Skip to main content

Sull’Ucraina manca l’unanimità. Ma arrivano i fondi di Washington

La dichiarazione finale della conferenza di pace non viene firmata da più di un decimo dei partecipanti, compresi i membri dei Brics presenti e l’Arabia Saudita. In compenso il sostegno occidentale viene riaffermato dall’annuncio della Harris sui nuovi fondi per Kyiv stanziati da Washington

Bene, ma non benissimo. Il vertice di pace organizzato dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky nella località svizzera di Bürgenstock ha avuto risultati contrastanti: da una parte ha sottolineato l’ampio sostegno da parte dei suoi alleati occidentali di cui il Paese ex-sovietico continua a godere; dall’altra ha però rimarcato le difficoltà nel trovare una posizione condivisa con gli altri attori coinvolti.

Una dinamica, quest’ultima, che si riflette nel comunicato finale approvato nel pomeriggio di domenica 16 giugno. In esso si riafferma “l’integrità territoriale” dell’Ucraina, si sottolinea che “il dialogo tra tutte le parti è necessario per porre fine” al conflitto, si sollecita il completo scambio di prigionieri di guerra e il ritorno dei bambini deportati dalla Russia, si denuncia “la militarizzazione della sicurezza alimentare” e i rischi di carattere nucleare legati sia all’utilizzo diretto di ordigni atomici che ad incidenti di altro tipo (il riferimento alla centrale nucleare di Enerhodar è pressoché scontato). Tuttavia, il documento è stato firmato solamente da ottanta dei novantadue Paesi che avevano preso parte alla kermesse: tra questi spiccano tre membri dei Brics (il Brasile, l’India e il Sud Africa) ma anche l’Arabia Saudita.

Il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba, rispondendo alle domande di alcuni giornalisti, ha così commentato la questione: “Due settimane fa si scriveva che l’Arabia Saudita aveva declinato l’invito al summit e noi sapevamo che non era vero. Il fatto che sia qui dimostra che è impegnata nel processo di pace: Riad è nella partita. Noi rispettiamo le posizioni degli altri Paesi. La nostra posizione è chiara: i principi fondamentali del diritto internazionale e della carta dell’Onu devono essere al centro del processo di pace, sul resto possiamo parlare. I Paesi che non sono venuti al vertice vedono quello che sta accadendo: l’Ucraina sta costruendo consenso intorno alla formula di pace e questo ci permette di compiere enormi passi avanti verso una pace giusta, non a tutti i costi”. Kuleba ha anche aggiunto che “il prossimo summit dovrebbe portare alla fine della guerra e abbiamo bisogno che l’altra parte sia al tavolo: il nostro compito è portare l’Ucraina a quel tavolo nella posizione più forte possibile”.

Tuttavia, nonostante l’ottimismo del plenipotenziario di Kyiv, quest’ultima eventualità sembra piuttosto difficile al momento. Secondo il cancelliere austriaco Karl Nehammer è troppo presto per dire quale forma potrebbe assumere tale vertice e dove si terrà (proprio l’Arabia Saudita era considerata come possibile ospite), e soprattutto se la Russia sarà presente. Potrebbe essere necessaria un’altra conferenza intermedia senza la partecipazione di Mosca.

La quale ha denigrato il vertice svoltosi tra le montagne svizzere. “Nessuno dei partecipanti al ‘forum di pace’ sa cosa ci faccia e quale sia il suo ruolo”, ha dichiarato sprezzantemente Dmitry Medvedev, ex presidente russo e ora vicepresidente del Consiglio di sicurezza del Paese. Proprio prima dell’inizio del vertice il presidente russo Vladimir Putin aveva lanciato una proposta per avviare dei negoziati di pace, rapidamente declinata dall’Ucraina e dai suoi alleati per l’inaccettabilità delle condizioni sine qua non poste dal Cremlino.

Ma il summit è stato caratterizzato anche da sviluppi prettamente positivi. Subito dopo il suo arrivo in Svizzera la vicepresidente degli Stati Uniti Kamala Harris ha annunciato sabato un nuovo pacchetto di aiuti civili da un miliardo e mezzo di dollari per l’Ucraina, incentrato principalmente sul settore energetico e sull’assistenza umanitaria del Paese devastato dalla guerra. “Questi finanziamenti serviranno a riparare le infrastrutture energetiche danneggiate dalla guerra, a espandere la produzione di energia, a incoraggiare gli investimenti del settore privato e a proteggere le infrastrutture energetiche. Questi sforzi aiuteranno l’Ucraina a rispondere agli ultimi attacchi della Russia alle infrastrutture energetiche del Paese, sostenendo le riparazioni e il recupero, migliorando la resilienza dell’Ucraina alle interruzioni delle forniture energetiche e ponendo le basi per riparare ed espandere il sistema energetico ucraino”, ha dichiarato sabato la Casa Bianca in un comunicato.

Inoltre, Harris ha anche annunciato che, in collaborazione con il Congresso degli Stati Uniti, il Dipartimento di Stato intende fornire altri 300 milioni di dollari in assistenza alla sicurezza civile ucraina per sostenere le attrezzature salvavita per le guardie di frontiera e le forze dell’ordine ucraine.

 



×

Iscriviti alla newsletter