È il quattordicesimo pacchetto. Che fa cumulo alle decisioni prese durante il G7 in Puglia. Compresi i dazi verso la Cina di Europa e Stati Uniti. Crescono le perplessità del mondo finanziario. Mentre le imprese, soprattutto le piccole e medie, devono arrangiarsi. L’opinione di Maurizio Guandalini
Mentre la Corte dei Conti europea fa sapere che i paesi dell’Unione Europea solo nel 2022 hanno sborsato quattrocento miliardi di euro per ridurre l’impatto del rialzo dei prezzi dell’energia su famiglie e imprese, dopo lo stop all’importazione del metano russo, Bruxelles ha preso di mira le importazioni da gas da Mosca comminando altre sanzioni verso la Russia. Nonostante le perplessità di Germania e Ungheria che temono per gli eccessivi oneri a carico delle imprese europee. E’ uno stop severo al transito e alla riesportazione. Saranno colpite più di cento nuove persone ed entità. E renderanno più difficile l’elusione delle sanzioni.
Le sofferenze delle imprese
L’Europa e gli USA hanno imposto 14 pacchetti di sanzioni contro le società o personalità e settori russi. Il provvedimento, di nazionalizzazione, firmato lo scorso 26 aprile non riguarda solo l’Ariston ma è esteso ad altre 20 aziende europee, e questo è un segnale che la Russia manda all’Europa e ai paesi del G7. Molte grandi aziende europee hanno dovuto chiudere ogni rapporto con la Russia e il suo mercato. Altre hanno dovuto svendere con perdite rilevanti. Altre ancora hanno fatto accordi con lo Stato russo per potervi rientrare entro 5/6 anni o hanno deciso di continuare a pagare affitti e dipendenti nell’attesa del da farsi. Oltre agli ostacoli derivanti dalle sanzioni europee e dalle contromisure russe, le aziende, piccole e medie – leggiamo una testimonianza di un operatore carpigiano d’import-export pubblicata su La Voce di Carpi (n.14 del 10 maggio 2024) – , che hanno deciso di rimanere nel mercato russo dove hanno investito soldi e lavoro, hanno dovuto sopportare una vera e propria azione di overcompliance sia del sistema bancario sia delle autorità doganali, con interpretazioni insensate e assai estensive dei regolamenti sanzionatori da parte degli apparati dell’Unione Europea. Le dogane dei Paesi dell’area baltica bloccano ormai con regolarità tutti i trasporti degli altri Paesi dell’Unione anche alla presenza di documenti doganali regolari, tutto questo in spregio alle normative europee che dovrebbero rispettare. “Da ormai due anni stiamo cercando di sensibilizzare le nostre autorità politiche affinché si rendano conto delle reali difficoltà che incontrano le nostre aziende, ma fino ad oggi non abbiamo avuto alcun riscontro”, ha rilevato il presidente di Unimpresa in una lettera a Repubblica (riportata dall’operatore carpigiano). Per sopravvivere è sentita la necessità di non interrompere le compromesse relazioni commerciali. Anche di nascosto (le imprese tedesche e italiane ad esempio aggirano le sanzioni esportando, +1000%, in Kyrgyzstan). Un patchwork che segnala l’assenza di direzione. Di punti di appoggio. Di riferimento. Confermati anche dall’ultimo G7 in Puglia.
La direzione del G7
L’andatura la fanno gli Stati Uniti. Gli altri dietro. Un altro incontro “amministrativo” agli occhi del mondo per firmare aiuti all’Ucraina (molti sub iudice, in attesa delle ratifiche del prossimo parlamento europeo e della commissione), sanzioni alla Russia e dazi alla Cina. Pensavamo che il G7 fosse un’occasione per svoltare. Cambiare spartito. Lenire. Smorzare. Trovare una via di uscita al conflitto. Raccogliendo in parte i segnali usciti dalle recenti elezioni europee (ne abbiamo scritto in precedenza su formiche.net). Poi però abbiamo osservato i partecipanti. La caratura delle leadership. Chi in scadenza. E chi sconfitto alle recenti consultazioni, per problemi reali e pesanti (anche conseguenti ai comportamenti verso la guerra in Ucraina). Dall’invio di armi al carico sanzionatorio la guerra è corsa in un vicolo cieco seguendo un mantra ipercinetico privo di direzione. Al G7 è mancata la volontà di una necessaria quanto sana realpolitik che avrebbe scansato stantii copioni che si ripetono. Sbagliati, dall’inizio del conflitto. Azioni, reazioni, controreazioni.
