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Ripartire dai giovani. Cosa insegna all’oggi il rapporto tra De Gasperi e Paronetto

Il libro di Baietti sul rapporto tra il padre della Democrazia cristina e l’ex vicepresidente dell’Iri traccia una linea di congiunzione ideale tra lo scenario post bellico e il tempo in cui viviamo oggi. L’assenza della politica, ai giorni nostri, è il frutto anche dell’incapacità di costruire oligarchie a cui si prediligono le gerarchie e la logica del comando. Il convegno alla Camera dei deputati

C’è un fil rouge che lega tutte le analisi sui volumi che compongono la raccolta L’idea di ricostruzione. Gli anni della prepolitica 1941-1945, l’impegno di Alcide De Gasperi e Sergio Paronetto per la nuova democrazia italiana e la formazione dei cattolici (Eurilink University press). In una parola? Attualità.

Possiamo quindi dire che gli auspici di Stefano Baietti, l’autore dei corposi volumi che delineano i contorni di questo rapporto stretto tra il fondatore della Democrazia cristiana e il giovanissimo vicepresidente dell’Iri, sono stati raggiunti.

Per lo meno stando alle analisi offerte ieri mattina nel convegno alla sala della Regina della Camera durante il quale, dopo il saluto del presidente Lorenzo Fontana, le introduzioni dell’ex ministro Vincenzo Scotti e dell’economista Giancarlo Pallavicini, sono intervenuti: Vincenzo Paglia, arcivescovo e presidente della Pontificia Accademia per la Vita, Agostino Giovagnoli, docente emerito di storia contemporanea all’università del Sacro Cuore, il sociologo e presidente del Censis, Giuseppe De Rita e Alberto Melloni, ordinario di storia del cristianesimo a Unimore.

Il primo elemento di assoluta attualità è legato allo scenario bellico in cui mossero i passi prepolitici De Gasperi e Paronetto. Ed è proprio da qui che parte Paglia nel suo contributo. “L’Europa è frantumata e assiste impotente alla sua seconda guerra interna dopo quella, fratricida, del 1992 – così l’arcivescovo -. Più in generale, il contesto è quello di una Guerra Mondiale a pezzettini”.

Ed è per questo che l’esortazione è quella di “un sussulto di pensiero per immaginare il domani, come fecero De Gasperi e Paronetto dal ’41 al ’45. Ed è per questo che i volumi di Baietti rappresentano un contributo fondamentale”. Dalla sua prospettiva di religioso, Paglia invita a tornare allo “spirito degli anni’40” quando il popolo diviso e frastornato dal totalitarismo e dalla guerra “riuscì a mettere da parte le differenze e a scrivere la Costituzione in nome del bene comune”.

Per questo occorre “coinvolgere le giovani generazioni: serve una creatività nuova. E, di fronte alla storia, l’impegno di noi cristiani è fondamentale. Usciamo dall’autoreferenzialità”.

L’excursus di Melloni è lungo, articolato e a tratti critico perché “Baietti se la prende con tanti esponenti della Dc”. Tuttavia, il docente indugia proprio sull’accezione più profonda del concetto di prepolitica. Un elemento che “manca del tutto, se osserviamo la realtà odierna”.

In questo, una grossa responsabilità ce l’ha anche la Chiesa. “C’è stata un’abdicazione rispetto alla volontà di creare classe dirigente nel Paese – così Melloni – . Probabilmente perché è invalsa l’idea che si potesse fare a meno di pensare ai problemi. In realtà, però – e questo libro ne è una buona testimonianza – l’investimento intellettuale paga”.

De Rita, sul terreno della sociologia, parte dall’analisi del periodo storico preso in considerazione dal libro. “Fare politica tra il 1940 e il 1945 – scandisce il presidente del Censis – significava lasciarsi alle spalle la cultura fascista e governare un enorme disordine”. Un contesto nel quale si è creata una politica “a base oligarchica, che non prevedeva piramidi e gerarchie”.

Un modello che il sociologo contrappone idealmente a quello attuale in cui “prevale la logica del comando. La logica del potere o presunto tale”. L’epifenomeno dell’assenza di prepolitica, in sostanza. Laddove la politica viene intesa “non come esercizio del potere, ma come metodo di confronto (o di scontro) tra diverse sensibilità per addivenire comunque a una decisione orientata al bene comune”.

I radiomessaggi di Pio XII durante la guerra, la differenza di vedute che diventa un valore aggiunto e il confronto generazionale fra il “grande uomo politico che impara dal giovane brillante”. Idealmente, Giovagnoli, il rapporto tra De Gasperi e Paronetto lo immagina come quello tra “un comunista e un antifascista”. Un legame “esemplificativo di quegli anni” e da cui emerge “la grandezza di De Gasperi, che si aggiorna e impara dal giovane Paronetto” ma d’altra parte sottolinea la “difficoltà della generazione del vicepresidente dell’Iri di scegliere da che parte della storia stare”.

La conclusione che trae l’autore, è in qualche modo complementare alle parole di Paglia, nel riferimento alla Costituzione. “La dimensione propolitica che descrivo – così Baietti – è quella che ha portato alla stesura della Carta Costituzionale. Dopo la seconda guerra mondiale, tanti si sono interrogati sul futuro. E in qualche modo è quello che occorre fare oggi, nello scenario di guerra a cui ci troviamo ad assistere. Questo libro ha questo come obiettivo: interrogarci su cosa possiamo fare noi di fronte a tutto questo”.

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