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Chiamata alle armi o agli armamenti? A cosa punta veramente Macron

Quella del presidente francese non sarebbe tanto una “chiamata alle armi” per preparare i francesi alla guerra, quanto una “chiamata agli armamenti” per introdurre il passaggio ad un’economia di guerra che non è la soluzione migliore ma è l’unica subito percorribile per evitare il peggio. Il commento di Igor Pellicciari, Università di Urbino

Proprio quando nei media il conflitto in Ucraina stava passando in secondo ordine rispetto a quello a Gaza, è stata una rinnovata tensione tra l’Occidente e la Russia a riportarlo al centro del dibattito, come visto al summit del G7 in Puglia.

Più che lo sblocco di massicci aiuti militari americani, a detonare l’escalation sono state le parole di Emmanuel Macron, che ha ventilato un coinvolgimento militare francese diretto nel conflitto ucraino, scavalcando nei toni pure il Segretario Generale della Nato Jens Stoltenberg.

La Francia tra Ue e Nato

Svariate ipotesi sono circolate sui motivi di una posizione (sondaggi alla mano) impopolare, presa peraltro pochi giorni prima di consultazioni europee risultate in una debacle del presidente francese.

Mentre alcuni hanno parlato di una scelta irrazionale di Macron (Matteo Salvini, vice-premier del Paese che guida il G7 ha sfiorato l’incidente diplomatico accusandolo di essere “criminale ed instabile”) i principali osservatori vi hanno visto obiettivi geo-politici e strategico-militari.

I primi riguarderebbero il tentativo della Francia di intestarsi una politica di difesa comune europea che nasce con l’obiettivo dichiarato di contenere l’espansionismo russo ma che punta anche a ridurre la dipendenza politico-militare della Ue dalla Nato.

I secondi dicono della necessità di rafforzare il sostegno a Kyiv per colpire obiettivi strategici in Russia e respingere l’avanzata dell’esercito di Mosca, ripresa con vigore negli ultimi mesi, arrivata a sondare le difese della cruciale città di Kharkiv e raggiungendo la vicina città di Vovchansk.

Tuttavia, vi sono alcune incongruenze di fondo nella svolta bellicista di Macron che suggeriscono di non fermarsi alle sole chiavi di lettura geo-politiche e militari.

Volontari vs Mercenari

Le dichiarazioni del presidente francese hanno colpito per il tono e la tempistica. Molto meno per il loro contenuto. Nonostante il clamore provocato, gli appelli hanno proposto iniziative militari che già avvengono regolarmente sul campo di battaglia ucraino.

È un dato assodato che dall’inizio del conflitto migliaia di combattenti occidentali (“volontari” per le narrative degli uni, “mercenari” per quelle degli altri) militino strutturati nelle file dell’esercito di Kyiv.

A questi si aggiungono decine di consiglieri militari, operatori dell’intelligence, tecnici specializzati e istruttori di vario genere che addestrano i soldati ucraini all’uso di alcuni degli armamenti ad alta tecnologia inviati dall’Occidente e equipaggi specializzati che li fanno funzionare.

Mobilitati a titolo individuale o come contractors, va da sé che essi abbiano un  collegamento\coordinamento costante (per quanto informale) con le forze armate dei loro Paesi di provenienza.

Armi Occidentali vs Esercito Russo

Anche l’utilizzo di armi occidentali in territorio russo non è una novità assoluta. Le numerose incursioni e attacchi a obiettivi russi portati a segno da parte di Kyiv in questi due anni sono stati possibili proprio per l’aumento del suo potenziale offensivo strategico grazie agli aiuti militari occidentali.

Senza contare che Mosca si è annessa Crimea, Donetsk e Lugansk, facendole rientrare con un atto costituzionale nei confini dello Stato russo. Un atto unilaterale ovviamente non riconosciuto a livello internazionale, ma cui Mosca da un significato formale  – il che rende le armi occidentali inviate a combattere nel Donbass equivalenti a una guerra ostile su un territorio che il Cremlino e la sua opinione pubblica considerano proprio.

Interesse Nazionale vs Guerra

Un’altra incongruenza sta nella coesistenza tra i propositi guerrafondai con la consolidata politica francese nelle relazioni con la Russia. Proprio Macron è stato il leader occidentale che si è maggiormente adoperato per evitare lo scoppio della guerra in Ucraina, mentre dall’inizio del conflitto l’Eliseo ha continuato a mantenere aperto un canale bilaterale discreto di comunicazione con Mosca, che ha fatto perno sull’ambasciatore russo a Parigi, Aleksey Meshkov.

Poiché la politica estera a questi livelli si presenta come razionale e utilitarista, poco sensibile agli sbalzi umorali, privilegiando la continuità rispetto ai repentini cambi di direzione, l’azione diplomatica reale di Parigi dice che la Francia considera un confronto militare diretto con la Russia contrario al proprio interesse nazionale.

Economia di guerra vs crisi

Il motivo della decisa alzata dei toni di Macron va cercato soprattutto sul piano interno, nel difficile momento che da alcuni anni sta vivendo la Francia, con un’economia stagnante, uno smantellamento del welfare e un diffuso disagio sociale sfociato in clamorose proteste di piazza.

Qui si annida la principale emergenza che più ha eroso il carisma e la legittimità del presidente francese, dando l’impressione che egli abbia perso il controllo di ampi strati del Paese.

Similmente al cancelliere tedesco Olaf Scholz, il tentativo di Macron è di rilanciare l’intero quadro socio-economico puntando sullo sviluppo dell’industria militare per riassestare il Paese su un’economia di guerra ed invertire i trend della spirale negativa interna.

Si tratta di un passaggio che in una democrazia rappresentativa e per di più con un terziario avanzato come la Francia va preparato e, soprattutto, giustificato ad un’opinione pubblica interna sul piede di guerra dopo la recente contestatissima riforma delle pensioni.

In altre parole, quella di Macron non sarebbe tanto una “chiamata alle armi” per preparare i francesi alla guerra, quanto una “chiamata agli armamenti” per introdurre il passaggio ad un’economia di guerra che non è la soluzione migliore ma è l’unica subito percorribile per evitare il peggio.

Con la riduzione dell’influenza francese sull’Africa occidentale (determinante per l’approvvigionamento di minerali come l’uranio) e la perdita di importanti commesse militari, il complesso militare-industriale necessita di essere rilanciato per dare una scossa all’intera economia francese.

Come insegna proprio il caso della Russia – che molti analisti davano destinata a un default certo entro la primavera del 2022 – è stata l’economia di guerra (secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale) a permetterle di essere il Paese Big Player con la maggiore crescita nel 2024.

Non sembra essere un caso che, per rispondere a Macron,  Vladimir Putin abbia scelto di parlare dal Forum Economico di San Pietroburgo, luogo preferito dal Cremlino per discutere di politiche economiche russe. Non di strategie militari.


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