianconi, presidente di Assobioplastiche. “Allo stesso tempo continua ad aumentare l’importazione di shopper a basso costo e di dubbia qualità dall’Estremo Oriente, dietro alla quale si nasconde un probabile sostegno dei governi locali. Tutto questo rappresenta un dumping non più sostenibile, sul quale le autorità devono fare piena luce perché danneggia la sostenibilità economica delle produzioni nazionali”.

Rimangono, comunque, positivi i numeri delle attività di riciclo organico delle plastiche compostabili: nel 2023 il tasso è stato del 57% dell’immesso al consumo (oltre 40 mila tonnellate a fronte delle 78 mila immesse sul mercato). Un dato superiore agli obiettivi di riciclo fissati dalla normativa sia per il 2025 (50%) che per il 2030 (55%). Crescono anche i Comuni convenzionati con il Consorzio Biorepack, del sistema Conai: oltre 4600, dove risiedono 43 milioni e mezzo di abitanti. Agli Enti locali sono stati riconosciuti corrispettivi pari a circa 9 milioni e mezzo di euro (dato in linea con l’anno precedente) a copertura dei costi di raccolta, trasporto e trattamento degli imballaggi in plastica compostabile conferiti in raccolta differenziata insieme ai rifiuti domestici.

Non meno rilevanti i dati relativi alle attività di trattamento. I 155 siti di compostaggio distribuiti sul territorio nazionale, nel 2022 hanno trattato più di 5 milioni di tonnellate di rifiuto umido urbano, contribuendo alla produzione di compost con 1,44 milioni di tonnellate. Numeri di tutto rilievo anche dal punto di vista ambientale, come evidenziato anche dal Comitato Nazionale per la Biosicurezza e le Biotecnologie della Presidenza del Consiglio: ogni tonnellata di rifiuti organico che viene compostato anziché smaltito in discarica permette di evitare l’emissione in atmosfera di circa 1 milione e mezzo di tonnellate di CO2.

Nonostante questi ottimi risultati, vanno registrati alcuni fattori “che rappresentano un ostacolo incredibile alle capacità di crescita del settore del riciclo organico dei materiali compostabili e che compromettono le performance di produzione italiana del compost”, ha denunciato Marco Versari, presidente di Biorepack. “Soprattutto quelle frazioni estranee che sporcano la raccolta dell’umido che vanno separate prima del riciclo: questo fenomeno, ha proseguito Versari, danneggia i margini di crescita delle aziende a causa problemi economici e di gestione ai Comuni. Ecco perché ci aspettiamo interventi urgenti da parte del governo e delle autorità locali. A livello europeo, il nostro Paese deve farsi portavoce affinché la valorizzazione degli scarti umidi e compostabili sia uno dei cardini delle politiche ecologiche della nuova legislazione europea”.

Va ricordato, inoltre, lo stretto legame tra utilizzo dei materiali compostabili, corretta raccolta differenziata dei rifiuti organici e trasformazione in compost. Anche da questo dipende la possibilità di vincere le più importanti sfide ambientali, come ha ricordato Lella Miccolis, presidente del CIC :”Produrre compost dai rifiuti compostabili vuol dire valorizzare una frazione dei rifiuti domestici che rappresenta il 40% del totale. Questo prodotto tipico della bioeconomia circolare aiuta a riportare fertilità ai terreni agricoli, riducendo l’uso dei fertilizzanti di origine chimica. La raccolta obbligatoria dell’umido e dei materiali compostabili può offrire ampi spazi di crescita. Valorizzare e sostenere la produzione di compost è coerente con gli obiettivi che l’Unione Europea si è data in questi anni con la Mission Soil e con la direttiva approvata nelle scorse settimane dall’Europarlamento”.

A fronte della frenata registrata nel 2023, le previsioni per l’anno in corso sono improntate a cauto ottimismo, nonostante la congiuntura economica, caratterizzata da debole crescita ed elevati tassi di interesse. Ma a preoccupare gli operatori del settore sono altri aspetti ben noti agli addetti ai lavori, ancora sottovalutati nell’azione normativa. Come le tante forme di illegalità, soprattutto nella produzione di shopper e sacchetti per l’ortofrutta, la commercializzazione di borse per asporto realizzate in materiali non compostabili, contenenti “falsi e ingannevoli slogan ambientali che inducono in errore il consumatore”. E ancora, i cosiddetti pseudo-riutilizzabili, che “stanno aumentando di numero sugli scaffali di mercati e supermercati”: piatti, bicchieri, posate in plastica tradizionale che sono vietati dalla normativa sul monouso, ma che continuano ad essere commercializzati semplicemente perché auto-dichiarati come riutilizzabili.

Il nuovo Regolamento europeo sugli imballaggi lascia ampio spazio per lo sviluppo del settore che sarà visibile soltanto a medio termine. Ma per un concreto salto in avanti “occorre imprimere un cambio di marcia, a partire dalla politica e dalle scelte che farà l’esecutivo nei prossimi mesi”. Immediata la risposta dell’esecutivo per bocca della Viceministro al Ministero dell’Ambiente Vannia Gava: “a breve sarà convocato un tavolo di confronto per venire incontro alle istanze del settore e contrastare gli shopper non compostabili e i prodotti monouso in plastica spacciati per riutilizzabili. L’obiettivo è di tutelare un settore strategico per la nostra industria e la nostra economia”.



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