Le sofferenze dell’Europa
La mancata presa d’atto che l’asse disinvolta, individuale, bellicista e fallimentare, Macron-Scholz, per una spirale, senza correzioni, della guerra, mette in pericolo la sicurezza e le finanze delle nazioni. I motivi della sconfitta di Francia e Germania si leggono nel capitolo tensioni sociali (salari e immigrazione). Crisi economica estesa e radicata (basti osservare quotidianamente lo spread e l’onda speculativa innescata dal risultato in Francia e dalle prossime elezioni legislative). La locomotiva teutonica si è fermata dopo l’interruzione dei rapporti con la Russia. Le ripercussioni negative hanno contagiato le imprese, i salari, l’inflazione salita al 10%, il disagio vertiginoso aperto negli strati più deboli e poveri della popolazione. I risultati elettorali stanno intaccando la stabilità dei mercati.
L’appuntamento dei Grandi in Puglia era l’occasione per rimettersi in carreggiata. Prendendo coscienza che la rappresentanza intorno a quel tavolo, oggi fortemente minoritario nel totale del peso reale di quelli che contano nel Continente, ha bisogno come l’aria del resto del mondo. Si veda la spaccatura registrata alla conferenza per la pace in Svizzera dove il Sud del mondo non ha firmato il documento conclusivo. Dal conflitto russo – ucraino e atti conseguenti, la cartina geopolitica e geoeconomica globale è stata stracciata. Con una divisione del mondo che ha rimescolato le alleanze, le solidarietà, le collaborazioni. Le relazioni internazionali hanno adottato una nuova grammatica che è da riscrivere. La stessa Europa ha subìto una spinta autarchica dentro i vari stati membri, costretti a fare da sé di fronte a problemi inediti, a ricostruire rapporti riallacciare i vecchi, a ricollocarsi, a trovare aiuti.
La politica dazi e sanzioni
Il carico da novanta è sostenuto dai dazi americani contro la Cina sovrapprezzati fino al 48% di ulteriori dazi sulle auto elettriche comminati dall’Europa al Regno di Mezzo. Il totale è dato dall’annuncio di reazioni pesanti di Pechino. Così quelle della Russia alla decisione di utilizzare a garanzia dei prestiti all’Ucraina gli interessi degli asset di Mosca congelati in Occidente che seguono le nazionalizzazioni ai danni delle nostre imprese. Il G7 ha deciso di estendere la portata delle sanzioni per colpire le imprese e le banche, anche in Cina, che stanno aiutando la Russia ad aggirare le sanzioni sui beni e le tecnologie usate nella produzione di armi. La Germania è contraria. Scordamaglia di Filiera Italia ha detto che alla fine il settore alimentare pagherà i dazi a Pechino. Basta ascoltare le aziende. Le lamentele. Verso questo modo di fare. Non ci possono chiedere altro, ci hanno detto alcuni imprenditori.
L’abbiamo visto i danni, a noi, e l’inutilità delle sanzioni, malgrado questo si tende a perseverare, insistere anche con gli interessi e gli extraprofitti degli asset russi, circa 285 miliardi di dollari, congelati in Occidente, per lo più in Belgio, a garanzia del prestito di sessanta miliardi dato all’Ucraina. Le prime due domande: e se l’Ucraina non paga il debito? E se la guerra finisce e quindi gli asset saranno scongelati, cosa succede, chi paga? Le tasche degli europei saranno chiamate a saldare il conto finale. Ma sono questioni a latere che discendono dall’origine della mala gestio. L’assenza di guida. Pressappoco un selvaggio far west. Comprovato dalla crisi lunga del Wto l’organizzazione mondiale del commercio dove si riflette la divisione del Continente di oggi, a partire dal disimpegno degli Stati Uniti mentre molti asiatici e del Pacifico continuano a sostenere la sua importanza, forti sostenitori della globalizzazione e di un sistema di regole di scambio aperto e organizzato.