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Povertà, imprese e debito. Il nuovo Messico di Claudia Sheinbaum

Mancano ancora quattro mesi all’insediamento del nuovo governo guidato dall’esponente del partito populista Morena ed erede naturale di Lòpez Obrador. Eppure gli investitori sono già nervosi, temendo interventi a gamba tesa sulla Costituzione. L’agenda del primo leader messicano donna però prende piano piano corpo

I mercati, si sa, hanno un modo tutto loro di leggere le elezioni. Anche quelle che hanno portato Claudia Sheinbaum a diventare la prima donna alla guida del Messico. Per il Paese è un momento storico, non tanto dal punto di vista politico, almeno per il momento, visto che la candidata del partito populista e di sinistra Morena ha promesso una certa continuità con il suo predecessore, Lòpez Obrador. Ma sul versante culturale e di genere, lo è. Ora, l’economia messicana non è messa poi così tanto male. Sheinbaum erediterà un’economia cresciuta del 3,2% nel 2023 e in cui 8,8 milioni di persone, secondo dati della Banca Mondiale, sono usciti dalla povertà tra il 2020 e il 2022. Eppure, perché i mercati hanno reagito male?

IDENTIKIT DI UN PRESIDENTE

Un po’ di anagrafica. Sheinbaum, 61 anni e nata a Città del Messico, è stata paragonata all’ex cancelliera tedesca Angela Merkel per via della sua formazione scientifica: ha una laurea in fisica e un dottorato in ingegneria energetica. Ha lavorato come ricercatrice all’Università Nazionale Autonoma del Messico, ha scritto due libri e più di 100 articoli sull’energia e l’ambiente e ha fatto parte del gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni unite (premio Nobel per la pace nel 2007).

È entrata in politica nel 2000, quando Obrador, all’epoca sindaco di Città del Messico, la scelse come assessore all’ambiente. Nel 2012, quando il futuro presidente e suo predecessore lasciò il Partito della rivoluzione democratica, storica forza di sinistra, per fondare il Movimento Rigenerazione Nazionale, Morena, lo seguì. Tra il 2015 e il 2017 è stata sindaca di Tlaplan, la più estesa delle 16 delegazioni che compongono Città del Messico, e dal 2018 al 2023 sindaca della capitale.

I TIMORI DEI MERCATI

Il curriculum c’è, la continuità con Obrador, che ha governato il Messico per sei anni, anche. E forse il guaio è proprio questo. La neo presidente eredita il progetto del suo mentore e leader uscente, la cui popolarità tra le fasce più disagiate della popolazione ha contribuito a guidarla al trionfo. Con quasi il 60% delle preferenze e oltre 35 milioni di voti, infatti, Sheinbaum ha ottenuto una vittoria schiacciante che riflette la crescita del Movimento di rigenerazione nazionale a cui attualmente appartengono circa due terzi dei 32 governatori del paese. Inoltre, stando ai conteggi, la coalizione di governo Sigamos Haciendo Historia(che riunisce Morena, verdi e Partito del lavoro) è sulla buona strada per ottenere la maggioranza di due terzi in entrambe le camere del Congresso, il che le consentirebbe di approvare le riforme costituzionali senza il sostegno dell’opposizione.

Per questo gli investitori sono preoccupati del fatto che una vittoria più grande del previsto, aumenti sensibilmente la possibilità di modifiche costituzionali per eliminare alcuni controlli ed equilibri sul potere del governo. Tanto è vero che mentre i sostenitori di Sheinbaum celebravano nella storica piazza centrale di Città del Messico, il peso messicano è scivolato del 3,3% a 17,62 contro il dollaro, il livello più basso da novembre, mentre l’indice azionario IPC è sceso del 4,8% la Borsa di Città del Messico, il 3 giugno, è crollata del 6%. “Il risultato messicano apre uno scenario di maggiore rischio politico e incertezza per gli affari”, hanno spiegato gli analisti della società Integralia. Insomma, i mercati temono la mano pesante sulla costituzione messicana e si sa quanto essi siano sensibili ai colpi di mano sulle norme che regolano un Paese.

L’AGENDA SHEINBAUM

Nel suo primo messaggio da presidente eletta (Sheinbaum si insedierà il 1° ottobre), si è impegnata, come detto, a proseguire sulla strada tracciata del suo predecessore, che dopo decenni di corruzione ha introdotto la politica della Quarta Trasformazione: sostegni agli anziani e alle madri single, rafforzamento dello stato sociale per alleviare le disuguaglianze tra la popolazione, progetti infrastrutturali in regioni storicamente povere. E l’immancabile lotta ai cartelli della droga sudamericani.

Ma la parola d’ordine è nearshoring, al secolo la delocalizzazione di imprese in luoghi vicini al mercato nazionale per evitare rotture nella catena di approvvigionamento. Nel caso del Messico, ci sarebbe la possibilità di accedere agli investimenti diretti esteri che tentano di sfuggire a una legislazione restrittiva per logiche geopolitiche, come in Cina. La Sheinbaum intende negoziare dunque con la Casa Bianca un piano dove non importerebbe la nazionalità dell’investimento se si proponessero modelli di sviluppo a favore delle popolazioni locali.

IL FRONTE DEL DEBITO

Non è finita. Un altro testimone, il nuovo presidente, lo prenderà certamente dal ministro del Tesoro del Messico, Rogelio Ramírez de la O, il quale ha assicurato che resterà in carica per un periodo indefinito nel nuovo governo Sheinbaum che inizierà a ottobre, ed ha ribadito che la politica del Paese sarà incentrata sulla stabilità macroeconomica e sulla prudenza fiscale. Dopo la preoccupazione destata dal raggiungimento della maggioranza qualificata di Morena nel Congresso, e qui il riferimento torna ai mercati, il funzionario federale ha spiegato agli analisti che si cercherà di ridurre il debito a circa il 3% del Pil, assicurando il rispetto dell’autonomia della Banca del Messico (Banxico), l’istituzione responsabile della politica monetaria del Paese.

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