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Il mondo come è (e non come vorremmo che fosse). La recensione di Realpolitik

Il libro di Giampiero Massolo scritto a quattro mani con Francesco Bechis, tratta dei principali elementi che determinano l’attuale disordine mondiale e delle conseguenti minacce che ne derivano per l’Italia. La recensione di Igor Pellicciari

I sondaggi avvertono di una potenziale astensione senza precedenti alle imminenti elezioni europee. Sembra un controsenso, dopo che tra pandemia, guerre, passando per crisi economiche, energetiche e migratorie, la dimensione internazionale è al centro dell’attenzione anche in Italia, Paese agiato in un campanilismo provinciale.

Tra i molteplici motivi dell’astensionismo vi è un percepibile senso di stanchezza e disorientamento nell’opinione pubblica. Stanchezza per una campagna elettorale all’italiana trascinatasi tra retroscenismo sulle candidature e questioni nazionali, con ritriti richiami in positivo o negativo ad un europeismo vago e stantio. Disorientamento per la palese incapacità del dibattito elettorale nello spiegare l’eccezionale congiuntura internazionale che stiamo vivendo.

Né poteva essere altrimenti dopo anni di informazione mediatica quantitativa ed emozionale fissa su un orizzonte quotidiano, che antepone le (prevedibili) opinioni ai fatti, che narra il come piuttosto che il perché dei singoli avvenimenti, senza metterli in collegamento.

È il contrario esatto dell’approccio seguito da Giampiero Massolo nel suo recentissimo “Realpolitik”, pubblicato per le edizioni Solferino. Scritto a quattro mani con Francesco Bechis, il lavoro tratta dei principali elementi che determinano l’attuale disordine mondiale e delle conseguenti minacce che ne derivano per l’Italia.

Nel fiume di parole dette e scritte sulle attuali crisi internazionali, straripante e tuttavia povero di produzioni di rilievo destinate a resistere nel tempo, questo libro è un’eccezione e si distingue per alcuni aspetti chiave.

A differenza degli instant-book che si buttano senza rete a commentare l’attualità, il principale punto di forza di “Realpolitik” sta nel seguire una precisa e ben definita chiave di lettura della complessità internazionale che si rifà ai principi sempreverdi che regolano la politica estera – oggi più che mai validi.

Non solo. Con una brillante intuizione editoriale, questa chiave di lettura viene subito anticipata al lettore nelle pagine iniziali, facendo del primo capitolo un unicum nel suo genere, talmente riuscito che da solo vale la segnalazione del libro.

Da un lato riassume con efficacia le caratteristiche di un’analisi realista centrata sulla difesa dell’interesse nazionale, che legge “il sistema delle relazioni internazionali quale esso è e non come vorremmo che fosse”. Dall’altro, traduce il tutto in un linguaggio chiaro, essenziale ma preciso; accessibile ai neofiti ma capace di un invidiabile sintesi, rara tra gli esperti di relazioni internazionali.

Grazie alla solidità della premessa il lavoro offre una visione complessiva senza cadere nella trappola del tuttologismo imperante nei contenitori mainstream, tarati nei tempi e contenuti sul binomio audience\consenso piuttosto che sull’approfondimento.

Rispetto ad un infotainment che tratta gli analisti internazionali come astrologi, “Realpolitik” procede come un astronomo: distingue i fatti dalle interpretazioni, stimola sempre e comunque una riflessione da parte del lettore che è reso partecipe e non passivo ricettore.

Tutto il lavoro è una logica e conseguente applicazione dell’approccio realista alla lettura – e al collegamento – dei principali attori e della specifiche questioni internazionali del momento.

Dalla fine del vecchio ordine mondiale alla difficoltà a definirne uno nuovo in forma consensuale, con una crescente e dura contrapposizione tra un Occidente a trazione anglosassone e un resto del mondo a guida BRICS che punta ad un multipolarismo anti-multilaterale dai meccanismi di funzionamento ancora tutti da definire.

Con l’Europa schiacciata nel mezzo, potenza commerciale ed industriale dai piedi d’argilla in politica estera.

E il risveglio amaro dell’Italia che non può più – né le viene permesso – mettere in pratica il vecchio schema della politica estera del doppio binario: alleanza politica con l’Occidente, commercio con l’Oriente, in nome del “teorema energia/mercati (…) da Enrico Mattei e Vittorio Valletta, Eni e Fiat, che (…) ha posto due priorità assolute: approvvigionamento energetico e ricerca di nuovi mercati di sbocco”.

Le guerre in Ucraina e a Gaza vengono (finalmente !!) descritte come scontro tra specifici interessi nazionali e non con le categorie mediatiche, semplicistiche e romanzate, dei “buoni vs cattivi”.

Al netto di questi aspetti, ho trovato il libro di grande interesse per quanto vi si annida tra le righe, spesso richiamato in forma di brevi incisi a latere nel testo.

Si tratta di un sorprendente numero di informazioni, indiscrezioni inedite su avvenimenti e aspetti di politica internazionale e politica estera nostrana poco noti ma utilissimi agli studiosi che per deformazione professionale ignorano i prodotti editoriali di larga diffusione.

È una preziosa fonte di spunti sulle “reali” dinamiche politiche che provengono dal vissuto di un protagonista di primissimo piano come è Massolo, che tuttavia, evita di rifugiarsi nella rassicurante dimensione autobiografica della propria esperienza personale, frequente nelle pubblicazioni di diplomatici. Soprattutto di quelli a fine carriera.

Se “Realpolitik” riesce ad offrire un decalogo per la politica estera italiana degli anni a venire – e a dirci cosa accadrà se Donald Trump dovesse tornare presidente Usa – è proprio perché Massolo scrive e analizza come può solo chi è ancora saldamente al centro dell’attuale scena (inter)nazionale.

E che (speriamo) tornerà presto a scriverci di politica reale.

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