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Vi spiego perché Meloni (e l’Ecr) giocheranno un ruolo forte in Europa. Parla Carteny

“Di fatto l’Ecr è diventato il grimaldello con cui l’Italia di Meloni può giocare un ruolo da protagonista in Europa: la maggioranza all’europarlamento avrà bisogno di voti in molte questioni. Il governo italiano, che raccoglie nella stessa coalizione anche i popolari con Forza Italia e le destre identitarie con la Lega, si propone anche come forza mediatrice in Europa, dove è importante tenere aperto il dibattito tra gli eurogruppi e le delegazioni nazionali”. Conversazione con il docente di Relazioni internazionali alla Sapienza di Roma

“L’impressione che i vertici dell’Unione siano stati decisi a tavolino (anche prima delle elezioni) non migliora la percezione di deficit democratico e di distanza dell’Europa dai cittadini dei vari Paesi, né aiuta a vincere l’astensionismo negli appuntamenti elettorali”. Lo pensa il prof. Andrea Carteny, docente di Relazioni internazionali alla Sapienza di Roma, che nel giorno del Consiglio europeo affida a Formiche.net una riflessione sul modus del cosiddetto caminetto europeo circa le nomine apicali.

Secondo il numero uno del Ppe, Manfred Weber, l’Italia deve essere coinvolta nelle scelte europee, così come ha chiesto ieri Sergio Mattarella: perché questi richiami si sono resi necessari?

Il leader tedesco popolare europeo, così come il Presidente Mattarella, richiamano l’evidenza dei fatti: l’Italia di Giorgia Meloni, con un intelligente pragmatismo e un rapporto diretto con la presidente della Commissione von der Leyen, è riuscita a mantenere Roma al centro della politica europea, nonostante la propria provenienza politica. L’Italia, con il peso di grande paese fondatore, non può essere marginalizzato e può svolgere un ruolo di mediazione e dialogo sempre utile alla politica tra gli Stati e tra i grandi gruppo politici europei.

Germania e Francia hanno perso le elezioni europee, ma continuano ad essere parte decidente: un errore?

Il sistema europeo è inevitabilmente bilanciato sui pesi dei Paesi, al di là delle forze politiche al governo degli Stati: i governi e le forze-coalizioni politiche al potere a Parigi e Berlino si son visti ridimensionati dalla crescita delle estreme, ma l’asse Parigi-Berlino (la cosiddetta “Fra-Mania”) continua ad essere il cardine dell’Unione. Le imminenti elezioni in Francia potrebbero riorientare alcune politiche – interne ed esterne all’Unione – ma giocano su questo piano un ruolo importante gli altri Paesi e blocchi regionali: l’Italia, con un governo e una coalizione capace di coprire l’area del centro e della destra, si ritrova quasi naturalmente a mediare un’eventuale posizione di bilanciamento tra nuove destre emergenti e vecchi blocchi centristi al potere.

Giorgia Meloni ha parlato di caminetti europei: così facendo l’Ue rischia di dare un’immagine di sé da manuale Cencelli che favorirà ancora di più l’astensionismo?

Il commento della leader italiana ha le sue ragioni nella critica al sistema consociativo – che sia in Italia come in Europa – e a un’ottica di bipolarismo e di alternanza che di fatto in Europa non si è mai realizzata, essendo fondata sul bilanciamento dei pesi degli Stati e dei governi ma anche dei consensi alle elezioni europarlamentari. Sicuramente l’impressione che i vertici dell’Unione siano stati decisi a tavolino (anche prima delle elezioni) non migliora la percezione di deficit democratico e di distanza dell’Europa dai cittadini dei vari paesi, né aiuta a vincere l’astensionismo negli appuntamenti elettorali.

L’Europa sta perdendo competitività rispetto a Usa e Cina, propone la decarbonizzazione con le batterie cinesi, è timida sulla diplomazie per le due guerre in corso, ha perso terreno in Africa. Oltre alle caselle, che cosa dovrebbe fare il nuovo vertice continentale per guadagnare il terreno perso?

Su questi ambiti sarebbe importante avere una leadership europea forte e unitaria, capace di canalizzare gli interessi nazionali all’interno di un approccio europeo: solo in questo modo l’Europa potrebbe competere con le superpotenze mondiali storiche – come gli Stati Uniti – e quelle emergenti, come la Cina, l’India e i Brics. Su questi ambiti la Commissione von der Leyen si propone con una certa assertività, così come la candidatura della leader estone Kallas ad Alto rappresentante dell’Ue. Di certo, un approccio che guardi di più alla pratica e meno alla teoria – come nel caso delle politiche sulla sostenibilità, necessarie ma anche da prendersi in considerazione insieme ai tanti aspetti ed effetti sull’occupazione e sulle produzioni interne all’Ue – è forse in questo momento quanto mai opportuno di fronte alle grandi sfide globali in atto.

I conservatori di Ecr sono il terzo gruppo nel Parlamento Ue: cosa significa a livello di peso politico e, quindi, di sostanza decisionale?

Di fatto l’Ecr è diventata il grimaldello con cui l’Italia di Giorgia Meloni può giocare un ruolo da protagonista in Europa: e la maggioranza all’europarlamento avrà bisogno di voti in molte questioni. Il governo italiano, che raccoglie nella stessa coalizione anche i popolari con Forza Italia e le destre identitarie con la Lega, si propone in qualche modo anche come forza mediatrice in Europa, dove è importante tenere aperto il dibattito tra gli eurogruppi e le delegazioni nazionali.

La possibile vittoria di RN alle elezioni francesi quali riflessi avrà in Europa?

Come si è detto un’affermazione delle destre al governo di Parigi avrà – come è giusto – conseguenze sulle politiche europee, anche se probabilmente, analogamente con il caso dell’Italia, con l’arrivo al potere le forze di destra se da una parte “moderano” alcune posizioni da forze di opposizione dall’altro tentano di marcare una certa discontinuità su alcune questioni – penso alle politiche migratorie – su cui queste formazioni politiche hanno incardinato le proprie campagne elettorali. Come per un’eventuale ritorno di Trump alla Casa Bianca, un’affermazione di Le Pen-Bardella a Matignon avrebbe sicuramente un approccio differente rispetto alla Russia, probabilmente per una maggiore pressione e persuasione verso una fine del conflitto con la Russia.

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