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Quali saranno le relazioni Cina-Ue dopo le Europee? Risponde Fasulo

Dilemma strategico per l’Ue: spingere sul de-risking dalla Cina e rischiare di perdere accesso al mercato cinese, oppure rischiare di finire sotto nuove dipendenze di Pechino? La risposta complessa arriverà dopo le Europee

“La Cina è un tema sempre più importante per l’Unione Europea che ha appena cominciato a votare: se cinque anni fa l’Ue stava cambiando la sua percezione verso Pechino adottando la terminologia di ‘rivale sistemico’, oggi la parola chiave è overcapacity. Il timore, più volte espresso dalla presidenza Von der Leyen, è quello di subire una durissima concorrenza dalle aziende cinesi aiutate dai sussidi”, spiega Filippo Fasulo, co-head del Geoeconomics Centre dell’Ispi, curatore — insieme ai collegi Guido Alberto Canasanova e Chiara Fattori — del dossier “European  Elctions: setting the tone for China-EU relations”, nel quale ci si chiede quale sarà l’impatto delle prossime elezioni europee sull’approccio comune dell’Ue nei confronti della Cina.

Se è vero che la pubblicazione dello “EU-China Strategic Outlook nel 2019” ha rappresentato un momento fondamentale delle relazioni — con la Commissione europea che da lì ha adottato la cosiddetta “definizione tripartita” della Repubblica popolare come “partner, concorrente e rivale sistemico” — a cinque anni di distenza, dopo la pandemia, ci troviamo in mezzo a una crescente concorrenza geopolitica ed economica globale che domina la comunità internazionale. Tale sfida ha contribuito a portare le relazioni Ue-Cina a un bivio. Ma è vero anche che gli Stati membri europei hanno approcci differenti nel definire le loro relazioni con Pechino — il quale spesso si muove lungo queste differenze, marcandole come divisioni, come suggeriscono anche i risultati della recente visita del leader cinese Xi Jinping in Europa.

In tale contesto, le elezioni europee di questa settimana potrebbero offrire uno sguardo su ciò che verrà dopo per le relazioni bilaterali. Il tema del “de-risking” da Pechino nei settori critici, per esempio, è ora al centro della scena a Bruxelles e le questioni delle dipendenze economiche strategiche e dell’integrità del mercato probabilmente indicheranno la traiettoria dei legami Cina-Ue. Lo studio dell’Ispi si chiede quale sarà l’impatto delle prossime elezioni europee sull’approccio comune dell’Ue nei confronti della Cina. E ancora: quale sarà il peso delle politiche cinesi di ogni Stato membro? La concorrenza economica in settori strategici minerà ulteriormente le relazioni o i due attori troveranno un terreno comune per la cooperazione nell’affrontare le sfide globali?

“L’Ue — continua Fasulo in una conversazione con Formoche.net — sta promuovendo le sue politiche industriali, che potrebbero però non essere abbastanza. Non a caso Mario Draghi è stato incaricato di rivedere le politiche di competitività dell’Unione, che devono dare una risposta alle politiche industriali cinesi, ma anche americane. Il dubbio di fondo per l’Ue è se ridurre velocemente la dipendenza (de-risking) dalla Cina, in particolare per le green technology, ma con il rischio di ritardare la transizione verde, oppure puntare tutto sull’adozione di pannelli solari e batterie elettriche per ridurre le emissioni anche a costo di legarsi alle aziende cinesi, così come prima si era dipendenti dal gas russo”.

È un dilemma di valore strategico. L’inizio dell’invasione su larga scala russa dell’Ucraina ha sbattuto in faccia agli europei non solo il ritorno della guerra nel continente, ma anche toni e modi di un modello di visione del mondo differente a quello occidentale — che ha prodotto la prosperità in Europa per oltre settanta anni. Un modello revisionista dell’ordine mondiale, sul quale Russia e Cina sembrano sempre più allineate, e che induce a pensare di limitarne al massimo la dipendenza (anche perché in parte costruito su chiave anti-occidentale). Sulla base di certe consapevolezze, Ue e like-minded stanno creando una riorganizzazione delle supply chain (il de-risking questo è in soldoni), ma ci sono settori in cui la Cina domina il mercato (e con l’overcapacity questa dominazione rischia di allargarsi). Sono ragionamenti che troveranno posto anche nelle discussioni del G7 ospitato dall’Italia (la sicurezza economica è uno degli argomenti che affronteranno i leader del gruppo e altri dodici invitati straordinari, per esempio).

Tra Ue e G7, a che punto sono le relazioni tra Italia e Cina? “L’Italia — risponde Fasulo — si trova in un momento di ripartenza con la Cina. Mentre Francia e Germania cercano di trovare una loro via per quanto riguarda il rapporto con Pechino, e il dilemma è proprio su quanto spingere per il de-risking senza perdere l’accesso al mercato cinese, Roma deve trovare una nuova stabilità dopo l’uscita dalla Via della Seta, che aveva praticamente reso impresentabile per la Comunità internazionale ogni interazione di alto livello tra Italia e Cina”. Per l’esperto dell’Ispi, la proposta di rilanciare il partenariato strategico del 2004 “come nuova cornice sembra oggi vincente nel restituire normalità alle relazioni italiane con la seconda economia al mondo. Le visite annunciate nei prossimi mesi del capo dello Stato Sergio Mattarella e della presidente del Consiglio Giorgia Meloni dovrebbero finalmente consentire all’Italia di allinearsi ai partner europei nel potersi sedere con Pechino a discutere delle relazioni commerciali nella piena consapevolezza del quadro di competizione tra grandi potenze”.

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