Sembra che l’America con la sua risibile leadership sia inconsapevole del destino euro-atlantico e si gingilli con siparietti come quello andato in onda sugli schermi televisivi americani tra un risentito ex-presidente e un perdente consapevole del suo destino. Il commento di Gennaro Malgieri
Novanta minuti drammatici che hanno sancito lo stato di crisi della democrazia americana. Lo spettacolo offerto da Donald Trump (difendendosi dalle accuse di accompagnarsi con le prostitute) e da Joe Biden delle cui contumelie contro l’avversario non si è capito pressoché nulla, hanno messo di fronte all’America una leadership sgangherata, incapace di comprendere il momento storico che stanno vivendo gli Stati Uniti e presentare un programma politico degno della gravità sociale e civile del Paese.
Biden, al netto della vacuità di Trump, si è mostrano incomprensibilmente vuoto nell’esporre una proposta politica lasciando sgomento il popolo dei suoi sostenitori. Ora tutti sono preoccupati su come uscire dal tunnel dell’irrilevanza consapevoli che il candidato democratico non ha le qualità per guidare la battaglia contro il contendente repubblicano e, Dio non voglia venisse eletto, assumere il ruolo di comandante in capo della più grande potenza mondiale.
Nessuno ha la ricetta per uscire dall’impasse. La squadra dei possibili sostituti di Biden (qualora potesse defilarsi) è più ammaccata di lui ed è poco credibile agli occhi del’establishment democratico, oltre che degli elettori. Tra i “papabili” che potrebbero aspirare a prendere il posto di Biden ci sono la vice-presidente Kamala Harris che non ha brillato nei quattro anni assecondando Biden e prendendo iniziative discutibili: sembra comunque la prima scelta. Poi appaiono figure sbiadite sulle quali nessuno punterebbe un dollaro: il governatore della California Gavin Newsom, quello del Colorado Jared Polis, la governatrice del Michigan Gretchen Whitmer e i ministri Gina Raimondo e Pete Buttigieg. Secondo il politologo Ian Bremmer “non avrebbero la possibilità di fare una vera campagna; non sarebbero candidati scelti dagli elettori, con il meccanismo delle primarie”.
Qualcuno ancora spera che Michelle Obama si decida a scendere in campo, ma l’ex first lady ha ribadito di recente di non avere alcuna intenzione di correre per la Casa Bianca.
Dunque? L’elezione di Trump sembra inevitabile. Ma nello stesso partito repubblicano le tifoserie si azzannano quotidianamente. Anche tra i conservatori non vi sono figure di spicco pronte a sfidare uno qualsiasi dei democratici. Sembrava pronto Ron Desantis, ma si è sciolto come neve al sole di fronte al furore di Trump che praticamente ha trascorso l’ultimo quadriennio facendo politica nelle aule dei tribunali, accendendo polemiche sui suoi gusti sessuali sui giornali di gossip e alimentando la politica della divisione sulla carta stampata seria che non ha mancato di paventare lo sfascio del Paese in ragione delle pubbliche uscite del leader e delle private angosce che sembrano tormentarlo (a proposito, sua moglie Melania che fine ha fatto? Sembra svanita nel nulla).
La democrazia statunitense avrebbe bisogno di ricomporsi intorno a personalità di grande spessore come ai loro tempo fecero repubblicani e democratici che trovarono in uomini come Goldwater e Kennedy leader in grado di lanciare un messaggio nuovo ai due schieramenti per sostenere una politica drammaticamente accecata dalla contesa tra Est ed Ovest.
Oggi di fronte alle guerre che imperversano tra Oriente e Occidente ci sarebbe bisogno di leader capaci di alimentare aggregazioni intorno a progetti sostenibili in grado di coinvolgere gli alleati i quali, di fronte allo spettacolo americano cercano, ragionevolmente, di sottrarsi a una afasia politica che potrebbe trascinarli nel gorgo dell’irrilevanza grazie all’incapacità americana di mettere insieme uno schieramento di Stati tale da opporsi al gangsterismo russo che minaccia l’Europa dopo aver squassato l’Ucraina e di mettere fine alle provocazioni arabe di diverso colore, oltre che a frenare la volontà di potenza cinese che si dispiega soprattutto in Africa.
Sarebbe questo il solo modo per legare l’Occidente a un destino possibile, mentre sembra, al contrario, che l’America con la sua risibile leadership sia inconsapevole del destino euro-atlantico e si gingilli con siparietti come quello andato in onda sugli schermi televisivi americani tra un risentito ex-presidente e un perdente consapevole del suo destino. L’America guarda attonita al suo disfacimento politico.