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No Tarquinio, abbiamo bisogno di più Nato non di smantellarla. Il commento di Arditti

La guerra non è un rischio da scongiurare, poiché è già iniziata da tempo. L’illusione pacifista, improntata ad un buonismo diplomatico tanto genuino quanto ingenuo, non è materiale spendibile in un mondo globale nel quale l’assenza di equilibrio sarà regola per lungo periodo. Il dovere delle classi dirigenti è comprenderlo per tempo

Con assoluta onestà intellettuale Marco Tarquinio oggi sul Fatto Quotidiano critica la strategia americana ed europea sul dossier Ucraina, ritenendola pericolosa e addirittura funzionale ad un drammatico peggioramento degli scenari internazionali in chiave bellicista.

Desidero riconoscergli solida coerenza (sono anni che dice e scrive sempre con la stessa impostazione) e anche assenza di cedimento verso le simpatie diffuse di cui godono anche da noi regimi come quello russo o iraniano. Penso però l’esatto contrario di quanto propone Tarquinio e ora provo a spiegare perché.

La guerra non è un rischio da scongiurare, poiché è già iniziata da tempo.

È la guerra che regimi violenti e autoritari desiderano e fomentano contro le democrazie, perché ne temono il contagio. È così in Russia, dove ogni voce di dissenso è andata progressivamente spegnendosi con l’uso della forza e degli omicidi diffusi. È così in Iran, dove le istanze dei giovani metropolitani vengono soffocate nel sangue in nome di una legge religiosa che viene piegata al servizio del potere costituito. È così per molti versi anche in Cina, dove gli spazi di autonomia politica e culturale vanno chiudendosi sempre più, pur in presenza di una apprezzabile vivacità economica. È così in molti paesi africani, dove governanti al potere a suon di colpi di Stato cercano appoggi proprio nei luoghi appena citati per imitarne le strategie di repressione. Il mondo libero, con tutti i suoi difetti, storture, iniquità, ambiguità e chi più ne ha più ne metta, è l’unico avversario su scala planetaria di quei regimi ed essi hanno un solo desiderio, cioè abbatterlo (o, come seconda scelta, ridurlo all’impotenza).

È la guerra giocata con cinismo e imponente dispiego di mezzi su fronti che militari non sono, ma proprio per questo rappresentano una minaccia più subdola ma non meno pericolosa.

Così si spiega la strategia di immigrazione clandestina che i russi agevolano al confine con la Finlandia e i bielorussi spingono verso la Polonia, ma lo stesso potremmo dire di molte evidenze sui movimenti tra Usa e Messico o di quelli nel Mediterraneo, con Spagna, Grecia e Italia prime vittime. In perfetta sintonia così si comprende anche l’invasione sul mercato americano di droghe (fentanyl) che hanno i cartelli dei narcos messicani come organizzazione che gestisce il traffico, ma che vedono i produttori cinesi di precursori chimici in posizione determinante. Lo stesso dicasi per l’imponente sforzo via web e social che dai quei Pesi cerca di condizionare l’opinione pubblica con manovre che sono tanto raffinate quanto evidenti nel loro scopo: altrimenti non sapremmo spiegare perché TikTok funziona regolarmente da noi ed è bloccato in Cina (dove è nato). Dovremmo anche aprire un capitolo sulle influenze di ogni genere sulle classi dirigenti, ma il discorso ci porterebbe lontano: mi limito ad accennarlo.

Ebbene di fronte a questo scenario la guerra a pezzi (sì, ha ragione su questo il papa) è già in corso ed è proprio quella dichiarata da Hamas a Israele il 7 ottobre dello scorso anno. Una data che non ci riporta ad un atto devastante di terrorismo, bensì ad una pianificata e spaventosamente ben congegnata azione di guerra senza quartiere.

A fronte di tutto ciò quindi occorre rispondere con due mosse.

La prima è prendere coscienza una volta per tutte, smettendola di raccontarci favolette pacifiste che rischiano di consegnarci un futuro tragico.

La seconda è costruire una nuova Nato, con obbiettivi globali e presenza globale, allargata a Giappone, Sud Corea, Nuova Zelanda, Australia, Argentina, Cile e altri, come Filippine o Messico. Una realtà capace di dialogare con nazioni a diverso impianto istituzionale (Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi, Qatar, Marocco, Giordania) ma accomunati da un atteggiamento costruttivo. Una Nato in grado di interloquire con il nuovo protagonista del secolo cioè l’India, un’organizzazione certamente a carattere difensivo ma non per questo imbrigliata in meccanismi decisionali buoni per fasi storiche più tranquille di quella che abbiamo davanti.

L’illusione pacifista, improntata ad un buonismo diplomatico tanto genuino quanto ingenuo, non è materiale spendibile in un mondo globale nel quale l’assenza di equilibrio sarà regola per lungo periodo.

Il dovere delle classi dirigenti è comprenderlo per tempo.

Si pace frui volumus, bellum gerendum est (Cicerone, Philippicae)



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