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Biden da una parte, Gantz dall’altra. I due fronti di Netanyahu

Il primo ministro israeliano attacca duramente la leadership americana per aver sospeso l’invio di determinati ordigni ad Israele. Tensioni che si aggiungono a quelle interne, esplose pochi giorni fa con lo scioglimento del gabinetto di guerra

“È inconcepibile che negli ultimi mesi l’amministrazione abbia trattenuto armi e munizioni a Israele. Israele, il più stretto alleato dell’America, sta combattendo per la sua vita, sta lottando contro l’Iran e gli altri nostri comuni nemici. Dateci gli strumenti e finiremo il lavoro molto più velocemente”. Così il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, attraverso un video condiviso su X, attacca la decisione del Presidente degli Stati Uniti Joe Biden di bloccare una spedizione di bombe di grandi dimensioni a Israele in vista dell’offensiva a Rafah, un tema sul quale avrebbe avuto una “candida conversazione” con il segretario di Stato americano Antony Blinken. “Stiamo continuando a rivedere una spedizione di cui ha parlato il Presidente Biden riguardo alle bombe da 2.000 libbre a causa delle nostre preoccupazioni sul loro uso… ma tutto il resto si sta muovendo come di consueto… con la prospettiva di assicurarsi che Israele abbia ciò di cui ha bisogno per difendersi da questa molteplicità di sfide”, ha dichiarato lo stesso Blinken, nel tentativo di stemperare le tensioni con il Paese partner.

La tensione tra il leader israeliano e i vertici statunitensi rimane alta, dopo che lo stesso Biden ha dichiarato che “ci sono tutte le ragioni” per concludere che Netanyahu stia prolungando la guerra per i propri fini politici, sabotando ogni tentativo di far cessare le ostilità a Gaza. E se da una parte Netanyahu ha dovuto affrontare notevoli critiche per aver messo a rischio le relazioni di Israele con gli Stati Uniti, a causa del suo legame con gli alleati della coalizione di estrema destra e del comportamento assunto dalle Israeli Defence Forces durante le operazioni a Gaza, dall’altra anche fatto della sfida alla Casa Bianca un tema centrale della sua comunicazione politica, rappresentandosi alla sua base di destra come l’unico leader israeliano in grado di tenere testa ai presidenti statunitensi.

Ma gli attriti di Netanyahu non sono soltanto con i partner all’estero. Dopo le dimissioni di due dei cinque componenti, Benny Gantz e Gadi Eisenkot, il primo ministro israeliano ha sciolto il gabinetto di guerra da lui istituito in seguito all’attacco di Hamas del 7 ottobre. Sebbene il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir e il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, entrambi esponenti dell’ultradestra israeliana alleata di Netanyahu, avessero chiesto di essere ammessi al gabinetto di guerra, sembra più probabile che Netanyahu terrà invece riunioni in formato più ristretto per discutere le questioni più delicate. Mentre il gabinetto di sicurezza più ampio, che comprende Ben-Gvir e Smotrich, continuerà a occuparsi di questioni relative alla guerra.

Gantz ed Eisenkot avevano richiesto l’istituzione del gabinetto di guerra, che comprendeva anche il ministro della Difesa Yoav Gallant e il ministro degli Affari strategici Ron Dermer, come condizione per entrare nel governo di emergenza di Netanyahu lo scorso anno. Tuttavia, con il tempo sono diventati sempre più critici nei confronti della gestione del conflitto da parte del primo ministro. Le tensioni sono arrivate al culmine all’inizio del mese quando, dopo che Netanyahu ha ignorato le sue richieste di una serie di cambiamenti politici, Gantz ha ritirato la sua alleanza di Unità Nazionale dal governo di emergenza nato dopo il 7 ottobre, dimettendosi poi anche dal gabinetto di guerra. Probabilmente nell’ottica di porsi in totale contrapposizione all’attuale primo ministro, in vista della prossima campagna elettorale.

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